giovedì 16 febbraio 2012

Una Coalizione di Resistenza


Una solidarietà ampia, diffusa e convinta al popolo greco sarebbe un passaggio essenziale per ricostruire un'unità di lotte e iniziative. Di fronte alla crisi e ai suoi effetti rinunciarci è un vero suicidio
Salvatore Cannavò
Atene non è sola, dice con evidenza ilmanifesto proposto dall'Arci. Eppure la sensazione crescente è quella opposta: le varie forme in cui si muove, organizza e struttura la sinistra sociale, sindacale e politica in Italia e, in parte, in Europa, non sta cogliendo l'importanza di una solidarietà fattiva alla lotta del popolo greco. O, se lo fa, lo fa nei propri ambiti quasi privati, Quella lotta invece, come è evidente, parla di noi e non è solo l'estremo atto di resistenza realizzato da chi sa che sta per perdere diritti reali, pezzi di vita concreta ma la scena tetra delle lotte prossime future. E' il teatro europeo che viene rappresentato in anteprima ad Atene. Solidarizzare oggi con il popolo greco non è solo un atto di doverosa etica internazionalista ma anche una più semplice azione di autodifesa.

Eppure, parliamo dell'Italia, non scatta una risposta. E quella che scatta oscilla tra l'iniziativa di propaganda e la presa di posizione destinata a rimanere sulla carta o sul web. Tutte manifestazioni dignitose e rispettabili (e chi saremmo noi, in fondo, per dare giudizi sulle iniziative altrui) ma quello che manca è la consapevolezza diffusa di un destino comune che si sta definendo giorno dopo giorno. Di conseguenza non si intravede la disponibilità a realizzare un ampio schieramento unitario che, attorno alla vicenda greca, ritrovi le parole e le idee attorno alle quali definire un proprio patto. Pesa il ricordo del 15 ottobre, ci è chiaro, ma per quanto tempo ancora? E fino a quale livello movimenti, associazioni, sindacati, partiti vari vorranno mantenere l'incomunicabilità?
Non si tratta di fare la parte degli ingenui o degli osservatori neutrali. Abbiamo tutti una quota di responsabilità, ci è chiaro anche questo. Ma proprio per questo dobbiamo tutti muovere un passo per sbloccare la situazione. L'esperienza inglese mostra un'ipotesi di lavoro, quella Colition of Resistence, che riesce a mettere d'accordo - sulle cose da fare, sulla difesa dei diritti, non certo su prospettive partitiche o, peggio, di governo - un fronte che va dalla sinistra laburista alle formazioni politiche dell'estrema sinistra, da Tony Benn a Ken Loach, dai sindacati più combattivi a intellettuali come Tariq Ali. Niente di "mitico", sia chiaro, solo un esempio, un'esperienza utile da raccogliere come un invito.
Una Coalizione, un'alleanza, anche solo un semplice discutere di quello che sta accadendo e di come reagire, è quello che servirebbe nell'immediato, nei prossimi giorni. E gli appuntamenti in agenda che si profilano, a partire dalla manifestazione in Val di Susa del 25 febbraio fino allo sciopero Fiom del 9 marzo, andrebbero attraversati utilmente con questo obiettivo in modo da rendere proficue ed efficaci le mobilitazioni successive che già si preparano. Serve una coalizione ampia in grado di opporsi al massacro sociale. Che non si è concluso con la prima manovra di Monti e nemmeno si concluderà con la riforma del mercato del lavoro. Non si è ancora concluso nemmeno ad Atene. Non abbiamo ancora molto tempo ma un po' di tempo ci è rimasto.

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