domenica 5 febbraio 2012

La vera monotonia!



Da Brunetta a Monti passando per Martone l'unica ripetitività e ossessione dei governi è la ricetta liberista dei tagli allo stato sociale e della diminuzione dei diritti di chi lavora
Atenei in Rivolta
Ebbene sì. Ci si trova ancora costretti a commentare l’ennesima dichiarazione provocatoria fatta da un membro del governo a danno delle e dei giovani di questo paese. Ci eravamo quasi abituati ai continui e vergognosi attacchi dell’ex ministro Brunetta contro giovani e precari/ie. Poi è arrivato il governo dei tecnici e dei professori che avrebbe dovuto risollevare l’Italia dalla crisi. Un governo che, oltre a proseguire le stesse politiche di tagli e massacro sociale portate avanti dal centrodestra, ora dimostra anche di non differenziarsi dallo stile grossolano, provocatorio e offensivo che il vecchio governo ha sempre utilizzato nei confronti delle fasce più deboli della società.
Dopo le dichiarazioni di Martone volte a deridere gli studenti e le studentesse che non riescono a laurearsi in corso, perché magari costretti/e a lavorare (spesso in nero) per pagare tasse universitarie e affitti esorbitanti, o perché nell’Università controriformata del 3+2, della Gelmini e dei tagli è obiettivamente difficile adeguarsi ai ritmi di studio massacranti imposti da questo modello, arriva l’ennesima aggressione al futuro di noi tutt*. Arriva direttamente dal Presidente del ConsiglioMario Monti (guarda il video). Il sobrio, equilibrato e rispettabile Mario Monti che dichiara che i giovani devono rinunciare all’idea del posto fisso e che, in fondo, la certezza di un impiego fisso e di una stabilità di sostentamento, necessaria per poter vivere e immaginare un futuro, sia “monotona”.

Al di là della provocazione infelice vogliamo riflettere su ciò che questa dichiarazione rappresenta. Cioè un preciso intento politico sostenuto dagli ultimi governi e che ora si vuole portare a compimento sotto la spinta dei diktat imposti dalla BCE, dalle banche e dalle agenzie di rating, e con l’aiuto dell’appoggio bipartisan di cui gode il governo dei tecnici. Lo scopo è quello diabbattere ogni forma di garanzia sul posto di lavoro, privare di ogni certezza il nostro futuro, cancellare ogni diritto, rendere le nuove generazioni nient’altro che una massa dequalificata di precari e precarie, senza difese, senza prospettive, facilmente ricattabili e sfruttabili.
Utilizzando la minaccia del default, del debito e della crisi come arma per zittire ogni dissenso ed eludere ogni parvenza di democrazia, si tenta di attaccare ancora una volta coloro che da sempre sono stati vessati dalle politiche neoliberiste: giovani, lavoratori e lavoratrici, precari e precarie, studenti e studentesse. Vorremmo far notare a Monti che già adesso i giovani non hanno alcun posto fisso, in un paese in cui il tasso di disoccupazione giovanile è arrivato al 31%, in un contesto in cui la disoccupazione globale sfiora il 9% (dati ISTAT, dicembre 2011). Dati che salgono ulteriormente se si contano anche gli scoraggiati, cioè coloro che un lavoro non lo cercano neanche più (secondo i dati della Cgia di Mestre il tasso di disoccupazione reale sarebbe del 38,7%).

Ma oltre alla disoccupazione colpisce il forte tasso di precarietà, soprattuto giovanile, in un paese in cui gli/le occupat* sono in maggior parte sottoposti a contratti atipici: tra il 2005 e il 2010 i dati dell’Istat mostrano come il 71,5% delle già scarse nuove assunzioni sia stata effettuata tramite contratti a tempo determinato (per la maggior parte atipici e precari) e, come se non bastasse, nel terzo trimestre del 2011 continua a crescere il numero dei dipendenti a termine (+7,6 su base annua), un aumento che per circa i due terzi riguarda giovani sotto i 34 anni (dati ISTAT, novembre 2011). Così come, sempre tra il 2005 e il 2010, la causa principale tra le cessazioni dei rapporti lavorativi in essere, incidente per quasi il 50% del totale, risulta essere la scadenza del termine del contratto.
Sono politiche che, nella miglior tradizione del divide et impera, servono anche a mettere in contrasto tra loro le fasce più deboli della popolazione in modo da scaricare la rabbia sociale non verso i veri responsabili della crisi ma verso le categorie meno tutelate, come per esempio i/le migranti (accenniamo soltanto all’ondata razzista, xenofoba e neofascista che sta attraversando questo paese negli ultimi mesi), e a colpire in maniera più pesante quei soggetti che la crisi già la pagano due volte (una prima volta per la loro condizione sociale e una seconda per il loro genere) cioè le donne (sempre per l'Istat l’aumento della disoccupazione riguarda in particolare la componente femminile della popolazione, raggiungendo un picco del 39% tra le giovani donne del Mezzogiorno. Anche l’Ocse sottolinea che la disoccupazione giovanile è più alta tra le donne che tra gli uomini), sottoposte in maggior misura a contratti precari, a termine o part-time, per non ricordare le decine di altre forme di discriminazione cui sono soggette (come le dimissioni firmate in bianco, i licenziamenti per maternità, ecc.) o il terribile dato per cui, nel 40% dei casi di abbandono del posto di lavoro (in un contesto di crisi e tagli ai già scarsi servizi) siano costrette a farlo per stare a casa a prendersi cura della famiglia. Donne che sono anche il soggetto tramite il quale si fa maggiormente leva per livellare verso il basso le già misere condizioni lavorative di questo paese, aumentandone sempre più il grado di sfruttamento e precarietà.
Questi dati dimostrano come in Italia la tanto decantata flessibilità (sia dal punto di vista delle forme contrattuali che da quello delle durate dei rapporti lavorativi), di cui sempre più spesso si invocano i poteri salvifici, sia già fin troppa e come questa, unità alla più generale precarietà (e soprattutto nel contesto di crisi degli ultimi anni), non abbia fatto altro che aumentare il numero dei disoccupati e delle disoccupate (solo nell’ultimo anno il tasso di disoccupazione giovanile è aumentato di ben tre punti, secondo i dati Istat).
In un paese in cui i giovani e le giovani sono costretti/e a barcamenarsi tra call centers, lavori stagionali, tirocini e stages non retribuiti, continuare a precarizzare in nome della flessibilità e a restringere diritti e garanzie (in una squallida gara al ribasso tra chi qualche diritto ancora ce l’ha e chi invece non ha mai potuto goderne) non serve a risolvere alcuna crisi. Serve invece a tutelare i profitti privati e i guadagni delle imprese e a scaricare il pagamento della crisi dalle banche e dai poteri forti dell’economia e della finanza (che questa crisi l'hanno prodotta) a tutt* coloro che invece nessun ruolo hanno giocato nella sua comparsa, a tutt* coloro che da sempre vanno avanti a stento in questa società, a tutt* coloro che di sacrifici finora ne hanno fatti fin troppi, a tutt* coloro i/le quali sono stati ignari/e spettatori/rici durante la creazione di un debito pubblico tanto esorbitante quanto illegittimo!
Monti, l’unica cosa veramente monotona in questo paese è la ricetta di tagli, massacro sociale, privatizzazioni, restrizione dei diritti e della democrazia che ormai da decenni ci propinate sempre uguale e che non intendiamo più accettare!

Siamo il 99% e siamo in credito! Noi il debito non lo paghiamo!
Ateneinrivolta.org – Coordinamento Nazionale dei Collettivi

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