giovedì 28 febbraio 2013

PRC, surrealismo post-elettorale


di Franco Turigliatto

GOVERNO: FERRERO, CON SEL E IDV PER CACCIARE MONTI
La segreteria di Rifondazione comunista annuncia che si presenterà dimissionaria al prossimo comitato nazionale del partito rilasciando uncomunicato con passaggi a dir poco surreali che meritano alcune brevi considerazioni. Inoltre risulta privo di un rimando alla gravità degli errori commessi da questo partito e alla necessità di una riflessione in profondità che ripercorra le scelte non solo dell’oggi, ma anche quelle di tanti altri anni passati, di cui le ultime sono figlie.

Dice la segreteria di Rifondazione che con la lista Ingroia non si è riusciti a “far emergere il profilo antiliberista, di sinistra e popolare della lista” e aggiunge che “ l’insuccesso della lista ha quindi una precisa ragione politica nell’incapacità di interpretare e intercettare il forte disagio sociale e il largo dissenso verso le politiche di austerità”.
Ma come poteva questa lista, per le modalità con cui è stata composta, per i suoi contenuti e per il profilo politico scelto, per le caratteristiche del suo candidato e infine e per l’apparire agli occhi di tutti come la ricerca di una improvvisata scialuppa di salvataggio per alcuni partiti in difficoltà e per garantire, si fa per dire, un nuovo approdo in parlamento dei suoi logori leader, svolgere quella funzione, quando nel paese, sotto i colpi della crisi e delle politiche di austerità, cresceva una enorme sofferenza in larghissimi settori di massa?
Non possiamo in proposito che rimandare all’analisi lucida ed impietosa, quasi una requisitoria, che Guido Viale ha fatto ieri sul Manifesto e alle note di Antonio Moscato.

mercoledì 27 febbraio 2013

PD, finale di partito


"Con questa classe dirigente non vinceremo mai"... slogan che attraversa la storia degli ultimi 70 anni del gruppo dirigente del Pci, Pds, Ds, Pd. Che adesso rischia di finire la propria storia.

Giulio Calella
“Con questa classe dirigente non vinceremo mai”. Nanni Moretti l’aveva detto qualche anno fa, ma se ne è dimenticato proprio alla vigilia del voto.
Ma a guardar bene, “non vincere mai” non è una caratteristica specifica dei soli Bersani e D’Alema, fa parte di una storia. La storia del grande Partito comunista italiano, i cui dirigenti in effetti non hanno mai brillato per coraggio e audacia politica.
Già nel ’44, con l’Italia allo sbando e l’esercito partigiano in mano alla sinistra, Togliatti pensa bene di bloccare le volontà rivoluzionarie dei militanti impegnati nella resistenza per dire: “Fermi tutti. Non dobbiamo fare la rivoluzione. Ci basta ‘la democrazia progressiva’”. Scelta dettata da Stalin, che si ripeterà nel luglio del ’48, dopo la sconfitta elettorale di aprile, quando l’attentato al leader comunista produce una nuova esplosione sociale che in alcune zone del paese assume carattere insurrezionale. Ma puntuale arriva l’ordine del gruppo dirigente del Pci: “fermi tutti”. Non si può contravvenire agli accordi spartitori tra Urss e Stati Uniti.
Questa fedeltà non li risparmia però dalla cosiddetta “Conventio ad excludendum”, per cui nonostante la rinuncia alla via rivoluzionaria, il Pci non può essere considerato una possibile forza democratica di Governo. E diviene un vero e proprio complesso del suo gruppo dirigente.

Chi vince, chi perde


Chi vince, chi perde

Salvatore Cannavò da Il Fatto quotidiano
Berlusconi è il principale sconfitto lasciando sul campo oltre 6 milioni di voti. Ma il Pd, con la perdita di 3,5 milioni di voti, ne oscura il tracollo.
Salvatore Cannavò da Il Fatto quotidiano 
Lo tsunami elettorale ha colpito innanzitutto il centrodestra, ma si è abbattuto inaspettatamente anche sul Pd. L’analisi dei dati reali, fatta dall’Istituto Cattaneo, mette da parte le percentuali e utilizza i voti assoluti per capire come si sono spostati fisicamente milioni di consensi da una parte all’altra. Con questa analisi, ad esempio, si scopre che il principale sconfitto delle elezioni è proprio Silvio Berlusconi che, sottolinea l’Istituto, ha subito “una riduzione dei consensi tra il 2008 e il 2013 pari a quasi il 50%” lasciando per strada 6.296.744 voti. Nelle regioni centrali il partito di Berlusconi perde esattamente la metà dei consensi (-50,1) mentre l’unica area dove “contiene” la sconfitta è il Nord-est in cui la riduzione dei voti è stata in media del 30% riducendosi al 34% in Veneto.
Anche la Lega ha perso la metà dei voti, il 54%, lasciando sul terreno 1.631.982 elettori. Si ricorderà che sia nel 2008 che nelle Europee del 2009 si era data molta enfasi allo “sfondamento” del Carroccio nelle “regioni rosse”. È proprio qui, però, che la riduzione si fa più consistente, arrivando a un -68% come anche nel Nord-est con la perdita del 61% dei voti che si addolcisce in Lombardia, dove l’erosione è “solo” del 44%, per farsi di nuovo pesante in Piemonte (-64,3) e in Liguria (-68).

martedì 26 febbraio 2013

Elezioni politiche, un primo commento “a caldo”


di Andrea Martini

beppegrillo
I risultati giungono con lentezza, inframezzati da improbabili e inattendibiliistant poll, e si intrecciano con le norme farragginose e antidemocratiche di una legge elettorale fatta per conservare il potere e non per misurare lealmente e in modo trasparente la volontà delle elettrici e degli elettori.

Ma la valutazione sui risultati di fondo e sul quadro postlettorale si definisce con nettezza.
Il risultato sconfessa tutte le previsioni e gli auspici: la “macchina da guerra” di Bersani fallisce l’obiettivo e, ancora una volta, il disegno del PD di conquistare il governo approfittando di una presunta rottura tra i principali esponenti della classe dominante e il personale politico della destra berlusconiana si arena. E a restare fortemente delusi sono anche gli altri grandi attori della politica: i “mercati” e i tecnocrati della UE e della BCE che vedono con terrore la prospettiva di una grande ingovernabilità di un paese grande e cruciale come l’Italia. Certo, il loro uomo di riferimento in Italia era Monti, ma erano tutti consapevoli che Supermario avrebbe potuto al massimo giocare un ruolo di supporto e di condizionamento di un governo presieduto da Bersani. E invece, probabilmente, il parlamento resterà segnato in maniera determinante non solo dal successo di Grillo ma anche e soprattutto per loro dalla sconfitta e dal ridimensionamento del progetto centrista.

Lo spread ha perso le elezioni

 


di Giorgio Cremaschi

I mercati hanno reagito male. Era ovvio,  banche e finanza volevano la vittoria di un PD aperto a Monti. Se poi le elezioni avessero dato addirittura il successo a quest'ultimo per i mercati sarebbe stato il massimo, ma comunque essi erano disposti ad accontentarsi.
E invece no, il popolo italiano non ha votato come avrebbe dovuto per senso di responsabilità e degli affari. Le politiche di austerità, perché questo han subito capito all'estero,  sono state bocciate.
Come si fa a non provare soddisfazione per questo sconquasso?
Seicentomila licenziamenti in nove mesi, il più grave impoverimento di massa dalla fine della guerra, le previsioni sul futuro tutte pessimiste e gli italiani avrebbero dovuto farsi ammaliare ancora  dal teatrino di Berlusconi Bersani e Monti?
Il palazzo e anche i sondaggisti  si erano illusi che sarebbe stato così. In fondo le terribili controriforme delle pensioni e dell'articolo 18, i tagli alla scuola e alla sanità erano passati senza quella rivolta sociale che abbiamo visto crescere in Grecia  Spagna Portogallo. 

lunedì 25 febbraio 2013

Maflow, dal presidio all'occupazione della fabbrica


Dopo due mesi di occupazione del piazzale antistante lo stabilimento, nei giorni delle elezioni i lavoratori hanno occupato la fabbrica Maflow per passare all'autogestione.

Gigi Malabarba
Dopo due mesi di occupazione del piazzale antistante lo stabilimento e di gestione parziale della palazzina centrale, siamo passati - nei giorni delle elezioni, in cui nessun nostro ideale candidato ha trovato posto nelle liste - all'occupazione della fabbrica e avviato l'autogestione, su diretta ispirazione delle fabricas recuperadas argentine.
Occupy Maflow è il Comitato che gestisce l'occupazione ed è composto dalla cooperativa autogestita Ri-Maflow - formata da una quindicina di lavoratori e lavoratrici della Maflow di Trezzano ora chiusa e da alcuni lavoratori della Novaceta di Magenta, anch'essa dismessa (dove continua da quattro anni un presidio del sito, oggi centrato soprattutto sulla denuncia dei traffici camorristici che ne hanno decretato la fine) - e da Rid-Rivolta il debito di Milano.
E' l'intreccio di queste realtà di lotta sindacale e sociale comune di questi anni che ha consentito la maturazione di un progetto di autogestione e insieme di riconversione dal settore automotive a un'attività di ri-uso, ri-ciclo dei materiali in una vocazione ecologista rivolta al territorio, a chilometro zero.
Ma anche di parziale ri-appropriazione. Dal polacco Boryszew, che ha acquisito la fabbrica nel 2010 con soli 80 dei 330 dipendenti e che ora ha trasferito l'attività in Polonia, abbiamo recuperato alcuni materiali, che ora stiamo lavorando per ricavarne metalli di base (rame, acciaio, alluminio) e alcune attrezzature. Da Virum-Unicredit, proprietaria del sito, abbiamo ripreso i capannoni e gli uffici dove operai ed impiegati avevano lavorato: abbiamo proposto un contratto in comodato d'uso con mediazione - tirata per i capelli - del sindaco di Trezzano; per ora nulla di fatto, vedremo. L'importante è partire: produrre e costruirci un reddito, senza aspettare istituzioni assenti, padroni ostili e sussidi ormai a scadenza certa.
Riuscirà un progetto così ambizioso? La determinazione c'è, ma le incognite sono numerose e lo sforzo quotidiano di resistenza è grande. Anche per prevedere e contrastare in ogni momento le mosse delle controparti. Qualche giorno fa è stata necessaria una mobilitazione improvvisa per sventare un colpo di mano di chi cura gli interessi di Boryszew, che ha cercato di riprendersi quei materiali che già avevamo accantonato per l'autogestione. E poi la sicurezza, l'energia elettrica, il riscaldamento, le pratiche burocratiche per l'avvio della cooperativa. E l'impostazione delle iniziative politiche e di autofinanziamento.
Sarebbe veramente significativo poter realizzare nella 'nostra' fabbrica il convegno del Forum per una nuova finanza pubblica e sociale il prossimo 16 marzo, dove si discuterà di audit cittadino e di quale credito è necessario per sostenere i progetti delle fabbriche recuperate e in autogestione.
Abbiamo una pagina di facebook, Ri-Maflow, e stiamo preparando un video. Nel frattempo ecco un servizio della trasmissione Terranave, realizzato per diverse radio:
http://amisnet.org/files/2013/02/TN19.mp3 . Ci sono Michele Morini di Ri-Maflow, Ascanio Celestini, Guido Viale e Carlo Tognonato.

Perde l'austerità. Ma invece di Syriza c'è Grillo


Perdono Monti e Bersani. Berlusconi resta in vita. I 5 Stelle fanno davvero uno tsunami. La vecchia sinistra è morta. Si apre una fase del tutto nuova

La crisi italiana esplode con elezioni del 25 febbraio. Di fatto, nonostante tutti i pronostici, dal voto non emerge un'ipotesi di governo credibile, si fa strada con impeto il bisogno di un'alternativa alle politiche di rigore e austerità che prende oggi le forme del Movimento 5 Stelle che alla Camera supera il 25% dei voti.
Viene Bocciato il governo Monti e chi lo ha sostenuto con maggiore fedeltà, cioè il Pd.
Le politiche di rigore e austerità non convincono e non acquistano consenso. Chi si è discostato in tempo (Berlusconi ) salva la pelle (anche se il centrodestra perde circa il 16% rispetto al 2008), chi si è immolato sull'altare della Bce viene sconfitto. In particolare vengono sconfitti Bersani (Vendola) e Monti cioè gli stessi che il Financial Times indicava come artefici dell'unico governo possibile dopo le elezioni. Il governo affidabile per l'Unione europea, il Fmi e gli Usa.
Siamo in una situazione greca con Grillo al posto di Syriza

domenica 24 febbraio 2013

23F, la Marea della Resistenza


Dopo gli scandali un'altra giornata di "indignazione" popolare in Spagna con manifestazioni in tutto il paese.

Agustin Moreno*
Abbiamo iniziato l'anno tra tagli e corruzione. Il baricentro si sposta continuamente da una parte all'altra, perché la loro corruzione sono i nostri tagli.
La generalità dei casi e la loro gravità (papeles de Barcenas, Urdangarin, Pallerelos, EREs de Andalucia, Diaz Ferran, etc.), oltre alla minore tolleranza della società, visto il contesto di difficoltà economica, hanno fatto si che la popolazione scendesse in piazza, andasse davanti alle sedi del PP e che venissero fischiati ministri e politici. La corruzione è un reato e come tale ha i suoi colpevoli e le sue vittime. Quest'ultime sono proprio gli spagnoli e se non si farà giustizia contro i colpevoli, la legittimità della democrazia sarà a zero.
La situazione economica non migliora. Il FMI dice che il 2013 sarà peggiore del 2012. L'anno è iniziato con la distruzione di 8.500 posti di lavoro al giorno e secondo l'EPA (indagine sulla popolazione attiva), siamo arrivati a 6 milioni di disoccupati, per quanto cerchino di negarlo alcune associazioni padronali che invece di investire distruggono massivamente posti di lavoro applicando la riforma del lavoro.

Vicenza: processo alla base.


A 6 anni dalla grande manifestazione No Dal Molin del 17 febbraio 2007, si è tenuta l’ultima udienza del processo contro una trentina di attiviste/i vicentini. Udienza che però ha messo in evidenza che l’unica violenza e illegalità l’hanno commessa l’amministrazione statunitense e i governi italiani.

Sono passati esattamente 6 anni dalla grandissima manifestazione che il 17 febbraio 2007 portava migliaia di donne e uomini nelle strade di Vicenza per protestare contro la decisione di costruire una nuova base militare a Vicenza, sull’area dell’aeroporto Dal Molin, a cui era stata data l’autorizzazione da parte del governo Prodi – un governo nel quale erano ministri anche Diliberto, Ferrero, Di Pietro e Bersani, e del quale Vendola era appassionato sostenitore.
Ieri a Vicenza si è tenuta l’ultima udienza del processo contro una trentina di attiviste/i vicentini del presidio “No Dal Molin” che il 18 gennaio 2008 invadevano pacificamente l’Ufficio Territoriale del Governo, rappresentante locale di un’istituzione sorda alle volontà della popolazione di Vicenza.
Quella di ieri è stata un’udienza particolare, dedicata alla “consulenze” chieste dalla difesa. Consulenze altrettanto particolari, perché venivano dal movimento pacifista e contro la base: Flavio Lotti, Piero Maestri, Guglielmo Verneau. Con un significato molto chiaro: mettere in luce il contesto nel quale si era svolta quella manifestazione e ribadire le ragioni di quella protesta, popolare, ferma e pacifica.
Anche l’ultima testimonianza è stata significativa. Infatti è stata quella del sociologo Ilvo Diamanti, cittadino di Caldogno (quindi con la base nel “giardino di casa”) che ha ricordato i sondaggi condotti fin dalla fine del 2006, che mostravano come oltre il 60% dei cittadini di Vicenza e Caldogno fossero contrari alla costruzione della base e l’85% favorevole a una consultazione che non è mai stata autorizzata (anche D’Alema si diceva ipocritamente d’accordo con essa, ma il Consiglio di Stato la negò: si tenne ugualmente in forma autogestita e confermò l’opposizione dei cittadini alla base).

I video delle relazioni al seminario di Torino del 17 febbraio


Sabato 16 e domenica 17 febbraio scorso si è svolto a Torino il Seminario organizzato da Sinistra Critica sull’Europa e la crisi. Pubblichiamo i video delle tre relazioni che hanno introdotto i lavori delle due giornate.

La relazione di Franco Turigliatto su “Politiche europee e scelte alternative”
La relazione di Gippò Mukendi sui “Movimenti di opposizione”
La relazione di Antonio Moscato su “Una politica economica alternativa: intervento pubblico e nazionalizzazioni”

Grecia, il neonazismo di Alba Dorata


Analisi a cura del MPS-Mouvement pour le Socialisme di Ginevra (organizzazione della sinistra anticapitalista svizzera), traduzione curata da MPS-Ticino

A member of the "Golden Dawn" far-right
In Grecia, in occasione delle elezioni anticipate del 6 maggio e del 17 giugno 2012, un partito definito neonazista, Alba Dorata, ha marcato una netta avanzata: ha infatti ottenuto 440’966 voti in maggio (7%) e 426’025 in giugno (6.9%). Dispone da allora di 18 seggi in un Parlamento di 300 deputati. Il 7 novembre 2010 Alba Dorata aveva raccolto, in occasione delle elezioni comunali ad Atene, il 5.3% dei voti e conquistato, per la prima volta, un seggio nel consiglio municipale. In alcuni quartieri, i suoi risultati si avvicinavano al 15-20%. Nel gennaio 2013, i sondaggi sulle intenzioni elettorali gli attribuiscono un 10%. In diminuzione rispetto a quelli di settembre e ottobre 2012.

Da una campagna elettorale orribilis al dopo voto


di Franco Turigliatto

Monti-Bersani-Berlusconi
Si chiude una campagna elettorale orribilis dove i principali protagonisti sono andati a gara per nascondere la brutalità della situazione economica e sociale, la violenza dei provvedimenti dei governi che si sono succeduti sconvolgendo la vita di milioni di persone; ma il peggio deve ancora arrivare perché molte leggi che sono state varate prima da Berlusconi e poi da Monti, diffonderano la maggior parte dei loro veleni solo nel prossimo periodo.

Così al centro dello scontro e dei dibattiti non sono emerse le concrete e vere scelte sulla politica economica e sociale (chi paga la crisi del capitalismo e il debito accumulato per salvare i potentati economici, l’attacco senza precedenti alle condizioni del lavoro e ai suoi diritti, l’enorme esercito dei disoccupati e dei precari che trascina verso il basso la nostra società), ma il teatrino dei falsi conflitti, delle menzogne, degli insulti, delle promesse fasulle di Berlusconi, Monti e Bersani. In un contesto per altro in cui ogni giorno emergono le vergogne del capitalismo, dall’MPS, alle delocalizzazioni industriali, dalle chiusure di centinaia di aziende alla corruzione generalizzata che attraversa la società sia quella cosiddetta civile che quella istituzionale (vedi gli scandali della gestione della sanità e delle regioni, in particolare, in Lombardia e nel Lazio) e che, da sempre, è uno dei tratti caratteristici delle fasi più convulse e speculative del capitalismo.

martedì 19 febbraio 2013

Oltre le elezioni politiche per un secondo turno dei movimenti sociali!



Questa campagna elettorale è il mercato delle bugie e delle false promesse: Berlusconi promette di restituire l’IMU, che il suo governo (con la Lega Nord) ha introdotto;
l’uomo delle banche, Monti, dopo averci massacrato con le tasse e distrutto le pensioni, promette di ridurre le imposte (a chi, ai lavoratori o ai capitalisti?); Bersani, parla di lavoro e di diritti, dopo che il suo partito, il PD ha approvato tutte le misure della Fornero contro la classe lavoratrice (e Vendola lo
fiancheggia con bei discorsi di sinistra, ma si è impegnato a votare sempre insieme al PD in parlamento).

Tutti e tre le coalizioni si sono distinte per un’ininterrotta e feroce aggressione ai diritti e a tutte le principali conquiste delle classi popolari: la distruzione della previdenza pubblica, l’annullamento dell’articolo 18 e la reintroduzione della libertà di licenziamento arbitrario, la controriforma degli ammortizzatori sociali, le disposizioni per la svendita del patrimonio pubblico e dei servizi, i tagli lineari agli enti locali, allo stato sociale, alla scuola e alla sanità pubbliche, gli aumenti delle imposte a carico dei redditi più bassi.

One Billion Rising, un'occasione persa


Il 14 febbraio migliaia di donne in tutto il mondo hanno accolto l'invito della scrittrice Eve Ensler scendendo in piazza contro la violenza sulle donne, ma in Italia la voglia di far sentire la propria voce è stata venduta alla logica della campagna elettorale.

Nadia De Mond Paola De Nigris
Il 14 febbraio 2013 migliaia di donne in Italia e in tutto il mondo hanno accolto l'invito della scrittrice Eve Ensler e sono scese in piazza contro la violenza sulle donne. Milioni di persone hanno ballato sulle note di “Break the chain” (canzone scritta per l'occorrenza dall'autrice dei “Monologhi della Vagina”), hanno indossato un indumento rosso per denunciare che la prima causa di morte per una donna è la violenza domestica, quella perpetuata dal coniuge, dal padre, dal fratello, dal ex, da un famigliare che si sente arrogato del diritto di picchiare, stuprare e uccidere la propria moglie, figlia, sorella, fidanzata, compagna, amica. I dati della giornata di ieri sono altissimi e incoraggianti: in oltre 200 paesi nel mondo, più di 5000 associazioni, hanno partecipato al flash mob One Billion Rising, gridando Ora basta!
Nel nostro paese il principale promotore dell'evento è stato “Se non ora quando”, il cartello di donne nato per la manifestazione del 13 febbraio 2011, indignato per il modello di donna promosso dalle azioni dell'allora presidente del consiglio Silvio Berlusconi.

Lo tsunami dei giovani nei paesi Arabi


Il fondatore di "Le Monde Diplomatique éditions arabes" racconta la composizione soggettiva delle cosiddette primavere arabe: dal ruolo dei conflitti di lavoro a quello degli ultras delle squadre di calcio. Un composito movimento di sovversione che si scontra con l’ordine neoliberale e conservatore che spesso assume il volto del cosiddetto Islam Politico


Intervista a Samir Aita
[Intervista di Massimiliano Trentin, tratta da www.connessioniprecarie.org]
La prima domanda riguarda il ruolo svolto nelle recenti rivolte e trasformazioni politiche dai cosiddetti «giovani»: categoria assai ampia e generale…
I giovani hanno fatto tutto. Quando ci si trova con gli amici con cui si sognava di fare la rivoluzione, siamo ben felici di vivere questi momenti, in cui i giovani hanno preso in mano le loro vite e vogliono cambiare il mondo. Noi non abbiamo potuto fare questo. Ma se loro hanno potuto farlo è forse per una ragione ben precisa: cioè, i giovani sono diventati la maggioranza della popolazione a causa del baby boom di vent’anni fa, che è diventato un vero e proprio tsunami oggi. Questo tsunami è potentissimo.
Sono tutte persone molto integrate nella società civile, libere nei loro comportamenti; molto più libere di quanto non siamo stati noi e le nostre generazioni. Liberi anche di pensare la politica e liberi dai blocchi politici che esistevano una volta. E sono abbastanza determinati. Solo gli uomini liberi possono pensare e fare la rivoluzione, anche se la stessa rivoluzione domanda maggiori libertà.

Ecuador, la vittoria di Correa


di Antonio Moscato (da antoniomoscato.altervista.org)

Unidad plurinacional
Rafael Correa ha riportato un netto trionfo nelle elezioni di domenica 17 febbraio, ottenendo circa il 55 % dei voti, più del doppio di quelli del primo dei concorrenti, cioè un risultato invidiabile da qualsiasi governante europeo. Ancora più grande il distacco da Alvaro Noboa, che era stato il suo principale concorrente nelle precedenti elezioni presidenziali e che ha ottenuto solo un modestissimo 3%. Elezioni limpide, per giunta: nessuno ha potuto segnalare brogli, anche se l’opposizione di sinistra aveva denunciato la modifica della legge elettorale con la suddivisione in piccoli collegi, che ha reso più difficile ai partiti più piccoli l’elezione di deputati e quindi ha scoraggiato un voto per essi che era facile presentare come “inutile”.

D’altra parte, come in Brasile, in Venezuela, in Bolivia, il miglioramento della condizione degli strati più poveri della popolazione li ha legati fortemente ai nuovi governi “progressisti” o “bolivariani”, indipendentemente dal fatto che i maggiori benefici della politica economica governativa sono andati al settore capitalista privato, e che questo ha potuto continuare e anche accentuare la sua utilizzazione incontrollata delle ricchezze del sottosuolo. Chi non aveva mai avuto nulla dai governi precedenti è grato comunque a Correa per i modesti contributi che favoriscono la scolarizzazione dei suoi figli e assicurano un’assistenza medica gratuita a tutti.
I compagni ecuadoriani che hanno sostenuto criticamente la lista della“Unidad Plurinacional de las Izquierdas”, che raccoglieva una decina di organizzazioni della sinistra e di cui avevo parlato recentemente in un articolo (A lezione dall’Ecuador) che segnalava positivamente il metodo utilizzato per selezionare i candidati e scegliere il programma, hanno rinviato di qualche giorno il bilancio, in attesa dei dati definitivi, e soprattutto di quelli articolati per circoscrizioni, per valutare in quali la coalizione – che era abbastanza eterogenea – ha avuto maggiore o minore successo. Ma hanno intanto sintetizzato un primo giudizio parlando di una vera sconfitta, una derrota, del candidato delle sinistre alla presidenza, Alberto Acosta, che avrebbe ottenuto intorno o poco più del 3%. Ne parleremo comunque nei prossimi giorni, cercando di capire se il risultato, modesto ma non insignificante, e più o meno uguale a quello del miliardario Noboa, consentirà di riorganizzare la sinistra per le battaglie future. Intanto segnalo di nuovo l’intervista a Acosta fatta da Franck Gaudichaud, Ecuador. Entrevista a Alberto Acosta, e un articolo recente di Mario Unda che analizza le contraddizioni della società ecuadoriana nel corso del lungo 2012 preelettorale: Unda. Elecciones en Ecuador

giovedì 14 febbraio 2013

Torino, seminario su “Politiche europee e scelte alternative”


Alcuni temi fondamentali per comprendere quanto sta succedendo e cosa ci aspetta nell’immediato futuro con il governo che si formerà dopo le elezioni restano nell’ombra del confronto politico di questa campagna elettorale. Il dibattito che si sta sviluppando intorno alle elezioni è per molti versi poco interessante e vergognoso per le falsificazioni e per le accuse reciproche che si lanciano i leader dei principali schieramenti politici (Monti, Berlusconi e Bersani) i quali sono semplicemente accomunati dalla responsabilità e dalla complicità nel massacro sociale che si sta producendo nel nostro paese.

A noi invece interessa discutere da una parte delle prospettive economiche e politiche europee e dall’altra delle problematiche dell’intervento pubblico, indispensabile per noi di fronte ad una crisi economica così dirompente.
È proprio per dare sia maggiori elementi di comprensione e di proposta per affrontare l’attuale dibattito che per preparare le battaglie politiche e sociali che ci aspettano dopo il 24 e 25 febbraio che abbiamo deciso di organizzare su questi temi un momento di approfondimento seminariale aperto alle/agli iscritte/e, alle/ai nostre/i simpatizzanti, alle/ai nostre/i interlocutrici/tori e a tutte/i coloro che sono interessate/i.
Sabato 16 febbraio dalle ore 9,30 alle ore 13,00

mercoledì 13 febbraio 2013

Castro e Guevara, gemelli diversi


Sull'inserto culturale del Corriere della sera, una recensione dell'ultimo libdo di Antonio Moscato, Fidel e il Che. Affinità e divergenze tra i due leader della rivoluzione cubana

Marco Gervasoni Da "il Corriere della sera"
(da "La lettura", inserto del Corriere della sera, del 10/02/2013)
Niente di meglio, si sa, che morire giovani e magari non nel proprio letto, per entrare nel mito. Lo dimostrano le vite di Che Guevara e di Fidel Castro: il primo icona (e santino) dell'estrema sinistra mondiale, anche dell'ultimissima; il secondo, una sorta di Breznev caraibico dal lento declino fisico parallello a quello del suo regime. Che Castro e Guevara fossero due personalità distanti era noto da tempo, fino ad alimentare le leggende di un Che "libertario" contro un Fidel "autoritario". In realtà, negli anni in cui fu a Cuba, Guevara contribuì all'instaurazione della dittatura e fu responsabile come e forse più di Castro dell'eliminazione fisica di numerosi oppositori politici.
Gli stessi scritti del Che del resto sono una costante esaltazione della violenza. Una lettura, la nostra, non certo condivisa da Antonio Moscato, storico di formazione e di militanza trozkysta, autore di numerosi libri su Cuba, piuttosto restìo a considerare Castro e Guevara come fondatori di un regime autoritario

A sarà düra


Nel libro sul movimento No Tav curato dal centro sociale Askatasuna, non ci si ferma al racconto ma si va in profondità per ricercarne identità e strategia. Serve però una riflessione più di fondo sulle forme e gli strumenti dell'autorganizzazione dell'odierna composizione di classe.

Felice Mometti
A sarà düra, Storie di vita e di militanza notav, a cura del Centro sociale Askatasuna (DeriveApprodi, 2013) è un libro utile e importante. Non è la semplice radiografia di un movimento desunta dalle interviste di rito ai protagonisti. E' la proposta di un metodo, di un punto di riferimento, di un immaginario per un nuovo agire sociale e politico. Non ci si ferma alla rappresentazione del movimento No Tav, si va in profondità a ricercare le ragioni ultime, irriducibili, che ne definiscono l'identità e la strategia. In cui si combinano scelte di vita, storie di militanza, rapporti di forza con l'avversario, costruzione di comunità, diffusione delle pratiche di lotta. Non si propongono certezze ma "solo prime ipotesi tutte da confrontare e ripensare". Un approccio che permette al tempo stesso condivisione, dialogo e critica. Il testo è articolato grosso modo in tre parti: la metodologia, le interviste, la teoria. Non è il solito schema rigido che riproduce una supposta linearità tra teoria-prassi-teoria, spesso ridotto a costruire ( o immaginare ) una prassi orientata a giustificare una teoria. Nel caso in questione, invece, si assumono i rischi della verifica sul campo dei soggetti e dei processi.