domenica 30 dicembre 2012

Il debito è pubblico, l'affare è per le banche


In un anno gli istituti di credito hanno aumentato le obbligazioni di Stato del 63%. Ma hanno ridotto i prestiti a famiglie e imprese. Troppo rischioso

Salvatore Cannavò

E’ un documento da conservare con cura ilrapporto “Moneta e banche” redatto dalla Banca d’Italia. Perché se si vuole vuole sapere per che cosa facciamo i sacrifici, subiamo le stangate, gli aumenti, il blocco dei servizi e dei diritti, parte della risposta è data dai numeri, un po’ complessi e fitti, che la banca centrale italiana pubblica sul proprio sito.
Al 31 ottobre 2012, infatti, la proprietà di Titoli di Stato da parte delle banche italiane ammontava a 340 miliardi di euro, in aumento del 63% rispetto all’anno precedente (208 miliardi ma, nel 2009 a ridosso dell’esplosione della crisi, erano solo 147 miliardi). Una fetta importante del debito pubblico, quindi, si trova nella pancia delle banche: i Bot, nell’ultimo anno (ottobre 2011-ottobre 2012) sono passati da 32 miliardi a 54, i Btp da 106 a 182 miliardi ma anche Cct e Ctz sono cresciuti sia pure in misura minore.

Cambiare si può. No, si poteva


Delusione all'interno del movimento "arancione" per il modo in cui Antonio Ingroia si è presentato. Parlano i tre portavoce, Marco Revelli, Livio Pepino e Chiara Sasso


Cari tutti,
scusateci per il ritardo nell’informazione ma i contatti con Antonio Ingroia e con alcuni dei potenziali partner nella costruzione di una lista alternativa per le elezioni del 24 febbraio (Luigi Demagistris e Leoluca Orlando) hanno avuto tempi più lunghi del previsto e si sono conclusi solo questa mattina prima della conferenza stampa di Ingroia. Riferiamo, dunque, in estrema sintesi, all’esito della assemblea torinese che si è chiusa pochi minuti fa.

Oltre le elezioni


Il progetto del "quarto polo" è stato mangiato da una coalizione di partiti confusi e in crisi. Serve un'agenda sociale e un orizzonte più lontano

Piero Maestri
L'assemblea del 22 dicembre al teatro Quirino ha rappresentato l'ultimo atto di una speranza che si era aperta a sinistra per una presenza elettorale alternativa al patto PD-SEL, con caratteristiche davvero nuove di costruzione dal basso, facendo tesoro degli errori del passato per non ripeterli.
In realtà già il giorno precedente un duro colpo al progetto di «Cambiare si può» era stato dato da Antonio Ingroia, con la sua assemblea nazionale che ha segnato una vera e propria «Opa» nei confronti di tutto il processo, con la sua idea di «dialogo» con il PD che rappresenta una scelta non tattica ma di collocazione: esterni ma non alternativi al centrosinistra e «spina nel fianco» perché questo possa cambiare politica.
D'altra parte lo stesso «decalogo» presentato dal magistrato siciliano rappresenta un programma davvero poco di sinistra e contiene affermazioni imbarazzanti e inaccettabili per chi vorrebbe presentarsi come alternativo: pensiamo anche solamente all'idea reazionaria secondo la quale in Italia gli imprenditori subiscano ancora «lacci e laccioli» burocratici o di tasse. Per non parlare di quello che non dice sulle politiche di austerità, il «fiscal compact», i diktat dell'Unione Europea...

martedì 25 dicembre 2012

Dichiarazione di Franco Turigliatto sull’assemblea del 22 dicembre 2012


Assemblea nazionale di Cambiare si può – Roma, 22 dicembre 2012
Dichiarazione di Franco Turigliatto (Sinistra Critica)
arancione
L’iniziativa dell’appello “Cambiare si può” ha raccolto la spinta di migliaia di compagne e di compagni che l’hanno giudicata un’occasione e uno strumento prezioso per ricostruire una presenza politica e istituzionale per la sinistra di alternativa dopo i cinque anni di estromissione a causa del fallimento dell’avventura della “Sinistra arcobaleno”.
Anch’io nel mio intervento ho affermato come sarebbe necessaria questa presenza, anche per dare più forza e voce ai movimenti che altrimenti trovano un parlamento totalmente sordo e ostile alle loro rivendicazioni.

Io non ci sto


Antonio Ingroia è pronto a schierarsi con il "quarto polo" ma un magistrato deve fare altro. E la lista arancione ha senso se propone un'alternativa al pensiero unico liberista

Salvatore Cannavò
Credo che Antonio Ingroia abbia fatto un lavoro meticoloso sul fronte dell'antimafia e che in quella veste sia finito, ingiustamente, sotto gli attacchi di un establishment che si crede intoccabile. Come è già accaduto altre volte, se vuole davvero buttare a mare quello che ha costruito, nel tentativo, opinabile ma reale, di tenere viva la memoria della stagione antimafia, non ha che da svendere la sua carriera al protagonismo politico e parlamentare. Per questo non condividiamo affatto la scelta, ove questa fosse decisa venerdì, di candidarsi alla testa della lista “arancione”. Del resto, è la stessa opinione oggi espressa da interlocutori molto vicini allo stesso Ingroia, come Antonio Padellaro e Peter Gomez, direttori del Fatto quotidiano e della sua edizione online. Con argomenti largamente condivisibili.
Si potrebbe fare anche un bilancio dell'attività dei magistrati in politica per rendersi conto che è sostanzialmente fallimentare. Cosa è rimasto, dopo venti anni, di Antonio Di Pietro e cosa resterà di Luigi De Magistris? Non ha forse prodotto di più, sul piano della difesa dello stato di diritto e della legge, l'attività di una magistrata come Ilda Boccassini, quale che sia l'opinione che se ne abbia che diversi anni di attività parlamentare di Di Pietro o dei tanti magistrati “democratici”?

Cambiare metodo, cambiare politica


Il magistrato sbarca a Roma e lancia il "quarto polo". Non scioglie ancora il nodo della candidatura ma ormai è il leader. Con un discorso generico e ricco di aperture al Pd


Piero Maestri
"Non ho preclusioni ideologiche nei confronti di nessuno. Spero che neppure il Pd le abbia nei nostri riguardi: serve un confronto con loro.... non cerchiamo alleanze elettorali, cerchiamo un confronto politico; non facciamo testimonianza, vogliamo governare". Queste frasi di Antonio Ingroia pronunciate alla «sua» assemblea del teatro Capranica pesano come macigni sull'assemblea nazionale di «Cambiare si può» di sabato 22 dicembre.
L'obiettivo del magistrato siciliano è piuttosto esplicito: la formazione di un «quarto polo» elettorale con liste distinte dal centrosinistra; una certa innovazione nelle candidature che lasci in secondo piano i personaggi più in vista dei partiti che hanno detto di sostenerlo (IdV, Prc, PdCI...); dialogo con il Pd e una campagna elettorale non troppo «cattiva» nei confronti di quest'ultimo per lasciarsi aperte le strade di accordi successivi, di governo o sostegno in qualche modo.
Obiettivi che i partiti sopra citati sembrano disponibili ad accettare: il Prc perché questa è l'ultima spiaggia per tornare in parlamento con qualche deputato e rientrare così nei giochi della «politica alta"; Di Pietro e la sua Italia dei Valori in piena crisi (e ancora di più i decotti «comunisti" italiani di Diliberto) perché fornisce loro l'occasione per potersi presentare all'elettorato con un po' di riverniciatura sfruttando l'autorevolezza di Ingroia (che ha sempre riconosciuto i «meriti» di Di Pietro, ricambiato con l'appoggio organizzativo in queste settimane).

Truffa derivati, ora serve un Audit


La condanna penale delle banche che hanno truffato il Comune di MIlano è una buona notizia, molto discutibile invece l'assoluzione dei manager del Comune. Ora serve un'auditoria del debito locale partecipato dai cittadini


Comitato Audit Milano
La condanna penale delle 4 banche (Deutsche Bank, Depfa Bank, Ubs e Jp Morgan) che avrebbero truffato il Comune di Milano proponendo una sconsiderata operazione finanziaria con i derivati è una buona notizia.
Non perché siamo “giustizialisti”, ma perché forse per la prima volta viene affermato in una sentenza che una delle cause dell’indebitamento degli enti locali risiede nel comportamento delle istituzioni bancarie che con quegli stessi enti hanno strette e pericolose relazioni.
Non ci convincono in questo stesso senso le assoluzioni di Giorgio Porta, ex City Manager del Comune di Milano, e Mario Mauri, ex consulente del Comune, anche in questo caso non per volontà repressiva, ma perché non è credibile una loro mancanza di conoscenza di quanto stavano per avallare (e se davvero fossero stati così “ingenui” sarebbe forse più grave: in fondo non sono mica cittadine/i a cui viene venduta porta a porta una polizza assicurativa truffa o un’aspirapolvere inutile alla famiglia…).
Questa sentenza ci induce a due considerazioni.

Il ritorno degli zapatisti

Oltre ventimila manifestanti sono scesi dalle loro comunità del Chiapas e hanno “occupato” pacificamente le strade di San Cristobal de las Casas. Un nuovo messaggio di Marcos

da Il Fatto quotidiano
Federico Mastrogiovanni
In silenzio, sotto la pioggia, in colonne ordinate, migliaia di zapatisti sono scesi dalle loro comunità nelle montagne del sudest messicano del Chiapas e hanno “occupato” pacificamente le strade di San Cristobal de las Casas, Ocosingo e Las Margaritas.
Marciando con in mano la bandiera dell’Ezln (nera con una stella rossa) e la bandiera messicana, sono tornati ad appropriarsi delle strade. Proprio come avevano fatto il 1° gennaio del 1994, ma stavolta senza armi, nemmeno di legno, come le avevano quel giorno.
L’atto simbolico è durato poche ore, nel giorno in cui dappertutto si aspettava, senza alcuna ragione, la fine del mondo, i discendenti dei Maya hanno approfittato della fine del trdicesimo bak’tun per tornare a manifestarsi.
Dopo anni di silenzio l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale torna a far parlare di sé. Lo fa non per celebrare la “fine del mondo”, ma per ricordare il massacro di Acteal, avvenuto 15 anni fa, il 22 dicembre 1997, ad opera di un gruppo paramilitare appoggiato dallo Stato messicano.

mercoledì 19 dicembre 2012

Si può (ancora) cambiare….


Un’occasione da non perdere per costruire un’alternativa al centrosinistra

 Comunicato dell’Esecutivo nazionale di Sinistra Critica
Migliaia di donne e uomini in tutt’Italia hanno nei giorni scorsi partecipato alle assemblee locali del progetto “Cambiare si può”, dando vita ad un’esperienza importante di discussione, di relazione e di proposta politica.
Queste assemblee hanno rappresentato un dato molto positivo per la partecipazione, per la discussione approfondita, per lo spirito unitario che le ha animate e per l’interesse e il consenso che hanno ricevuto (e sono stati recepiti) contenuti di radicale alternativa alle politiche liberiste, al cappio del debito, alla distruzione del bene pubblico. Contenuti di radicalità che si sono sempre accompagnati all’affermazione di una collocazione a sinistra e alternativa al centrosinistra. Un percorso che parte dal basso e vuole fare a meno di leader, di schemi predefiniti, di una politica ormai vecchia e assolutamente distante dai bisogni, dalle speranze e dalle passioni di lavoratrici e lavoratori (precari e non), disoccupate/i, pensionate/i, giovani.

mercoledì 12 dicembre 2012

Ma se i conti del Comune di Fossano sono stati salvati da Alpiacque allora...


La notizia, data ad ottobre da alcuni periodici locali, fa riflettere il Comitato Cuneese “Acqua Bene Comune”: “Gli altri comuni soci inconsapevoli filantropi del buco di bilancio?”

La notizia non è di questi giorni perché è apparsa su alcuni giornali di Fossano nello scorso mese di ottobre 2012: “I conti del Comune di Fossano salvati da Alpiacque”.
AlpiAcque è una società per azioni a capitale misto (pubblico 51% - privato 49%) che gestisce il Servizio Idrico Integrato in 17 comuni: Fossano, socio di maggioranza, detiene il 32,85%; Savigliano il 5%; Saluzzo il 3,7%; Marene il 3%; Racconigi, Cavallermaggiore e Cervere hanno l’ 1% ciascuno e i rimanenti Genola, Salmour, Villanova Solaro, Moretta, Monasterolo, Cardè, Piozzo, Verzuolo, Trinità e Sant’Albano Stura hanno quote inferiori all’1%.

domenica 9 dicembre 2012

Spagna: Il ritorno della mulier domestica?


Le politiche di uscita dalla crisi provano a scaricare il peso sulle spalle delle donne. Che, ovviamente, non ci stanno. Testimonianza spagnola dall'autrice di "Pianeta indignato"

Riportare le donne in casa. Questo, a quanto pare, sarebbe il rimedio a cui le attuali politiche cercano di ricorrere per venir fuori dalla crisi. L’orientamento ideologico è chiaro, tanto a livello economico quanto sociale.
Non ci vuole molto a capire che per far fronte ai tagli perpetrati ai servizi pubblici di base - come la salute, l’insegnamento ed altre varie agevolazioni sociali, come quelle previste dalla Legge sulla Dipendenza [N.d.T. La legge per la promozione dell’autonomia delle persone non autosufficienti, adottata nel 2006 sotto il governo di Zapatero] - l’impegno dell’assistenza alla famiglia, invisibile ma necessario, aumenta e finisce per ricadere maggiormente sulle donne.
Così il costo della crisi si abbatte sul popolo. Ecco l’attacco frontale ad un già malconcio stato sociale.

Non è una novità che il sistema capitalista si perpetui in buona misura attraverso il lavoro domestico non salariato che noi donne svolgiamo, soprattutto a casa. Una quantità di lavoro enorme, non remunerato, di cui non ci si può dimenticare e di cui il capitalismo ha bisogno per reggere.
Poco dopo il suo insediamento, il PP [N.d.T. Partito Popolare spagnolo di Rajoy] ha annunciato un taglio di 283 milioni di euro nel budget già anemico della Legge sulla Dipendenza, trascinandola al limite della revoca. Questa misura, oltre a lasciare circa 250.000 persone senza aiuto, ha reso praticamente impossibile l'inserimento di nuovi beneficiari, aumentando il carico di pressione sulle donne. L’assistenza, che non viene più assunta dall’amministrazione pubblica, finisce per ricadere inevitabilmente sul settore privato, a casa e, in particolare, sulle madri e sulle figlie di persone non autosufficienti. Il benessere della famiglia resta in equilibrio solo al costo di incrementare il lavoro domestico.

martedì 4 dicembre 2012

Considerazioni sull’assemblea nazionale di “Cambiare si può”



cambiaresipuo
di Francesco Locantore
L’assemblea del primo dicembre al Teatro Vittoria di Roma, promossa dai firmatari dell’appello “Cambiare si può”, è stato un momento importante di discussione e partecipazione di tante e tanti cittadini ed ha testimoniato una domanda di un’alternativa politica antiliberista – il cosiddetto “quarto polo” – fortemente presente nella società.
La domanda è posta: si può costruire una proposta politica che metta al centro il lavoro e i diritti, i beni comuni, la partecipazione, contro le logiche perverse del mercato e della finanza? Una lista alternativa a centrodestra, centrosinistra e movimento 5 stelle in vista delle prossime scadenze elettorali?

mercoledì 28 novembre 2012

Ilva, il risveglio amaro


Gli operai si accorgono che i Riva li hanno sempre presi in giro. Ma nessuno sa come uscire da una situazione in cui la difesa del lavoro non può avvenire a scapito della salute e dell'ambiente
Francesco Maresca
Nel corso della vita dello stabilimento siderurgico di Taranto se ne sono viste di tutti i colori. Quello che è accaduto negli ultimi cinque mesi è sconcertante. A distanza di 4 mesi, dopo vari tentativi di costringere Riva a fermare gli impianti per metterli a norma, la Procura e il Gip hanno sequestrato le merci e i semi-lavorati destinati ad altri stabilimenti del gruppo, perché frutto di illecito. Questo ha determinato la fermata degli impianti: tubifici, laminatoi, coils e zincatura, con la conseguente messa in libertà di 5.000 operai. I sette arresti sono Emilio Riva e l’altro figlio, vice presidente dell’Ilva, Fabio (Nicola Riva è già agli arresti domiciliari dal 26 luglio u.s.); altri arresti sono scattati per Girolamo Archinà che fu beccato mentre passava, in un’area di servizio, una busta con 10.000 €uro a Lorenzo Liberti, ex consulente della  procura. Questi arresti sono frutto di un’altra inchiesta chiamata “Environment Sold Out” (ambiente svenduto). Fino a ora erano stati coinvolti solo i Riva e loro collaboratori più stretti. Con questa seconda inchiesta sono stati coinvolti un po' tutti, dai politici locali ai sindacalisti di cui ancora non si conoscono tutti i nomi; e poi, tecnici e vari personaggi delle amministrazioni locale e regionale.

"Si parte e si torna insieme"


La testimonianza dal carcere di una delle studenti arrestate il 14 novembre. Botte, soprusi, paura ma una constatazione: "Non ci hanno nemmeno scalfito"
«Si parte e si torna insieme» di Natascia Grbic (dal blog di Francesco Raparelli su Huffington Post)

Ci ho messo un po' a decidere di buttare giù queste righe. Ripercorrere con la mente certi momenti non è facile, soprattutto se sei stato vittima di quello che uno a volte anche astrattamente chiama "repressione dello Stato". Mi sono detta però, che certe cose non devono passare sotto silenzio anzi, bisogna urlarle al mondo intero. Questo è per tutti quelli che il 14 novembre sono scesi in piazza e non hanno avuto paura. È per tutti quelli che l'hanno avuta. È per tutti quelli che l'hanno ancora, ma sono determinati a sconfiggerla e riprendersi le strade. È per tutte le detenute e i detenuti, che oltre a essere privati della libertà, "vivono" in condizioni pessime e degradanti, ma mi hanno mostrato cos'è la solidarietà. È per la mia famiglia che non ha mai smesso di sostenermi. È per i miei compagni e le mie compagne che in quel momento ho sentito ancora più vicino. È solo grazie a voi che non sono crollata.

Medioriente sotto la lente


La recensione su il manifesto del libro di Michele Giorgio, "Nel Baratro", a cura di Giampaolo Calchi Novati
Giampaolo Calchi Novati
(da il manifesto del 28/11/2012)
Raccogliere i propri articoli apparsi nel tempo su un quotidiano può essere un atto di albagia o un azzardo. O le due cose insieme. Secondo un luogo comune che non di rado contagia i redattori e direttori di giornale, un quotidiano il giorno dopo è buono solo per incartare la verdura. E anni dopo?
Michele Giorgio pubblica un’antologia di suoi scritti apparsi sul manifesto fra il settembre del 2000 e il settembre del 2012 (Nel baratro. I Palestinesi, l’occupazione israeliana, il Muro, il sequestro Arrigoni, Edizioni Alegre, pp. 286, euro 14). Gli articoli non hanno un inquadramento perché i fatti, e i contesti in cui i fatti si collocano, parlano da sé.

lunedì 26 novembre 2012

Rossanda lascia il manifesto


Una lettera molto breve,, lapidaria, con cui la fondatrice del giornale comunista comunica che non collaborerà più.
L'addio di Marco D'Eramo era stato nascosto in poche righe nella pagina delle lettere. Quello di Rossana Rossanda, al momento, lo leggiamo sul sito di Micromega da cui lo prendiamo. La crisi del manifesto sembra essere verticale e storica. Ci torneremo nei prossimi giorni. Intanto crediamo sia utile conoscere il tenore di queste posizioni e soprattutto la lettera di addio della fondatrice del quotidiano "comunista".
LA LETTERA DI ROSSANDA

Preso atto della indisponibilità al dialogo della direzione e della redazione del manifesto, non solo con me ma con molti redattori che se ne sono doluti pubblicamente e con i circoli del manifesto che ne hanno sempre sostenuto il finanziamento, ho smesso di collaborare al giornale cui nel 1969 abbiamo dato vita. A partire da oggi (ieri per il giornale), un mio commento settimanale sarà pubblicato, generalmente il venerdì, in collaborazione con Sbilanciamoci e sul suo sito www.sbilanciamoci.info.
Rossana Rossanda

A proposito delle primarie


Un grande fenomeno di gestione dell'esistente in cui non va disprezzata la partecipazione di massa. Il problema è quale alternativa c'è in giro: l'unica sembra essere la democrazia dei movimenti
Salvatore Cannavò
Cosa dicono le primarie del centrosinistra o del Pd allargato? Più cose, diverse tra loro, alcune scontate, altre meno. La prima, scontata, e su cui non vogliamo dilungarci, è che sul piano dei contenuti le primarie sono praticamente nulle. Chi si ricorda il contenuto programmatico su cui vinse Prodi nel 2005, Veltroni nel 2007 o Bersani, segretario del Pd, nel 2009? Nessuno. Il contenuto programmatico delle primarie è il profilo dei candidati, il senso che restituiscono e la percezione del presente, e del futuro, che rimandano. In questo caso, si tratta di un esercizio funzionale al governo prossimo venturo, una forma del tutto interna alla politica tradizionale, con contenuti che, sostanzialmente, si assomigliano. Nessuno dei candidati, insomma, realizzerebbe una rottura di sistema. Se così fosse, del resto, le primarie non si terrebbero e la dinamica politica e sociale parlerebbe un altro linguaggio.

domenica 25 novembre 2012

Gaza, nel baratro


Recensione del libro "Nel baratro" uscita su Nena news Agency. Una selezione di articoli dal 2000 al 2012 che raccontano l'escalation dell'oppressione e della violenza contro i palestinesi ma anche gli errori che essi hanno compiuto.
Cinzia Nachira
Roma, 24 novembre 2012, Nena News - Nel Baratro è il titolo della raccolta di articoli di Michele Giorgio, giornalista e scrittore che conosce molto bene il Medio Oriente e in particolare la Palestina. Questa raccolta è anche una scelta coraggiosa perché dei molti articoli dedicati dall'autore alle vicende che hanno coinvolto per decenni il popolo palestinese, egli predilige quelli che ha scritto negli ultimi dodici anni. Non a caso questo è il periodo più difficile, controverso e drammatico della storia della Palestina e del suo popolo.

sabato 24 novembre 2012

La mappa efficace


La cartina che spiega l'evoluzione della situazione palestinese è ancora presa di mira per dissolverne il significato e ribadire la propaganda israeliana. In realtà, dimostra le ragioni di un popolo che si batte ancora per il proprio destino
Qualche giorno fa il sito “Il Post” pubblicava un articolo di Giovanni Fontana (“La mappa bugiarda su Israele e Palestina”) che contestava la correttezza politica e storica della famosa mappa della perdita di terra palestinese dal 1946 ad oggi.
L’analisi di Fontana è insidiosa perché fa finta di schierarsi con la “verità” e quindi dalla parte delle ragioni dei palestinesi per poi mettere nero su bianco una serie di affermazioni prese pari pari dall’ideologia sionista e contribuire così alla disinformazione e alla confusione riguardo il “conflitto israelo-palestinese”.
Un conflitto politico allo stesso tempo semplice da capire (si tratta della resistenza di un popolo alla sua progressiva esclusione dalla terra dove ha sempre vissuto e all’impossibilità di autodeterminazione e indipendenza) e che racchiude definizioni complesse e coppie concetti di non immediata comprensione e con significati ambigui: nazione/popolo, ebrei/israeliani, arabi/palestinesi, arabi/musulmani ecc.
Ma in fondo spiegare questo conflitto “è la semplicità, che è difficile a farsi”.

"Niente premi, sto con i lavoratori"


Ken Loach scrive al Festival del Cinema di Torino: avete esternalizzato e sacrificato i dipendenti delle cooperative, quindi non accetto il vostro riconoscimento
Ken Loach
È con grande dispiacere che mi trovo costretto a rifiutare il premio che mi è stato assegnato dal Torino Film Festival, un premio che sarei stato onorato di ricevere, per me e per tutti coloro che hanno lavorato ai nostri film.
I festival hanno l’importante funzione di promuovere la cinematografia europea e mondiale e Torino ha un’eccellente reputazione, avendo contribuito in modo evidente a stimolare l’amore e la passione per il cinema.

Tuttavia, c’è un grave problema, ossia la questione dell’esternalizzazione dei servizi che vengono svolti dai lavoratori con i salari più bassi. Come sempre, il motivo è il risparmio di denaro e la ditta che ottiene l’appalto riduce di conseguenza i salari e taglia il personale. È una ricetta destinata ad alimentare i conflitti. Il fatto che ciò avvenga in tutta Europa non rende questa pratica accettabile.

Produttività, il lavoro che peggiora


Cosa dice, come funziona e che effetti avrà l'accordo siglato a palazzo Chigi tra le imprese e i sindacati Cisl, Uil e Ugl
Salvatore Cannavò
da Il Fatto quotidiano
Dopo la firma dell’accordo sulla produttività tra le parti sociali, l’attesa si sposta ora sul Decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri (Dpcm) che ne regolerà l’applicazione. Mentre la vicenda divide anche le primarie del centrosinistra, con Renzi che applaude i sindacati firmatari e Bersani che difende le ragioni della Cgil, cerchiamo di capire meglio i problemi di applicazione dell’accordo.
1. Qual è la posta in gioco?
I fondi stanziati dal governo ammontano a 2,1 miliardi, destinati a detassare al 10% gli aumenti salariali legati alla produttività dell’azienda e, quindi, siglati a livello territoriale o aziendale. Si favorisce la cosiddetta contrattazione di secondo livello a scapito del contratto collettivo nazionale di lavoro (Ccnl).