mercoledì 28 marzo 2012

Fiat ancora antisindacale


Il giudice del lavoro di Bologna condanna l'azienda di Marchionne a far rientrare la Fiom nella Magneti Marelli. E' più rappresentativo un sindacato che si batte per i lavoratori che uno che segue le indicazioni dell'azienda, si legge nella motivazione
Salvatore Cannavò
La Fiom non firma contratti con la Fiat ma la batte in tribunale. E ieri per il sindacato diretto da Maurizio Landini è giunto un nuovo importante successo giudiziario. Il Tribunale di Bologna, nella sentenza emessa dal giudice Carlo Sorgi, ha condannato la Magneti Marelli (gruppo Fiat) per comportamento antisindacale (articolo 28 dello Statuto dei lavoratori in quanto ha “negato l'efficacia e legittimità delle nomine dei dirigenti della Rsa Fiom” presso gli stabilimenti di via Timavo e di Crevalcore. Ha quindi intimato alla società di “riconoscere i nominativi forniti da Fiom quali Rsa e riconoscere altresì tutti i diritti” previsti dal Titolo terzo dello Statuto dei lavoratori, in pratica la completa agibilità sindacale. La sentenza dovrà essere affissa per venti giorni nelle unità produttive interessate e la Magneti Marelli viene condannata anche al pgamento delle spese processuali. Evidente la soddisfazione della Fiom con Landini che sottolinea come “per la quinta volta, in cinque diversi Tribunali, la Fiat viene condannata per comportamento antisindacale” chiedendo poi al Lingotto di applicare lo Statuto dei lavoratori in tutti i suoi stabilimenti, “Importante sentenza” anche per la Cgil che invita la Fiat a “costruire relazioni sindacali corrette”. “stupefatta” invece la Fiat che si prepara a ricorrere in opposizione.

La crisi pagata con i rifiuti


Il Consiglio di Stato avalla la costruzione dell'inceneritore di Albano contro la volontà dei cittadini. Un'altra opera, mostruosa e inutile, contro la quale andrebbe organizzato anche un audit regionale. Prossimo appuntamento il 14 aprile
Emiliano Viti
Vedi anche il libro "L'impossibile capitalismo verde"
Grande è stato lo sgomento dopo la sentenza del consiglio di Stato che di fatto autorizza la costruzione dell'inceneritore di Albano. Come al solito la volontà popolare è stata ignorata. La dignità degli abitanti dei Castelli Romani, che vivono questi territori e che da anni portano avanti questa vertenza, è stata calpestata in nome di una presunta utilità sociale di uno spaventoso ecomostro. Viene da chiedersi, con l'amaro in bocca, utile a chi? Forse al signor Cerroni, "il re della monnezza" che su discariche e inceneritori ha costruito il suo business (Malagrotta docet). Senza dubbio utile ai vari politicanti di turno, da Alemanno, alla Polverini e al suo predecessore Marrazzo. Centrodestra o centrosinistra che sia.
La storia dei movimenti territoriali in Italia sembra seguire sempre lo stesso copione: inizia la lotta contro l'opera, I comitati presentano ricorso al Tar, lo vincono, dopodichè vengono scavalcati al Consiglio di Stato per intercessione dei poteri forti: cordate, banche, finanziarie, grandi imprese e Spa. L'abbiamo visto accadere in Val di Susa, sotto le pressioni del governo centrale del Pdl e della Regione del Pd, l'abbiamo visto accadere ad Aprilia per l'insistenza dell'allora ministro alle attività produttive Bersani, a Vicenza in cui il deus ex machina fu Prodi ed infine a Napoli per l'inceneritore di Acerra, per il quale si spesero sia Berlusconi che Napolitano. Ora sembra arrivato il turno della Regione Lazio, con le minacciose dichiarazioni del ministro Corrado Clini che sembrano voler schiacciare una lotta portata avanti da circa cinque anni.

Monti sta con le banche, occupyamo Piazzaffari


Un appello per la partecipazione alla manifestazione del 31 marzo a Milano. Rivolta il debito e Collettivi universitari insieme per l'annullamento del debito, la difesa dell'articolo 18 e per uno "stato di agitazione permanente"
L’Italia è già in recessione e il debito crescerà anche nel 2012. Tra qualche mese ci chiederanno “nuovi sacrifici”. Nel frattempo le banche continuano ad essere finanziate all’1% dalla Bce e comprano titoli di stato con rendimento del 5% in media. Il governo Monti è il governo “salva banche”, altro che salva Italia.
Un governo il cui aggettivo “tecnico” maschera la natura politica neoliberista e la maggiore capacità dell’esecutivo di applicare i diktat della Bce, proteggendo gli artefici della crisi e colpendo lavoratori, donne, giovani, studenti, precari, servendosi della minaccia di default. In questi giorni in particolare l’attacco verso l’articolo 18 e in generale verso tutti i diritti acquisiti dopo anni di lotte nel mondo del lavoro si fa sempre più pesante.
Contro un Presidente del Consiglio che, quando ancora si aggirava tra i corridoi delle grandi banche internazionali, ha indicato il piano Marchionne e la riforma Gelmini come la direzione da seguire in ambito lavorativo e della formazione; contro un governo che, insieme al gotha della finanza internazionale e alle istituzioni europee, si rende responsabile anche delle terribili misure che vengono imposte alla Grecia e che stanno di fatto portando un intero popolo verso la povertà estrema

martedì 27 marzo 2012

Salto di Quirra, gli indagati Nato

La Procura ha chiuso le indagini e mette sotto inchiesta generali, tecnici, medici e il sindaco di Perdasdefogu. "E' una grande giornata" esultano le associazioni che si sono battute contro il poligono
La procura della repubblica di Lanusei ha comunicato la conclusione delle indagini sulla contaminazione al poligono di Quirra, in uso alla Nato e al campo di interesse militare-industriale di Finmeccanica. Risultano indagate venti persone, generali, graduati, tecnici, periti, medici ed infine il sindaco di Perdasdefogu. Le ultime indagini, condotte sulle salme riesumate di alcuni dei pastori deceduti nella zona, hanno rivelato la presenza di torio radioattivo nei tessuti; le falde che alimentano gli acquedotti per la valle, con circa ventimila abitanti, risultano contaminate. Le imputazioni sono tutte ricondotte alla fattispecie criminale consistente nell'impedimento, nella manipolazione, nella minimizzazione e nella negazione della condizione di rischio per l'ambiente, per gli animali e per la vita umana. Il processo comincerà da questo punto.

Colombia: l’Enel e la diga El Quimbo

Il megaprogetto per la centrale idroelettrica di El Quimbo contrappone da mesi le popolazioni locali al governo e alla multinazionale Enel, partecipata al 31% dal nostro Ministero dell’Economia. Un caso che ricorda da vicino la situazione vissuta in Val di Susa
Fabrizio Lorusso
Nella regione di Huila, Colombia centromeridionale, il megaprogetto per la centrale idroelettrica di El Quimbo contrappone da mesi le popolazioni locali al governo del conservatore Juan Manuel Santos e alla multinazionale italiana Enel, partecipata al 31% dal nostro Ministero dell’Economia, quindi dallo stato italiano. Questo caso, come molti altri in America Latina, ricorda da vicino la situazione vissuta in Val di Susa da oltre vent’anni. Un progetto caro, programmato da tempo, che si deve fare ormai “ad ogni costo” e “perché sì”, con gli abitanti del luogo (e non solo) che si oppongono e subiscono le vessazioni dell’autorità e la scarsa chiarezza da parte della compagnia – in questo caso una multinazionale italo-spagnola dell’energia con grossi interessi in Colombia e in Sudamerica – su compensazioni e impatti ambientali. E’ vero, qui l’investimento non viene dal capitale pubblico colombiano, proviene dall’estero e, in parte, dalle tasche degli italiani. Gli effetti ambientali, però, restano in Colombia, mentre gli utili derivanti dall’esportazione delle risorse generate sul territorio vanno via. E’ il dilemma delle multinazionali che, presenti in più paesi per definizione, sono diventate un contropotere enorme, ma ogni paese poi regola il loro funzionamento e il loro potenziale d’intervento e di “negoziazione della sovranità” a livelli e in modi diversi. Storicamente in Latino America l’equilibrio s’è sempre spostato in favore del capitale e dell’investimento, quasi sempre stranieri, pregiudicando l’economia regionale nel medio-lungo periodo con lo sfruttamento di benefici e di alleanze politiche strumentali, bisognose di grandi progetti legittimatori e rendite che s’ottengono nel breve periodo, nell’arco di un mandato (o mezzo) presidenziale, per capirci. Le famiglie perdono casa, terra, lavoro, abitudini e identità in vista di un eventuale guadagno per tutto il paese che, però, corrisponde spesso all’interesse di pochi piuttosto che a quello generale.

L'estremismo del capitale

Dal Corriere della Sera a Repubblica è un coro che chiede al sindacato di lasciare libero il governo di procedere con le sue riforme. La "lotta di classe" dei vincitori di cui parla Luciano Gallino
Guido Viale
Articolo tratto da il manifesto
Vedi il libro "Capitalismo tossico" di Bertorello e Corradi
Ferruccio de Bortoli in un suoeditoriale sul Corriere della Sera di sabato ritiene che il rischio che le imprese usino la riforma dell'art. 18 per liberarsi anche dei lavoratori scomodi (come ho sostenuto sul manifesto) oltre che di quelli anziani o logorati dal lavoro (come ipotizzato lo stesso giorno dal prof. Mariucci su l'Unità) rispecchi «una visione novecentesca, ideologica e da lotta di classe che non corrisponde più alla realtà della stragrande maggioranza dei luoghi di lavoro». Poi si chiede se le minacce dei capi a cui facevo riferimento nel mio articolo del giorno prima - «Appena passa l'abolizione dell'art. 18 siete fuori!» - rappresentino effettivamente «il clima che si respira nelle fabbriche, al di là di qualche isolato episodio». Rispondo: forse non in tutte; ma in molte aziende certamente sì. Altrimenti non si capirebbe come mai decine di migliaia di lavoratori abbiano risposto immediatamente, superando spesso anche le divisioni sindacali, alla dichiarazione di sciopero di Fiom e Cgil.

lunedì 26 marzo 2012

Come ti licenzia la Fiat

Un modo per liberarsi di tre sindacalisti scomodi. E' quanto scrive il giudice di Potenza nelle motivazioni della sentenza che hanno condannato la Fiat per comportamento antisindacale a Melfi. Un testo che rappresenta uno spaccato di come si vive, si lavora e si è licenziato negli stabilimenti di Marchionne
Salvatore Cannavò
Un licenziamento per liberarsi di tre sindacalisti scomodi. E' il senso fondamentale delle motivazioni della sentenza del Tribunale di Potenza che ha accolto il ricorso della Fiom in merito ai tre operai di Melfi licenziati dalla Fiat e reintegrati in azienda. Un lungo e dettagliato documento che ricostruisce al minuto i fatti avvenuti la notte del 7 luglio 2010 quando, secondo l'azienda, Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli, si erano resi responsabili di un atto di sabotaggio interno all'azienda con grave pregiudizio della competitività della Fiat. Un'accusa che portò al licenziamento in tronco dei tre. Che, in una prima sentenza in giudizio sommario furono reintegrati in fabbrica, poi di nuovo espulsi per il giudizio di primo grado e, infine, riabilitati in appello di cui ieri sono state depositate le motivazioni. “Nessuna volontà diretta deliberatamente a impedire l'attività produttiva vi è stata” dicono i giudici di Potenza in quella che l'avvocato Alberto Piccinnini, uno dei difensori della Fiom, giudica una “rigorosa motivazione che rende giustizia alla ricostruzione dei fatti”. Perché, in effetti, i giudici non si lanciano in teorizzazioni o tesi precostituite ma fanno discendere il loro giudizio conclusivo da una puntigliosissima ricostruzione dei fatti di quella notte rileggendo con attenzione le testimonianze prodotte sia dall'azienda che dal sindacato. E così scoprono innanzitutto che il blocco dei carrelli – l'atto di sabotaggio addebitato ai tre – era stato provocato dalla stessa azienda in forma cautelativa al momento della proclamazione dello sciopero – unitario – di quella notte. A bloccare i carrelli è un responsabile di Ute mentre il gestore operativo, Francesco Tartaglia, reimposta la produzione. A quel punto si tratta di far ripartire l'attività dello stabilimento ma è esattamente a quel punto, intorno alle 2,24 che lo stesso Tartaglia si reca là dove gli operai avevano prodotto un'assemblea spontanea e intima “provocatoriamente” a uno dei tre operai, Marco Pignatelli, non solo di spostarsi per far ripartire i carrelli ma anche di tenere un atteggiamento di sfida e di contestazione nei confronti dell'azienda. Tale da essere “contestato” e quindi licenziato.

Rivolta il debito: da Milano a Francoforte

Si è svolto a Roma il primo convegno della campagna per l'annullamento del debito. Una giornata di studio con Eric Toussaint, del Cadtm internazionale, e in cui è stato delineato un calendario di mobilitazione
Per un giorno la facoltà di Fisica della Sapienza di Roma si è trasformata in una libera università di movimento. E così circa 200 partecipanti, per lo più giovani e studenti, hanno potuto ascoltare, sabato 24 marzo, la puntuale relazione di Eric Toussaint, presidente del Cadtm internazionale, militante altermondialista e autore del libro Debitocrazia (Edizioni Alegre, Roma 2011) che nel tratteggiare gli elementi della crisi economica globale ha spiegato come e perché l'annullamento del debito illegittimo sia un'occasione per i movimenti sociali e per pensare un'alternativa. Con lui hanno partecipato alla giornata di studio organizzata da Rivolta il debito, Antonio Tricarico della Campagna Smontiamo il debito, Lidia Cirillo, dei Quaderni Viola e poi, nel pomeriggio, una tavola rotonda sulle prospettive di movimento a cui sono intervenuti lo stesso Tricarico, Marco Bersani di Attac Italia, Sergio Bellavita, della segretaria nazionale Fiom, Francesco Raparelli del centro sociale Esc, Paolo Divetta dei Blocchi Precari Metropolitani, Andrea Fioretti dei Lavoratori auoconvocati, Marta Russo studente di Atenei in Rivolta e Donatella Coppola del collettivo femminista La Mela di Eva.

venerdì 23 marzo 2012

Lettera da Luca Abbà

Una lettera di ringraziamento e di incoraggiamento dal leader No Tav fulminato da un traliccio alcune settimane fa e ancora inchiodato in un letto d'ospedale
Luca Abbà
A poco più di tre settimane dai fatti accorsi in Clarea il lunedì 27 febbraio scorso, mi sembra opportuno comunicare a tutti gli amici e compagni che mi sono vicini alcune notizie più precise sul mio stato di salute.
Come già si sa da qualche giorno sono fuori pericolo di vita, ma seppur la situazione vada migliorando le mie condizioni risultano ancora abbastanza serie.
Le ferite maggiori che mi trovo a dover guarire sono la conseguenza delle ustioni provocate dal folgoramento da corrente elettrica, i danni da caduta sono ormai in via di miglioramento definitivo.

Nei prossimi giorni subirò ulteriori interventi di chirurgia plastica per sistemare le aree del corpo ancora soggette a ustioni.
Mi trovo tuttora ad essere inchiodato a letto e non auto sufficiente nei movimenti degli arti e quindi dipendente da infermieri e familiari per le mansioni quotidiane.
Desidero comunque ringraziare tutti coloro che finora mi sono stati vicini e che mi hanno fatto sentire la loro presenza e solidarietà.

Chiedo a tutti ancora un po’ di pazienza (il primo ad averne dovrò essere io), per potervi riabbracciare e salutare in piena forma.
Un ringraziamento particolare va ai miei familiari e alla mia compagna Emanuela che hanno dovuto superare un momento non facile, anche per questo chiedo a tutti di allentare la pressione nei suoi confronti visto che si trova già a gestire molteplici ruoli di questa vicenda.

I 18 punti che Fornero non ha spiegato

Doveva essere l'ultimo punto della riforma e invece l'articolo 18 è l'elemento regolatore dell'iniziativa del governo. Ecco quindi che abbiamo selezionato 18 domande che aiutano a spiegare le modifiche in programma.
Salvatore Cannavò

Da Il Fatto quotidiano

1) E' vero che l'articolo 18 varrà per tutti?Il governo dice che è esteso anche alle aziende con meno di 15 dipendenti la regolamentazione del cosiddetto licenziamento discriminatorio determinato “da ragioni di credo politico o fede religiosa, dell'appartenenza ad un sindacato e dalla partecipazione ad attività sindacabili” o per “discriminazione sindacale, politica, religiosa, razziale, di lingua o di sesso, di handicap, di età o basata sull'orientamento sessuale”. In questi casi il licenziamento è nullo, cio
è è come se non fosse mai esistito e, in forza dell'articolo 18, si viene reintegrati al posto di lavoro. Ma la sua applicabilità per tutti i lavoratori a prescindere dal numero dei dipendenti di una determinata azienda era stata già stabilita dalla legge 108 del 1990
2) Ma è possibile che un licenziamento discriminatorio venga camuffato da licenziamento economico o disciplinare?
E' quello che avviene nella maggiorparte dei casi. L'impresa, ad esempio, dichiara di avere esubero di personale, o riduzione dl fatturato, e licenzia quel lavoratore o quella lavoratrice che a suo giudizio non rende abbastanza o magari è troppo vicina al sindacato o altro ancora. Può succedere che quel posto di lavoro soppresso venga successivamente offerto a un altro dipendente. Se il lavoratore licenziato, a regime attuale, fa ricorso contro il licenziamento ingiustificato – perché in effetti il posto di lavoro è occupato da altri – e vince viene reintegrato con il pagamento degli stipendi arretrati. Con le norme del governo Monti, invece, se ottiene soddisfazione dal giudice al massimo beneficierà di indennizzo compreso tra le 15 e le 27 mensilità.

Lisbona dà l'addio al Tav. Salta il corridoio?

Il governo portoghese, nella morsa dell'austerità, abbandona il faraonico progetto ferroviario dentro il quale è progettata la Torino-Lione. Che fine fa il Tav su scala europea?
Checchino Antonini

Addio portoghese all’Alta velocità traLisbona e Madrid. E forse al famoso corridoio Kiev-Lisbona di cui fa parte anche la Torino-Lione. Il progetto era già stato sospeso nel giugno di un anno fa ma ieri la Corte dei Conti lusitana ha messo la parola fine alla grande opera annullando il contratto per la tratta principale, 150 km tra Poceirao e la frontiera con la città spagnola di Badajoz. Un appalto per 1,4 miliardi di euro, aggiudicato nel 2010 dal precedente esecutivo socialista. Il ministero di Economia ha confermato la priorità data alla realizzazione di reti ferroviarie transeuropee per i trasporti merci dai porti di Dines e Aveiro, per stimolare la competitività delle esportazioni portoghesi. La parte spagnola, fra Madrid e Badajoz, alla frontiera con il Portogallo, è già in corso di realizzazione. Madrid e la Ue hanno fatto molte pressioni su Lisbona perché su quel versante sono a rischio 133 milioni di euro di fondi europei.