domenica 12 febbraio 2012

Liberalizzazioni, il modello Brasile


Dalle farmacie ai trasporti fino alle chiese e ai luoghi di culto. Ritratto della storia recente brasiliana che assomiglia al futuro dell'Italia
Solange Cavalcante
1985. Una inflazione al di sopra del 283% costrinse il governo brasiliano a un piano di stabilizzazione economica che, come al solito, richiedeva il sacrificio della popolazione. Precedendo di molto la Ministra Elsa Fornero, la rinomata economista Maria da Conceição Tavares apparse sui teleschermi e pianse, prendendo le difese del pacchetto economico. Ma il piano fallì, e saranno necessari per lo meno dieci anni e altri tre piani di austerità affinché l’inflazione fosse controllata, però a colpi di tagli drammatici nei servizi pubblici, per ordine della Banca Mondiale.
Nel Brasile, paradiso delle liberalizzazioni, lo Stato è passato a funzionare come macchina pubblicitaria al servizio degli enti privati. Dalla cultura e dalle arti fino alla ricerca scientifica, è quasi impossibile che gli investimenti pubblici non finiscano nelle mani delle imprese private. E’ il caso della Nestlé, che distribuisce latte in polvere nel programma di servizi a sostegno della popolazione carente, e nelle scuole municipali e statali, per gli alunni con buona frequenza. O della Esso e della Shell che assegnano, rispettivamente, ogni anno i due più prestigiosi Premi nel Giornalismo e nel Teatro brasiliano. Molti teatri, infatti, portano oramai nomi di Banche, cosi come i Cinema e le Gallerie d’Arte.

Nella musica, i due principali Festival di Jazz e di Rock sono stati, per anni, patrocinati dalla industria del tabacco, e portavano il nome delle due più famose marche di sigarette (Free e Hollywood). Il Ministero della Salute ha proibito che le imprese tabagiste apparissero legate alla cultura, e così i brasiliani si conquistarono il Jazz “Tim” Festival, mentre il festival di Rock è ormai divenuto monopolio della Rete Globo di Televisione.
La stessa Rete Globo che organizza e detiene tutti i diritti del carnevale di Rio de Janeiro (...mica è pubblico!), la Rete Globo che premia “L’Operaio Modello” con il patrocinio della Confindustria brasiliana, e si distingue con iniziative liberalizzanti nel settore Educazione, con il Premio “Amici della Scuola”.
Farmacie liberalizzate e mal di testa.
“Fica aberta 24 horas”: questo cartello davanti a una farmacia (nessun sexi shop o casa a luci rosse, "fica" significa "rimane") lo si trova dagli anni 90. In Brasile, infatti, i farmaci ‘generici’ sono presenti nelle farmacie dal 1999 con prezzi mediamente inferiori del 35%. Ciò ha comportato per l’industria farmaceutica perdite di fasce di mercato, alle quali ha reagito con una valanga di pubblicità mimetizzata in reportage sulla stampa e sui media, divulgando sfacciatamente trattamenti e medicinali. Oggi come oggi è difficile distinguere tra ciò che è giornalismo, ricerca scientifica o propaganda. Nei Giornali Radio, ad esempio, non è raro sentire pubblicizzare i farmaci all’annuncio di ogni notizia, in media ogni minuto e mezzo: “Questa notizia è offerta dal Sciroppo X. Liberati dalla tosse secca con X. Il Sciroppo X è un prodotto Bayer, e... se è Bayer è buono”.
Nel frattempo, contro la casta dei farmaceutici, nulla di meglio che una buona liberalizzazione. Sesi desidera aprire una farmacia in Brasile, l’Agenzia Brasiliana di Appoggio alla Microimpresa (Sebrae) mette a disposizione una scheda tecnica su internet, che raccomanda: “Il primo passo è leggere la scheda tecnica del segmento per iniziare l’impresa”. Tutto qua. La scheda tecnica prosegue evidenziando che la Farmacia “è un affare ampiamente redditizio” e che “ci sono più chances di prosperare quando l’impresa è aperta in zone con grande flusso automobilistico, di preferenza in direzione centro-periferia”. E prosegue: “Logicamente, lo spazio per il parcheggio è fondamentale”. A proposito di requisiti fondamentali: formazione in medicina? Diploma di Laurea? Non se ne parla.
Nonostante i ‘Consigli di Farmacia’ esigano la presenza di un farmaceutico in ogni esercizio, nella pratica ciò non succede, ed ai banconi delle farmacie brasiliane ci si imbatte facilmente in generici commessi senza alcuna formazione in materia, inclusi garzoni minorenni che trovano nelle farmacie la loro prima opportunità di impiego.
Non vi è alcuna restrizione del numero di Farmacie che possono coesistere nello stesso quartiere, nello stesso isolato o nella stessa strada. La scheda tecnica del Sebrae raccomanda solo che, per servire 10 mila potenziali clienti, il neo-imprenditore debba approviggionare il proprio mercatino con un ”mix” [sic] di prodotti tipo sanitari, detergenti, igiene personale, parafarmaceutici, profumeria e telefonia. Ah, sì, e anche medicamenti. Prodotti che, prima delle scadenze, possono essere messi in promozione “3 x 2”. Ma non pensate di montare una Erboristeria. Anni fa, la lobby della industria farmaceutica criminalizzò l’uso delle erbe native, restringendone la vendita. La stima finale del Sebrae è che l’affare comporti, con parcheggio e tutto, un investimento a partire dai 33 mila euro.
Popolazione a piedi.
Nel 1993, la compagnia municipale dei trasporti della città di San Paolo fu privatizzata. La giustificazione del sindaco Paulo Maluf – scoria della dittatura militare, legato alla mafia del cemento e indiziato in decine di processi per corruzione - era che spezzare il monopolio pubblico avrebbe comportato più concorrenza e contenuto gli aumenti delle tariffe, facendola finita con la cultura della casta e del servizio scadente. La misura non sortì nessun effetto positivo, se non per le imprese private a cui furono dati i tragitti privilegiati della città.
Alla fine degli anni ’90 migliaia di autobus privati giravano clandestinamente, coprendo la carenza di trasporti nelle periferie di una città con più di 15 milioni di abitanti. Nel 2001, il Pt, il Partito dei Lavoratori, assunse la guida della città di San Paolo, ma mantenne i privilegi delle grandi imprese. In uno slancio populista, legalizzò il trasporto clandestino. Questo accordo ambiguo ha favorito il crimine organizzato che monopolizza parte di questo trasporto (operato con piccole van e furgoncini). Certamente la viabilità si è velocizzata, ma ha creato problemi drammatici per i cittadini, come quando la città fu presa in ostaggio, per più di una settimana, da una fazione criminale armata, nel 2006. Come se non bastasse, indovinate quale è stato il risultato degli ultimi 13 anni di liberalizzazione dei trasporti urbani sulle tariffe? 275 per cento di aumento.
Con la privatizzazione dei treni urbani nello Stato di Rio de Janeiro, nel 1998, le stazioni e le vetture hanno certamente avuto delle migliorie, ma fu soltanto grazie agli ingenti contributi statali. Questo lo schema: l’impresa compratrice doveva l’equivalente di 107 milioni di euro al governo, però non consta che il pagamento sia mai stato effettuato. Si sa soltanto che il fatturato dell’impresa privata è certamente aumentato con lo sfruttamento degli spazi per le affissioni pubblicitarie nelle stazioni e nei vagoni dei treni. Secondo il contratto, questi mezzi dovrebbero servire a ridurre le tariffe. Nel frattempo, i prezzi dei biglietti hanno subito dal ’98 un incremento del 383 per cento, a fronte di un’inflazione dell'83,07 nello stesso arco temporale.
Pieno?
In Brasile, i distributori di benzina erano considerati una questione di sicurezza nazionale,durante la dittatura militare (1964-1984). A partire dagli anni 90 si iniziò con un processo di deregulation, fino alla totale apertura al mercato, nel 2002. Le stazioni di servizio cominciarono a diversificare l’offerta ed i prodotti, e molti si trasformarono in veri e propri punti di incontro fino a tarda notte, con giovani, musica, movida e molta bebida. Non è raro che i giovani alcolizzati escano da un’area di servizio e si ritrovino coinvolti in incidenti automobilistici gravi.
I benzinai non hanno più contratti esclusivi con le compagnie di distribuzione. Ma contrariamente all’attesa miglioria dei servizi e abbassamento dei prezzi, la liberalizzazione ha facilitato pratiche irregolari come l’adulterazione dei combustibili, il contrabbando di benzina, la non ottemperanza dei contratti di esclusiva e l’evasione delle imposte, stimolando la corruzione ed il crimine organizzato.
Il Tempio è Denaro.
Ma l’affare più lucrativo del Brasile, dopo le facoltà universitarie private, viene certamente dalla liberalizzazione della proprietà dei luoghi di culto. Per “possedere” una chiesa non è necessario nessun requisito teologico, né un numero minimo di fedeli. Con un investimento minimo di 185 euro e cinque giorni utili per la registrazione degli atti amministrativi in uno studio notarile privato si può aprire un’attività religiosa con una propria chiesa, libera da qualunque imposta. Basta poi annettere beni immobili come terreni, manufatti edilizi, o beni mobili come veicoli, sempre a nome della propria chiesa per estendere tutte le esenzioni fiscali.
Oltre agli indubbi vantaggi fiscali provenienti dal libero mercato delle religioni, i ‘ministri’ religiosi hanno diritto all’apertura di conto corrente bancario ed a relative operazioni finanziarie esentasse. Sono poi esentati dal servizio militare (obbligatorio in Brasile) ed, in caso di condanna, possono godere di un regime speciale di detenzione in celle separate (condizione che, in un Paese dalle carceri drammaticamente sovraffollate, è un privilegio concesso a pochi).
Ma, ancor meglio di non pagar imposte ciò che il libero mercato della religione permette è l’arricchimento facile e illimitato. La “Teologia della Prosperità” può catalizzare sponsors e testimonials trasversali, tanto tra i disoccupati marginali come tra le celebrità ed i giocatori di calcio, come nel caso di Kaká. Egli era solito dare contributi economici milionari alla sua chiesa – Renascer em Cristo –, prestando la sua immagine come ragazzo-propaganda. Ma prese le distanze quando i fondatori della suddetta chiesa furono arrestati e condannati dalla giustizia Usa per esportazione clandestina di capitali, circa 56 mila dollari non dichiarati, di cui 10.000 nascosti in una bibbia.
La liberalizzazione delle chiese ha sprigionato la creatività imprenditoriale brasiliana: in alcune chiese per esempio si prega l’importanza della lipoaspirazione per la salvezza del sacramento del matrimonio, si danno buoni consigli per una carriera di successo, e che Dio può provvedere una Panda o un Suv, proporzionalmente a ciò che il fedele è disposto a investire. In queste chiese vige ancora l’antica regola del dizimo, ovvero, il fedele è tenuto a riconoscere alla sua chiesa un decimo del suo reddito, non l’8X1000.
Tra i beni delle chiese più prospere si incontrano maneggi di cavalli, elicotteri, jet-sky, motoscafi, reti televisive e radiofoniche, gruppi editoriali, proprietà immobiliari all’estero, partiti politici e potere, molto potere. Il presente del Brasile sembra il futuro dell’Italia liberalizzata.

Nessun commento: