lunedì 7 dicembre 2009

11 dicembre 2009
UNA IMPORTANTE GIORNATA DI LOTTA

Sciopero dei lavoratori di tutto il pubblico impiego e della scuola

Le organizzazioni di categoria della CGIL di tutto il pubblico impiego (FP), di scuola, università e ricerca (FLC) hanno proclamato per l’11 dicembre un’intera giornata di sciopero di tutti i comparti pubblici, con tre grandi manifestazioni nazionali e interregionali a Roma, Milano e Napoli.

Una decisione che, pur giungendo con ritardo rispetto alle reali necessità di risposta generale all’azione devastante di Governo e Confindustria, e che avrebbe richiesto da parte dell’intera CGIL l’indizione dello sciopero generale di tutte le categorie, può rappresentare una importante occasione per tutti i lavoratori e le lavoratrici, come anche per gli studenti, per far sentire la propria voce contro un attacco senza precedenti non solo ai salari e ai diritti degli stessi lavoratori, ma all’intero sistema dei servizi pubblici e al complesso dell’istruzione pubblica nel nostro paese.

La Legge Finanziaria non prevede stanziamenti per il rinnovo dei contratti, che peraltro dovrebbero adeguarsi al nuovo modello contrattuale sottoscritto con i sindacati complici (CISL, UIL, UGL, ecc.), che ha triennalizzato i contratti e determinato un sistema di programmazione di perdita salariale ancor peggiore di quello precedente legato alla cosiddetta “inflazione programmata”.

Le modifiche legislative operate da Brunetta (in particolare, le leggi 133/08, 15/09 e i decreti applicativi):

  • tolgono pressoché ogni ruolo alla contrattazione sindacale e al ruolo delle RSU sui posti di lavoro;
  • impongono una deriva autoritaria e gerarchica nell’organizzazione del lavoro;
  • determinano il furto del salario accessorio di “produttività collettiva”, attraverso un sistema di “premi” elargiti o meno dalla valutazione discrezionale dei dirigenti, con vere e proprie liste di proscrizione per chi non risulterà tra i “premiati”;
  • fissano il blocco delle assunzioni con conseguente perdita occupazionale, aumento dei carichi di lavoro e nessuna prospettiva di stabilizzazione per la grande massa di lavoratori precari.

A tutto ciò, nella scuola e nelle Università i provvedimenti combinati della Gelmini e di Tremonti:

  • aggiungono ingenti tagli nei finanziamenti all’istruzione pubblica, dopo le riduzioni già effettuate negli anni precedenti, anche ad opera dei governi di centrosinistra;
  • dispongono l’espulsione, cioè un vero e proprio licenziamento di massa, di oltre 150.000 lavoratori precari (insegnanti e personale ATA) nel giro di tre anni;
  • intendono trasformare le Università (ddl Gelmini) e le scuole medie superiori (progetto Aprea) dando pieni poteri a rettori e presidi, introducendo i privati nella gestione e nei Consigli di Amministrazione, il tutto all’interno di un devastante attacco al diritto allo studio.

Facciamo della giornata dell’11 dicembre una grande giornata di lotta, che sappia coordinarsi con le altre lotte in corso.

Con quella dei lavoratori metalmeccanici per la difesa del contratto nazionale di lavoro e contro l’accordo separato sottoscritto da CISL e UIL; con quelle di tanti lavoratori e lavoratrici di aziende in crisi, per il blocco dei licenziamenti; con quelle antirazziste e dei lavoratori migranti per l’uguaglianza nei diritti; con quelle di studenti medi e universitari contro lo smantellamento dell’istruzione pubblica.


sabato 5 dicembre 2009

BASTA MORTI SUL LAVORO!

di Franco Turigliatto, portavoce nazionale di Sinistra Critica

Sinistra Critica aderisce alla manifestazione nazionale del 10 dicembre a Torino in occasione della celebrazione del processo Eternit, per la tutela dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori vittime dell’amianto e dei familiari e dei cittadini colpiti.

È un’occasione importante anche per continuare la battaglia contro gli incidenti sul lavoro, veri omicidi di classe, che si attestano anche quest'anno a livelli analoghi agli altri anni, nonostante la caduta verticale della produzione in quasi tutti i comparti. Anzi, percentualmente, sono persino in aumento!

Non bastano norme e leggi adeguate, che pure sono indispensabili, ma occorrono soprattutto più poteri ai Rls (rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza), l’unico strumento reale di controllo e di difesa di chi lavora all’interno delle aziende.

CASINI E VIETTI COMANDANO,
IL PD E LA BRESSO CONCILIANO,
LA SINISTRA NELL’ANGOLO

COMUNICATO STAMPA DI SINISTRA CRITICA PIEMONTE

Mentre la crisi occupazionale e produttiva in Piemonte è sempre più grave e migliaia di operai cercano disperatamente di difendere il posto di lavoro, le grandi manovre per le prossime elezioni regionali sono in pieno svolgimento.

Casini e Vietti dell’Udc nel facile gioco di “vendersi” al miglior offerente hanno dettato le loro condizioni al PD e alla Bresso. Non solo una “TAV avanti tutta”, ma SI alle centrali nucleari, SI a una sanità sempre più privata e un sempre maggior sostegno alle scuole private e alle politiche familistiche. Ogni modesta pretesa di laicità dell’attuale Presidente della Regione deve finire.
E il PD di Morgando e Bresso si è subito allineato nella speranza di poter rimanere in sella la prossima primavera, ma soprattutto perché, sulle questioni di fondo, non c’è dissenso ma piuttosto convergenza con l’UDC, come è confermato dalle dichiarazioni e soprattutto dall’operare concreto di questi anni.

Chi è nell’angolo e rischia di rimanere a piedi è la sinistra, Rifondazione e i Comunisti italiani, che, dopo essere stati “leali collaboratori”, cioè dopo aver chinato il capo davanti alle tante scelte politiche ed economiche liberiste delle giunta (la gestione del progetto dell’alta velocità, una politica dei trasporti regionali discutibile, i soldi alle scuole private, i finanziamenti alle aziende senza un reale controllo del loro utilizzo, interventi in campo occupazionale tesi solo a lenire i guai più grossi provocati dalla crisi capitalistica, la cementificazione del territorio) sono oggi messi con le spalle al muro. Per restare sul carro del centrosinistra + Udc nel disperato tentativo di salvare qualche mobile e sedia, dovrebbero accettare tutte le peggior cose e magari non sarebbe neanche sufficiente.
Quando si dice il fallimento di una linea politica e di un gruppo dirigente.

Sinistra Critica sostiene la necessità di costruire una alternativa ai due schieramenti, - non la posizione politicamente perdente di ripiego quando il PD nega l’alleanza alla sinistra, - ma una politica coerente per costruire un terzo polo che sappia rispondere alle esigenze di vita e di lavoro della stragrande maggioranza delle persone contro la logica di profitto dei capitalisti e dei cementificatori.

Per questo proponiamo, per le prossime regionali, liste anticapitaliste, ecologiste, di coalizione o di movimento, che racchiudano forze diverse in alternativa al centrodestra e al centrosinistra. Al di là delle denominazioni, quello che conta è una vera e reale discontinuità con le politiche governiste di subordinazione al PD, che invece di contrastare le destre finiscono per rafforzarle proprio sul terreno fondamentale, quello sociale.

Rivolgiamo questa proposta all’insieme della sinistra radicale e dei soggetti di movimento, sociali, politici ed associativi, a condizione di una coerenza e omogeneità di scelte su scala locale e nazionale.

Ma soprattutto, sul terreno decisivo delle resistenze sociali, continuiamo a proporre alla sinistra sociale, politica e sindacale di costruire un vero e proprio movimento contro la crisi capitalistica all'insegna dell'unità e della radicalità. E’ questa la strada decisiva per battere la destra, liberarsi di Berlusconi e delle sue politiche.

IL NOBEL PER LA PACE ANCORA DI PIU' ALLA GUERRA!

di Piero Maestri, portavoce di Sinistra Critica

La decisione del presidente statunitense Barack Obama di aumentare di 30.000 soldati la presenza militare in Afghanistan è una scelta coerente con le politiche di guerra che Usa e Nato mantengono nel paese centro-asiatico. Una decisione che nasconde dietro la "necessità di combattere il terrorismo" di Al Qaeda una situazione afghana (e pakistana) che ci parla invece di una guerra che continua e delle difficoltà crescenti che gli eserciti della Nato si trovano ad affrontare su ogni piano.

Obama e i paesi della Nato, incapaci di vincere sul terreno e di convincere l'opinione pubblica dei propri paesi della giustezza della loro "missione", non sono in grado di fare altro che accelerare la propria escalation militare. e questo non farà che produrre quanto dichiara il generale statunitense McChrystal: "E' realistico aspettarsi un aumento delle perdite tra gli afgani e la coalizione".

Il segretario della Nato ha già annunciato un aumento dei sodati dell'Alleanza e questo comporterà un ulteriore impegno anche dell'Italia, che certamente il presidente Berlusconi si affretterà ad acconsentire, dopo aver aumentato il coinvolgimento dell'Italia con l'invio di altri 70 soldati della Brigata Sassari a Kabul all'inizio di ottobre.

Una decisione che non vedrà nessuna opposizione in Parlamento - già si parla dell’invio possibile di altri 1500 soldati italiani, su richiesta degli Usa e della Nato - e avrà una approvazione bipartisan, come è avvenuto oggi con il rifinanziamento delle missioni militari in votazione al Senato (con un testo che peggiora lo stesso decreto governativo).


L'unica "exit strategy" dall'Afghanistan è il ritiro immediato dei militari italiani e il sostegno ai democratici afgani schiacciati dall'occupazione Nato e dai fondamentalisti – siano al governo o meno. il movimento contro la guerra deve rilanciare la sua iniziativa contro le missioni di guerra italiane/Nato e contro le spese militari.

martedì 17 novembre 2009

CINEFORUM 18 Novembre

CONTRATTO
di Ugo Gregoretti

venerdì 16 ottobre 2009

lunedì 15 giugno 2009

IL GIORNALE DI SCC

L'abbiamo inviato a più di 500 famiglie della Provincia di Cuneo.
L'abbiamo distribuito a più di 300 operai della Michelin di Cuneo.
Ora è anche online: leggilo, scaricalo, stampalo, distribuiscilo.
È anche per te.

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mercoledì 27 maggio 2009

STORIE DI MIGRANTI

"Non amano l'acqua, molti di loro puzzano perché tengono lo stesso vestito per molte settimane.
Si costruiscono baracche di legno ed alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri.
Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti.
Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci.
Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti.
Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l'elemosina ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti.
Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra di loro.
Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti. Le nostre donne li evitano non solo perché poco attraenti e selvatici ma perché si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche quando le donne tornano dal lavoro.
I nostri governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel nostro paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, attività criminali".

Pensate si tratti dell'ultimo discorso di Borghezio?


O magari dell'ex sindaco di Treviso (attuale vice) Gentilini?


Ed invece si tratta di una relazione dell'ottobre 1912 redatta dall'Ispettorato per l'Immigrazione del Congresso americano sugli immigrati italiani negli Stati Uniti.

E conclude: "Propongo che si privilegino i veneti e i lombardi, tardi di comprendonio e ignoranti ma disposti più di altri a lavorare. Si adattano ad abitazioni che gli americani rifiutano purché le famiglie rimangano unite e non contestano il salario. Gli altri, quelli ai quali è riferita gran parte di questa prima relazione, provengono dal sud dell'Italia. Vi invito a controllare i documenti di provenienza e a rimpatriare i più.
La nostra sicurezza deve essere la prima preoccupazione".

Corsi e ricorsi?
fonte: Rainews24.it

giovedì 21 maggio 2009

SMASCHERIAMO L’IMBROGLIO:
BOICOTTIAMO I REFERENDUM!

Domenica 21 e lunedì 22 giugno avranno luogo i referendum abrogativi di disposizioni dei testi unici per l'elezione della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica.

Sul referendum, finora, si è discusso molto dei costi e dei tempi e molto poco, invece, su cosa propone di concreto.
Chi sostiene questi referendum (Berlusconi & Franceschini in primis), fa di tutto per non fare chiarezza sulla questione, sostenendo solo che c'è la necessità di cambiare la legge elettorale.
La mancanza di chiarezza serve a mascherare l'imbroglio.

Il referendum popolare n° 1 è indicato come: “Elezione della Camera dei Deputati - Abrogazione della possibilità di collegamento tra liste e di attribuzione del premio di maggioranza ad una coalizione di liste”.
Il n° 2 propone la stessa cosa al Senato.

Ovvero: il partito che ottiene più voti, che ha cioè la maggioranza relativa, riceve come "premio" la maggioranza assoluta del parlamento. È una proposta di legge di esplicita ispirazione totalitaria, peggiore perfino di quella fatta da Mussolini nel 1923. Quella legge, infatti, prevedeva che il partito più votato superasse almeno una soglia minima per usufruire del "premio". Questa proposta referendaria, invece, non prevede nessuna soglia!

È evidente che questa legge faciliterebbe l'ambizione di Berlusconi a governare senza aver bisogno del Parlamento, mentre per Franceschini, sull'onda del voto utile, significherebbe far fuori definitivamente qualsiasi formazione politica concorrente di opposizione.

All'unisono, diranno che la legge attuale è una porcata e deve essere sostituita. Parleranno quasi esclusivamente del terzo referendum che riguarda la scelta dei candidati, tacendo sui primi due. Diranno che il bipolarismo all'americana (o di tradizione anglosassone), diminuendo il numero dei partiti, favorisce la dinamicità della politica, da troppo tempo "rallentata" dagli interessi di parte delle piccole formazioni. Diranno altresì che si impegneranno a proporre in Parlamento, subito dopo i referendum, una nuova legge elettorale, più giusta e più condivisa. Sosterranno che andare a votare è far funzionare la democrazia.
Ma queste sono solo volgarissime bugie, perché la loro unica necessità è quella di sbarazzarsi, con la legittimità del consenso elettorale, di ogni avversario e di chiunque possa portare una voce contraria in Parlamento.

Le leggi in programma contro i lavoratori come la cancellazione dell’articolo 18, la licenziabilità dei dipendenti pubblici, il diritto di sciopero, l’abolizione dei contratti nazionali, gli ulteriori tagli alle pensioni, le complete privatizzazioni di scuola, sanità, previdenza hanno bisogno di un parlamento completamente asservito ai padroni e qualsiasi opposizione presente o futura deve essere neutralizzata.

Sinistra Critica fa appello a tutte le componenti di sinistra (politiche, sociali e sindacali) per una battaglia unitaria che impedisca che si raggiunga il quorum, in modo da inficiare i referendum del 21 e 22 giugno.

Non possiamo permettere che venga legittimato in Italia un regime totalitario!

mercoledì 20 maggio 2009

SMIC: il Senato inizia la discussione



Avviati i lavori in Commissione Lavoro.
Prossima tappa le audizioni. Relatore: Tiziano Treu.

La Commissione Lavoro del Senato ha iniziato oggi, 12 maggio, la discussione relativa alla Legge di iniziativa popolare sul Salario minimo intercategoriale (Smic) promossa da Sinistra Critica e, contestualmente, sulla Legge di iniziativa popolare sulla scala mobile, promossa, nella scorsa legislatura, dal sindacalismo di base e dalla Rete28 Aprile.
L'odg della Commissione, riunitasi questa mattina sotto la presidenza di Tiziano Treu (vicepresidente) e anche relatore designato, reca: (1) DISEGNO DI LEGGE D'INIZIATIVA POPOLARE - Istituzione di una nuova scala mobile per la indicizzazione automatica delle retribuzioni dei lavoratori e delle lavoratrici; (1453) DISEGNO DI LEGGE D'INIZIATIVA POPOLARE - Norme in materia di introduzione del salario minimo intercategoriale e del salario sociale, previsione di minimi previdenziali, recupero del fiscal drag e introduzione della scala mobile
Le due leggi accedono quindi a un esame congiunto.
La discussione mattutina non ha previsto dibattito anche perché "In considerazione della delicatezza dei temi oggetto delle due iniziative legislative, nonché della specifica richiesta pervenuta da parte dei rappresentanti del comitato promotore nazionale dei provvedimenti" Il presidente e relatore ha suggerito di procedere a una serie di audizioni.

martedì 5 maggio 2009

OBIETTIVO RAGGIUNTO! 70MILA FIRME PER LA PRIMA LEGGE DELLA SINISTRA IN PARLAMENTO

Sinistra Critica Cuneo ringrazia tutti coloro (più di 70mila in tutta Italia) che hanno firmato la Proposta di Legge di Iniziativa Popolare in materia di introduzione del salario minimo intercategoriale e del salario sociale, previsione di minimi previdenziali, recupero del fiscal drag e introduzione della scala mobile.

E cioè per:

Salari minimi di 1.300 euro al mese per legge
: perché non è possibile vivere con meno di così

Sussidi di disoccupazione e pensioni minime di 1.000 euro al mese
: perché non è decente lavorare una vita per poi dover sopravvivere con una pensione ridicola, così come essere costretti ad accettare lavori in nero e sottopagati!

Una nuova scala mobile che recuperi lo scarto tra inflazione programmata e reale
:
perché se i prezzi aumentano è giusto che aumentino in proporzione anche gli stipendi!

Il recupero del fiscal drag
:
perché altrimenti continuiamo a pagare più tasse di quanto dovuto per legge!


Siete stati in tanti anche in Provincia di Cuneo ad averci creduto così che la Legge è ora pronta per essere presentata e discussa in Parlamento nelle prossime settimane.

lunedì 26 gennaio 2009

OGGI, PIU' CHE MAI, SERVE UN NUOVO INIZIO

Lettera aperta alla sinistra di classe

Con la vicenda di Liberazione, la cacciata di Sansonetti, l'ennesimo scontro interno e la scissione che sta per maturare tra l'area "vendoliana" e la nuova maggioranza del Prc, si rende sempre più evidente che un ciclo politico è definitamente chiuso. Questa constatazione Sinistra Critica l'aveva fatta già al tempo del governo Prodi e dell'espulsione di Franco Turigliatto colpevole di aver votato contro la guerra e di aver rinnegato, in nome di quest'ultima, il vincolo politico al centrosinistra. Ci sembrava evidente che di fronte a una prova vera, inoppugnabile, come quella del comportamento parlamentare relativo alla guerra, un partito che era nato proprio in nome del rifiuto della guerra, rinnegava se stesso e chiudeva simbolicamente la propria parabola politica. Pensiamo di aver avuto ragione e paradossalmente abbiamo visto giusto troppo in anticipo per il sentimento medio dei, delle militanti di Rifondazione. Ora il dado è tratto, senza possibilità di equivoci. Per quanto la nuova maggioranza del Prc abbia scelto la strada della difesa identitaria e dell'arrocamento dentro il proprio fortino, la possibile scissione di circa metà del partito equivale alla fine concreta di quell'esperienza che è stata Rifondazione comunista a cui molti di noi hanno contribuito attivamente anche assumendone ruoli di direzione.
E' sbagliato dire, come fa oggi la minoranza attuale, che questa storia si chiude a causa dell'irrigidimento "staliniano" del Prc o perché viene meno l'autonomia di Liberazione. Questi argomenti, per quanto contengano elementi di verità, appaiono tutto sommato un po' forzati e strumentali. Come si fa a parlare, da parte degli autori della cacciata di Franco Turigliatto, di involuzione staliniana? E come si fa a colpevolizzare il mancato coinvolgimento di una parte consistente del partito alla sua gestione se la ex maggioranza, quella uscita dal congresso di Venezia, teorizzò, con inedita virulenza, la pratica del "chi vince prende tutto"?. Quanto all'autonomia del giornale, non ci permettiamo di entrare in vicende interne ad un altro partito, ma ci appare evidente che se per quasi un mese la vicenda Liberazione si è intersecata a dinamiche curiose legate al dibattito sulla psicanalisi, le responsabilità sono tutt'altro che unilaterali e purtroppo hanno un amaro sapore simbolico.
La storia del Prc e delle forze di sinistra, in realtà, si è chiusa sull'altare della prova di governo. E' vero che per oltre un decennio la questione del governo ha attraversato in particolare quel partito, spaccandolo a ogni congresso e provocondo scissioni più o meno corpose. Un conto, però, è discutere del governo, scegliere quell'orientamento senza avere però la possibilità effettiva di esercitare il governo stesso, un altro è invece assumere incarichi istituzionali e ministeriali e ridursi a gestire miseramente le scelte del capitalismo e dell'imperialismo italiano senza assumere il minimo ruolo di controtendenza. L'abisso in cui il Prc è sprofondato con il secondo governo Prodi non fu toccato nemmeno nel caso dell'appoggio esterno al primo governo Prodi. Sia perché allora, Rifondazione non occupò nemmeno una poltrona, sia perché quell'esperienza fu comunque a termine e conclusa da una rottura clamorosa e da una scissione dolorosa. Di questo abisso che sta alla base della disfatta della sinistra di classe portano la responsabilità tutti i dirigenti attuali delle varie formazioni: da Giordano e Bertinotti a Ferrero, da Diliberto a Fabio Mussi, da Grazia Francescato a Claudio Fava e così via. Discutere dello stato comatoso in cui versa la sinistra senza riferirsi correttamente alle cause che hanno prodotto il male - il governo, nel senso dell'adattamento supino alle compatibilità capitalistiche e alla necessità di "governare i processi" - significa perpetuare all'infinito la malattia. Cosa che gli attuali dirigenti della sinistra di (ex) governo sanno fare molto bene e che infatti stanno facendo con accortezza.
Il punto che ci interessa è se, invece, di fronte a questa diaspora continua e a una crisi rovinosa, sia possibile tracciare qualche elemento corposo di inversione di rotta, qualche resistenza politica e culturale alla dissipazione che provi a far ripartire un cammino utile per gli interessi di classe, per le lotte sociali e per il lavoro difficile dei movimenti di trasformazione. Sinistra Critica è nata con questa ambizione, non per celebrare la propria conservazione, ma per riaprire un'ipotesi di alternativa.
Per questo, di fronte al disastro e alle macerie, pensiamo sia il tempo di prendere in considerazione quello che proponiamo da vario tempo parlando della necessità di una "nuova sinistra anticapitalista".
Per questo proponiamo un azzeramento delle realtà attuali e una disponiblità a rifondare una sinistra di classe, anticapitalista, comunista, femminista, ecologista che faccia tesoro degli errori passati e riprovi a costruirsi su coordinate programmatiche più corpose, su pratiche sociali efficaci, su metodi organizzativi democratici, pluralisti effettivamente partecipativi, a partire dal basso e che tengano conto delle differenze di genere. Una sinistra che sappia raccogliere la sfida all'intero sistema capitalista nel momento della sua crisi, che sappia rimettere all'ordine del giorno la necessità di costruire una società radicalmente alternativa, che traduca il crescente malcontento sociale e la critica verticale alla politica in una moderna idea di rivoluzione, che quindi sostanzi una corposa prospettiva strategica e non si limiti a "vivacchiare" in attesa di qualche salvifico passaggio elettorale. E che, quindi, sia un processo reale radicato nei luoghi del conflitto sociale e sui territori, agli antipodi di ogni idea di assemblaggio verticistico e sterile di quel che resta sul terreno, dopo la sconfitta e la frammentazione.
Che si costruisca su basi politiche solide e non contraddittorie: serve oggi una sinistra di classe alternativa al Pd che non può restare ambigua di fronte a questo nodo alleandosi a seconda delle convenienze. Non può esistere una sinistra di classe coerente che si pensi in alternativa a Veltroni ma alleata di Soru come ha avuto modo di sostenere Paolo Ferrero: sono queste ambiguità ad aver provocato l'abisso.
Per affrontare una simile fase "costituente" c'è bisogno, lo diciamo senza perifrasi, dell'azzeramento delle attuali organizzazioni politiche, di tutte quelle che si vogliono cimentare con un simile progetto e della ricostruzione di una nuova soggettività politica che guardi al futuro e alle nuove generazioni senza rigurgiti identitari e senza nostalgie retoriche. Non proponiamo di buttare via la storia del Novecento ma di rileggerlo in funzione degli interessi di classe e del protagonismo democratico e rivoluzionario delle classi subalterne senza santini consolatori.
Una nuova sinistra di classe, dinamica, aperta è oggi assolutamente necessaria. Molte espressioni della sinistra alternativa che fu pensano oggi che un approdo efficace e utile sia quello di dare vita a una sinistra modernamente riformista, che morda la crisi del Pd e che se ne faccia alleato sia pure concorrente. E' un progetto legittimo e coerente, forse anche utile se serve a modificare le vicende del Pd stesso, ma non è il progetto che a noi interessa e che interessa a migliaia di militanti ancora oggi legati e legate a una prospettiva anticapitalista e un orizzonte di trasformazione radicale dell'esistente. Non è quello che definiremmo comunista, ecologista e femminista. Una sinistra di questo tipo, invece, è molto importante e avrebbe bisogno dell'apporto di quanti e quante dicono di volersi ancorare a una prospettiva simile a patto di rendersi conto che una fase si è chiusa e che c'è bisogno di una sinistra nuova, una nuova sinistra di classe. La riproposizione statica dell'esistente non farà che aggravare la crisi e alimentare nuove diaspore. Restare abbarbicati al Muro di Berlino non è meglio che governare con il Pd, la reiterazione in automatico di un progetto che la forza dei fatti dimostra esaurito non farà che produrre un imballamento del corpo militante e ripetere all'infinito che Rifondazione continua a dispetto dell'esaurimento del suo percorso non rappresenta una linea politica.
Una sinistra di classe nuova e capace di raccogliere la sfida del futuro deve vedere necessariamente un protagonismo diretto di nuove generazioni militanti, libere dalle responsabilità dei fallimenti maturati finora. La crisi infinita che attanaglia la sinistra non potrà certo essere risolta da gruppi dirigenti che, con sfumature diversa ma d'accordo nella sostanza, hanno convintamente lavorato per portarla al disastro. Ci sono momenti in cui è giusto e necessario fare un passo a lato se questo aiuta a ricostruire la credibilità che oggi manca e a sostanziare con atti e comportamenti quello che spesso rimane nell'ambito delle parole.
Sinistra Critica, ovviamente, continuerà la sua battaglia e la sua costruzione indipendente fino a quando segnali concreti, efficaci e veritieri non verranno dalle altre forze della sinistra di classe. Per noi il modo migliore di far avanzare questa proposta e questa prospettiva è la costruzione dell'unico soggetto che ci crede veramente. Ma siamo e saremo pronti al salto di qualità a condizione che guardi al futuro, che abbia quella dose di innovazione politica che gli studenti dell'Onda hanno reclamato con forza lo scorso autunno, che colga il nodo delle tante soggettività che possono concorrere alla lotta contro il capitalismo e che non faccia sconti di nessun tipo a quest'ultimo, essendo la radice anticapitalista l'unica da cui può fiorire una robusta sinistra di classe.

Manifestazione nazionale NO VAT 2009
autodeterminazione, laicità, antifascismo, liberazione, cittadinanza
Roma, 14 febbraio `09 - partenza da Piazza della Repubblica, ore 14.00

A ottant´anni dai Patti lateranensi tra Pio XI e Mussolini (11 febbraio 1929), in piena crisi del sistema neoliberista permangono le connivenze tra stato autoritario e Vaticano, vero cuore del Concordato. Decenni di sdoganamento istituzionale del fascismo trovano rispondenza nel revisionismo di Ratzinger su Pio XI e Pio XII, complici del fascismo, del nazismo e della deportazione ed eliminazione di donne e uomini considerati “diversi”.
Stipulati per la difesa dei reciproci privilegi, i Patti lateranensi e la loro versione aggiornata nel Concordato dell´84 sono potenti strumenti di controllo. In loro nome la religione cattolica e i suoi simboli continuano ad imperversare, alimentando la logica dello “scontro di civiltà” e un clima in cui autodeterminazione, laicità, ateismo e libertà di pensiero sono stigmatizzati e spesso puniti come atti di terrorismo culturale.
La manifestazione NO VAT - rivendicando autodeterminazione, laicità, antifascismo, liberazione e cittadinanza - ha l´obiettivo di denunciare il progetto di egemonia del Vaticano e la sua funzionalità ad un sistema sessista, fascista e razzista, nonché il suo ruolo nella gestione delle crisi del sistema neoliberista.
Come in un gioco delle parti, in tempi di crisi economica a un welfare differenziale e ridotto all´osso e alla progressiva distruzione di uno stato sociale che, almeno sulla carta, offriva garanzie a tutte e tutti, la chiesa fa eco con “soluzioni” caritatevoli discriminatorie e familiste.
Intanto i tagli all´istruzione e alla sanità pubblica continuano a garantire un incessante flusso di denaro nelle casse di scuole e università confessionali, di cliniche e ospedali cattolici.
La distruzione della scuola pubblica, denunciata dall’“onda studentesca” dell´autunno 2008, ha non solo la finalità di indirizzare altrove le risorse, ma anche quella - ben più grave nei tempi lunghi - di sottrarre alle nuove generazioni gli strumenti di conoscenza, di crescita del senso critico e di conseguente lettura dei meccanismi di potere.
In Italia le associazioni cattoliche ingrassano il portafogli tra interventi sociali e gestione diretta di alcuni CIE - Centri di identificazione ed espulsione - e CARA - Centri d´accoglienza dei richiedenti asilo. Così facendo avallano la gestione securitaria del fenomeno dell´immigrazione e controllano un esercito di riserva di lavoratori e lavoratrici provenienti da altri paesi. E intanto si accaparrano la gestione delle emergenze internazionali per moltiplicare il business: aids, campi profughi, aiuti umanitari.
Sul piano ideologico, le gerarchie vaticane difendono e rafforzano la subordinazione patriarcale di un sesso all´altro, facendo guerra al concetto di gender che decostruisce la “naturalità” dei ruoli tra donne e uomini e portando questa guerra ideologica nell´ambito della loro costante intromissione nelle politiche degli organismi nazionali e internazionali (ONU, Unione
Europea).
Il papato dell´integralista Ratzinger, attraverso il controllo sulla nascita e sulla morte pretende di gestire e ridisciplinare i corpi e le forme di vita; gli anatemi vaticani contro ogni istanza di autodeterminazione vanno di pari passo al moltiplicarsi di ordinanze e divieti di sindaci-sceriffi. La famigliola da pubblicità televisiva è, così, imposta da stato e chiesa come modello unico di rispettabilità e chi non vi corrisponde diventa indecoroso/a quando non addirittura pericoloso/a.
A ottant’anni dai Patti lateranensi, stato e gerarchie vaticane mirano a neutralizzare il conflitto sociale anche producendo nuove marginalità da stigmatizzare e nuovi “scarti” da criminalizzare col pretesto della “sicurezza”.
Sappiamo bene cosa si nasconda dietro queste campagne d´odio: la paura di perdere i privilegi e il potere.
Ma la loro paura non vogliamo pagarla noi!
Alziamo la testa. Diciamo con determinazione che non abbiamo paura di far paura.
Denunciamo le connivenze tra stato e chiesa nella gestione delle politiche securitarie, razziste, transfobiche, lesbofobe, omofobe e misogine e torniamo di nuovo in piazza il 14 febbraio 2009, con la manifestazione NO VAT per
· l´autodeterminazione e la libertà di scelta responsabile in ogni fase della vita;
· l’istruzione pubblica e laica e l’abolizione dell’ora di religione;
· un sistema sanitario pubblico e laico;
· uno stato sociale che risponda alle necessità reali dei diversi soggetti;
· i diritti e la piena cittadinanza di lesbiche, trans, gay e migranti;
· l´eliminazione delle leggi ideologiche dettate dal Vaticano e la cancellazione della legge 40/2004 sulla procreazione medicalmente assistita;
· l’abolizione del Concordato e dei privilegi derivanti (esenzione ICI, otto per mille...).

Coordinamento Facciamo Breccia
www. facciamobreccia.org - adesioni@facciamobreccia.org

sabato 10 gennaio 2009

sabato 17 gennaio - per la Palestina


Sabato 17 gennaio da tutta Italia a Roma per la manifestazione nazionale in solidarietà con i palestinesi di Gaza

E’ stata convocata nella capitale per sabato 17 gennaio da una larghissima coalizione di associazioni e forze politiche una manifestazione nazionale di solidarietà con il popolo palestinese massacrato a Gaza dalle forze armate israeliane. Dopo la prima giornata di mobilitazione nazionale che ha già visto le piazze di quindici città italiane riempirsi di manifestanti a sostegno dei palestinesi lo scorso sabato 3 gennaio, la rete di associazioni attiva da anni per la Palestina ha deciso di passare ad un appuntamento centrale nella capitale politica del paese per far pesare l’indignazione verso il massacro a cui sono sottoposti i palestinesi a Gaza e la condanna della politica filo-israeliana adottata dal governo e –con poche eccezioni - dalla “politica” italiana.

Ridotti all’osso ma determinati gli obiettivi della manifestazione nazionale del 17 gennaio: “Fermare il massacro dei palestinesi a Gaza; basta con l’impunità per il terrorismo di stato israeliano; rompere ogni complicità politica, diplomatica, militare ed economica tra Italia e Israele; denuncia di una informazione che uccide le coscienze così le bome uccidono le persone”.

Alla manifestazione partecipano sia le associazioni storiche della solidarietà con i palestinesi (dal Forum Palestina alle associazioni di amicizia con la Palestina di Firenze, Cagliari, Bologna, Viareggio), i coordinamenti Free Palestine di Torino, Napoli e di Pisa, i sindacati di base RdB/CUB e Cobas, i centri sociali ma ci saranno anche le comunità degli immigrati, siano esse musulmane o no, e gruppi di cristiani di base. Tra le forze politiche PRC, PdCI, Rete dei Comunisti, Sinistra Critica, PCL. Per domenica 11 gennaio a Firenze è previsto un incontro nazionale per decidere i dettagli del corteo.

Info: stopmassacrogaza@libero.it

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