giovedì 16 febbraio 2012

Come finirà sull'articolo 18


Il negoziato tra governo e parti sociali si occuperà dello Statuto dei lavoratori solo alla fine del percorso. Se ne occuperà. E in Cgil e Pd ci si sta preparando a quel momento
Salvatore Cannavò

Si è partiti con il piede giusto. E' questa la reazione, non del tutto scontata della Cgil al nuovo round governo-parti sociali sulla riforma del mercato del lavoro. Un tavolo che si è riunito ieri mattina con la presenza dei nomi ormai soliti: Fornero, Martone, Passera, Grilli, per il governo, Camusso, Bonanni, Angeletti per Cgil, Cisl e Uil, Marcegaglia per Confindustria e poi i rappresentanti delle altre sigle sociali.
Giudizio non scontato perché l'incontro è il primo dopo la polemica del sindacato sulle rivelazioni di Repubblica relative all'incontro segreto tra la stessa Camusso e il premier Mario Monti. Un incontro destinato a siglare un accordo sull'articolo 18 che il segretario della Cgil ha smentito seccamente - accarezzando anche l'idea di querelare il giornale diretto da Ezio Mauro - e che hanno portato di nuovo ai minimi termini i rapporti tra le parti. Ieri invece, il ministro Elsa Fornero ha voluto inviare un segnale di dialogo. "Di articolo 18 si discuterà alla fine, come ultimo punto" ha detto ai suoi interlocutori preferendo fissare nero su bianco i punti su cui invece c'è maggiore accordo. Primo fra tutti l'apprendistato che per Fornero dovrebbe divenire il contratto tipo per assumere i giovani trovando su questo la forte convergenza con i sindacati ma anche con Confindustria.

Ma, se fatti uscire dalla finestra, i problemi rientrano dalla porta. Se infatti l'articolo 18 è destinato a essere l'ultimo punto in agenda - dopo la riunione di ieri è previsto un nuovo incontro lunedì prossimo sugli ammortizzatori sociali - il nodo della riduzione della precarietà e quindi della flessibilità in ingresso è destinato a restare insoluto fino a quando non si capirà come verrà regolata la flessibilità "in uscita". Lo ha spiegato chiaramente Elsa Fornero: "Non ci sarà nessun aut aut" da parte del governo ha detto ai sindacati ma è chiaro che "il tema del riordino dei contratti e delle flessibilità in entrata è subordinato a quello delle flessibilità in uscita". Del resto, è ovvio. Se, ad esempio, l'articolo 18 sparisse di colpo, il problema del contratto a tempo indeterminato non si porrebbe più nei termini attuali. Fornero ha comunque voluto rassicurare gli imprenditori - i quali hanno chiesto che la riduzione della precarietà non si tramuti in maggiori costi per le imprese - sul fatto che la riduzione dei contratti attualmente previsti dalle normative (se ne contano più di 40) "non si farà con l'accetta". Insomma, non sarà una riduzione particolarmente sensibile e, semmai, il governo sembra più intenzionato ad agire rafforzando i controlli, e le sanzioni, sull'uso improprio di quei contratti. Con le attuali ispezioni sul lavoro e con il numero degli accertamenti non sembra essere un impegno molto concreto.
In ogni caso, il negoziato, a sentire tutti i protagonisti, è partito e da qualche parte arriverà. La Cgil si dice soddisfatta anche del fatto di non essersi seduta con un documento delle parti sociali già pronto. Era questa una proposta di Raffaele Bonanni, percepita in Cgil come l'espediente per legare le mani a Susanna Camusso. Che ora, anche rispondendo alle critiche che provengono dal fronte interno della stessa Cgil, non ha intenzione di alzarsi da quel tavolo. Si va fino in fondo, spiegano a Corso Italia, e alla fine si giudicherà il risultato. Anche lo sciopero della Fiom è visto come utile al negoziato complessivo e non va relegato alla tradizionale dialettica conflittuale tra Landini e Camusso che oggi hanno più accordi di quanto fosse avvenuto in passato.
Il problema resta, invece, quello dei rapporti con il Pd. La Cgil si è mossa finora con l'idea di non spaccare quel partito sulle tematiche del lavoro ma dopo l'articolo apparso sull'Unità, a firma anche del responsabile Economia del Pd, Stefano Fassina, che sponsorizzava la proposta di mediazione sull'articolo 18 avanzata dalla Cisl, ognuno sembra rientrare nei propri ranghi. Ora, anche i dirigenti del Pd più vicini al sindacato sembrano voler attendere una mossa da parte della Cgil prima di mettersi sulle barricate. Chi Corso Italia la frequenta da decenni prevede uno scenario di questo tipo: "Alla fine il governo varerà una riforma dell'articolo 18 e la Cgil non l'approverà ma farò appello al Parlamento per non approvare la riforma". Un appello che è stato già accennato la settimana scorsa al presidio unitario di Cgil, Cisl e Uil sulle pensioni. E se la stessa Cgil deciderà di rafforzare la propria mobilitazione - dopo il sostegno allo sciopero del 9 marzo della Fiom - lo deciderà il risultato finale complessivo. Insomma, se prima di arrivare al punto sull'articolo 18 ci saranno risultati giudicati importanti su precarietà e ammortizzatori sociali - che il governo si è impegnato a non modificare per i prossimi 18 mesi - allora la contrarietà sull'articolo 18 potrebbe non essere particolarmente dura. Se ne discuterà già venerdì prossimo alla riunione con i segretari generali di categoria.

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