sabato 30 aprile 2011

Minacce al leader antiradar


“Vi comunichiamo che abbiamo condannato a morte Antonello Tiddia, il minatore rosso”

Poche righe, infarcite di minacce e insulti, scritte a mano con un pennarello rosso e indirizzate alla redazione di Carbonia de L'Unione Sarda. La lettera è stata spedita il 18 aprile da Cagliari da qualcuno che si firma “Nuclei fascisti sociali” e che inneggia al Duce dopo aver annunciato un'azione violenta (“prima lo gambizziamo e poi lo uccideremo”) contro l'operaio della Carbosulcis Antonello Tiddia, 49 anni, in questi giorni in prima linea nell'ambito della protesta contro l'installazione del radar della Guardia di Finanza nella località “Su Semaforu” a Sant'Antioco.
Chi scrive, accusando Tiddia di essere “amico degli indipendentisti e degli anarchici”, fa proprio riferimento a questa battaglia, ma anche a quelle a cui l'operaio ha preso parte negli ultimi anni “contro i radar - si legge - contro le basi militari, nucleare, in difesa di Bruno Bellomonte e come delegato Rsu Carbosulcis, sempre a favore degli operai”. Chi scrive conclude dicendo “Vogliamo vendicare la gambizzazione del camerata Andrea Antonini a Roma”.
I tempi biblici nella consegna della corrispondenza del Sulcis hanno fatto sì che la lettera venisse recapitata in redazione soltanto ieri mattina: è stata immediatamente consegnata ai carabinieri della stazione della Compagnia di Carbonia e sulla faccenda è già stata avviata un'indagine. (s. p.)
Mercoledì 27 aprile 2011
 

Articolo dell'Unione sarda, ho ricevuto minacce

venerdì 29 aprile 2011

Il ritorno della MayDay



Il 1 maggio a Milano il corteo dei precari, studenti, lavoratori e lavoratrici autorganizzati, nativi e migranti.
AteneinRivolta.org
Se oggi sembra socialmente sempre più evanescente qualsiasi prospettiva per il futuro, una certezza ve la possiamo già dare: la nostra generazione sarà quella ricordata per aver subito in pieno il processo di precarizzazione di massa.
Un processo che passa sicuramente dall’introduzione dei contratti a tempo determinato nel mondo del lavoro, ma che è evidente, come dimostrano le lotte dei lavoratori portate avanti negli ultimi anni, si sta allargando anche a coloro che hanno un contratto indeterminato, che vedono il loro diritto al lavoro minacciato dalle politiche supportate dalle aziende e dal Governo e spacciate per risolutrici della situazione di crisi.
I referendum Fiat sono gli esempi evidenti di questo processo di precarizzazione di massa: avere un contratto fisso non salva dalla precarietà, l'uso indiscriminato della cassa integrazione non rende forse sempre più simile un lavoratore fiat a un co.co.pro?

Hamas e Anp, le reazioni all'accordo


La stampa si concentra sull’accordo di riconciliazione nazionale tra le due fazioni palestinesi. Un governo di tecnocrati e indipendenti fino alle elezioni, previste entro un anno. Nuovo incontro al Cairo la prossima settimana
da Nena News
Gerusalemme, 28 aprile 2011 (a cura della redazione di Nena News)–
Non si parla di altro da ieri sulla stampa sia israeliana che palestinese, ma anche su gran parte della stampa internazionale; l’incontro delle due leadership palestinesi nella capitale egiziana, da una parte Azzan al Ahmed, membro del comitato centrale di Fatah, dal’altra, il leader dell’ufficio politico di Hamas a Damasco, Mousa Abu Marzouk.
Un governo di transizione fatto di “tecnocrati” e figure indipendenti (ma probabilmente senza la presenza dell’attuale Primo Ministro Salam Fayyad), elezioni entro un anno (legislative, cioè del Consiglio Nazionale Palestinese, presidenziali e del parlamento dell’OLP, quello cioè rappresentativo anche dei rifugiati, che dovrebbe subire una ristrutturazione) e intesa sulla questione sicurezza e sul rilascio del prigionieri politici da entrambi le parti. Su queste tre linee principali è stato siglato in prima lettura l’accordo, secondo quanto confermato questa mattina da Mahmoud Zahar, ex ministro degli esteri del governo palestinese di Gaza: le due fazioni si recheranno di nuovo al Cairo la prossima settimana per la firma definitiva, alla presenza dei rappresentanti di entrambi le parti e di figure politiche indipendenti. Lo stesso Zahar ha precisato che il programma di intesa, non include alcun tipo di negoziato con Israele da parte del governo ad interim.
Da questa mattina la stampa palestinese ha anche diffuso più nel dettaglio alcuni elementi chiave dell’accordo: verrà cioè nominata congiuntamente una commissione elettorale centrale e un comitato di 12 giudici che supervisionerà le elezioni. Anche in merito alla sicurezza nazionale, un comitato congiunto di difesa nazionale, sarà a capo delle forze di sicurezza palestinese.

Draghi e Cavalieri

Il governatore della Banca d'Italia potrebbe approdare alla Bce. Berlusconi si toglie un rivale interno con il rimpianto di molti. Eppure Draghi è il miglior sostenitore della linea "lacrime e sangue" quella che ha tramortito questo Paese
Salvatore Cannavò
In gran parte dei conciliaboli e delle segrete speranze dell'ampio antiberlusconismo italiano, la figura di Mario Draghi rappresenta da sempre una speranza. Una sua candidatura contro il Cavaliere costituirebbe il segno del riscatto italiano, la prova di un paese che sa ancora offrire figure di "civil servant" in grado di ridare smalto alla cosa pubblica. Ribaltando lo schema medievale, in questo caso i "draghi" sarebbero assolutamente migliori dei "cavalieri", soprattutto sul piano etico. E Draghi non ha mai smentito questa aura che gli si è costruita intorno e che ha avuto un illustre precedente, nel 1993, con un governo, anche allora guidato da un ex Governatore della Banca d'Italia, quello di Carlo Azeglio Ciampi. Un "governo degli ottimi" così rimpianto che il suo presidente è finito poi a fare il Presidente della Repubblica.

mercoledì 27 aprile 2011

L'Italia è già in guerra

I Predator, gli aerei senza pilota che il Pentagono ha destinato per le operazioni di bombardamento in Libia, operano da Sigonella. La notizia, filtrata nei giorni scorsi su alcuni quotidiani statunitensi, ha trovato l’autorevole conferma dell’International Institute for Strategic Studies (IISS) di Londra
Antonio Mazzeo
Operano da Sigonella gli aerei senza pilota UAV MQ-1 Predator che il Pentagono ha destinato per le operazioni di bombardamento in Libia. La notizia, filtrata nei giorni scorsi su alcuni quotidiani statunitensi, ha trovato l’autorevole conferma dell’International Institute for Strategic Studies (IISS) di Londra. Secondo l’ultimo rapporto del centro studi sulle unità alleate impegnate nell’operazione “Unified Protector”, meno di una settimana fa due squadroni dell’US Air Force con velivoli Predator sono stati schierati nella base siciliana. Un drone è stato utilizzato la prima volta sabato 23 aprile per distruggere una batteria di missili libici nei pressi del porto di Misurata; un secondo raid è stato sferrato invece a Tripoli nella tarda mattinata del 24 contro un sistema anti-aereo “SA-8”. Quest’ultimo attacco avrebbe subito un ritardo sulla tabella di marcia stabilita dagli operatori di terra del Predator. “Nei pressi della postazione missilistica sorge un campo di calcio dove era in corso un incontro di football tra numerosi civili”, riporta una nota del comando NATO per le operazioni di guerra in Libia. “L’attacco è stato eseguito solo dopo che tutte le persone si erano allontanate dall’area suddetta”.

martedì 26 aprile 2011

Nucleare, Berlusconi confessa l'imbroglio


Quanto accaduto in Giappone «ha spaventato gli italiani, come dimostrano anche i nostri sondaggi» e la decisione di una moratoria sul nucleare è stata presa anche per permettere all'opinione pubblica di «tranquillizzarsi»: un referendum ora avrebbe portato ad uno stop per anni del nucleare in Italia.

Il premier Silvio Berlusconi parla chiaramente durante la conferenza stampa del summit italo-francese. Nessun ripensamento sull’atomo, solo la scelta di scippare l’Italia della possibilità di decidere.

Ecco infatti la confessione. «Siamo assolutamente convinti che l'energia nucleare sia il futuro per tutto il mondo». Anzi, è un «destino ineluttabile» «Dobbiamo acquisire tutta l'energia dall'estero e questo grava sulle famiglie italiane per i costi. Se noi oggi fossimo andati a quel referendum non si sarebbe più parlato di nucleare».

Una famiglia "umana" per Vittorio

Piu' di mille a salutare Vittorio Arrigoni a Bulciago, dove si é svolto il funerale. "Grazie Vik", recita la moltitudine della “famiglia umana”, quella in cui l'attivista e giornalista italiano credeva. Collegamenti video anche da Ramallah e da Gaza. Assenti le istituzioni italiane
da Nena News
Roma, 24 aprile 2011, Nena News – Un applauso lungo 10 minuti all’arrivo del feretro e una grande scritta: “Grazie Vik”. Sono partiti questa mattina all’alba da tutta Italia, i pullman organizzati in modo spontaneo da quanti hanno voluto essere a Bulciago, in provincia di Lecco, per dare l’ultimo saluto a Vittorio Arrigoni, l’attivista, pacifista e giornalista ucciso nella Striscia di Gaza la scorsa settimana. Per essere lì a ricordare un compagno, un amico, Vik-Utopia. Dopo giorni di manifestazioni, presidi, fiaccolate e sit-in che si sono svolti da Nord a Sud. Oltre in mille, molti assiepati nella palestra comunale troppo piccola per contenere tutti; , altri fuori, sul prato per seguire la cerimonia con gli altoparlanti.

sabato 23 aprile 2011

I precari fanno sciopero

Il documento conclusivo degli Stati generali contro la precarietà riuniti a Roma il 16 e 17 aprile. Prossimo appuntamento la MayDay di Milano
Immaginate se un giorno i call center non rispondessero alle chiamate, se i trasporti non funzionassero, se le case editrici che sfruttano il lavoro precario fossero bloccate, se le fabbriche chiudessero, se la rete ribollisse di sabotaggi, se gli hacker fermassero le reti delle grandi aziende, se i precari si prendessero la casa che non hanno, gli spazi che gli sono negati. Immaginate se i precari e le precarie incrociassero le braccia, diventassero finalmente protagonisti e dimostrassero che sono forti: il paese si bloccherebbe. È così che immaginiamo lo sciopero precario, che è stato al centro della terza edizione degli Stati Generali della Precarietà, che si sono tenuti a Roma dal 15 al 17 aprile. Centinaia di precari e precarie ne hanno discusso, per fare sì che uno sciopero precario non sia più un ossimoro, cioè un'espressione che contiene due parole
inconciliabili tra loro: sciopero e precario. Perché si sa, i precari non possono scioperare: sono soggetti a ricatti troppo grossi, hanno interiorizzato la sconfitta e la sottomissione al volere delle aziende, sono addirittura i datori di lavoro di se stessi, sono ricattati dal contratto di soggiorno per lavoro e dal razzismo istituzionale. Non vorranno davvero osare ciò che nessuno riesce nemmeno a immaginare. Eppure... eppure a Roma abbiamo parlato di come riprenderci il diritto allo sciopero, di come usarlo per esigere un nuovo welfare del desiderio e non solo del necessario, che deve basarsi sul reddito incondizionato e universale, slegato dalla prestazione lavorativa, su una flessibilità scelta e non imposta, sull'accesso ai beni comuni, ai nuovi diritti e ai servizi per tutte/i, sul permesso di soggiorno slegato dal contratto di lavoro. Si tratta di una questione di libertà di scelta, di uscita dal ricatto della precarietà, di immediata redistribuzione della ricchezza. Abbiamo parlato di utopia, rifiuto, cooperazione, libertà di movimento. Una cosa è chiara a tutte/i: il tempo di quella che abbiamo chiamato “narrazione della sfiga” è finito. La condizione precaria è sotto gli occhi di tutti, non c'è più bisogno di parlare dei nostri problemi individuali. È ora di passare all'attacco per dimostrare che la precarietà può fare male non solo a chi la subisce ma anche a chi la sfrutta. Dalla narrazione si deve passare all'esplosione della rabbia precaria.

venerdì 22 aprile 2011

FUGA DAI REFERENDUM


STEFANO RODOTÀ. La Repubblica, Venerdì 22 aprile 2011
Ogni giorno ha la sua pena istituzionale. Davvero preoccupante è l'ultima trovata del governo: la fuga dai referendum. Mercoledì   si è voluto cancellare quello sul nucleare.
Ora si vuole fare lo stesso con i due quesiti che riguardano la privatizzazione dell'acqua. Le torsioni dell'ordinamento giuridico non finiscono mai, ed hanno sempre la stessa origine. È del tutto evidente la finalità strumentale dell'emendamento approvato dal Senato con il quale si vuole far cadere il referendum sul nucleare.
Timoroso dell'"effetto Fukushima", che avrebbe indotto al voto un numero di cittadini sufficiente per raggiungere il quorum, il governo ha fatto approvare una modifica legislativa per azzerare quel referendum nella speranza che a questo punto non vi sarebbe stato il quorum per il temutissimo referendum sul legittimo impedimento e per gli scomodi referendum sull'acqua. Una volta di più si è usata disinvoltamente la legge per mettere il presidente del Consiglio al riparo dai rischi della democrazia.
Una ennesima contraddizione, un segno ulteriore dell'irrompere continuo della logica ad personam. L'uomo che ogni giorno invoca l'investitura popolare, come fonte di una sua indiscutibile legittimazione, fugge di fronte ad un voto dei cittadini.

Giù le mani dai referendum sull'acqua


Mentre tentano lo scippo del referendum sul nucleare – scippo tutto da verificare, visto che devono ancora pronunciarsi un ramo del Parlamento e la Corte di Cassazione – , il Governo e i poteri forti di questo Paese vogliono provare a fare lo stesso con i due referendum sull'acqua.
Alle tuonanti dichiarazioni di ieri del Presidente di Federutility, Roberto Bazzano, che ha chiesto espressamente un intervento legislativo per fermare i referendum sull’acqua, risponde oggi il ministro Romani con l’apertura ad un approfondimento legislativo ad hoc.
A Governo, Federutility e Confindustria diciamo chiaramente : “Non ci provate, giù le mani dai referendum!”.
I referendum sull’acqua hanno ottenuto le firme di un milione e quattrocentomila cittadini. Una straordinaria mobilitazione che chiede l'uscita dell'acqua dal mercato e dei profitti dall'acqua. Che vuole la tutela condivisa di un bene comune essenziale e di un diritto universale. Che rivendica il proprio diritto a decidere in prima persona.
Un grande movimento che non permetterà alcuno scippo dell’acqua e della democrazia. Perché solo la partecipazione è libertà.

 Roma 21-04-2011

Da: www.acquabenecomune.org

mercoledì 20 aprile 2011

Il governo fa marcia indietro sul nucleare

Presentato un emendamento al Senato per cancellare le disposizioni già approvate in materia di centrali nucleari in modo da far saltare la consultazione referendaria. Per Greenpeace è una "furbata"
++ NUCLEARE: STOP GOVERNO A REALIZZAZIONE CENTRALI ++
Il Governo ha deciso di soprassedere sul programma nucleare ed ha inserito nella moratoria già prevista nel decreto legge omnibus, all'esame dell'aula del Senato, l'abrogazione di tutte le norme previste per la realizzazione di impianti nucleari nel Paese.
L'emendamento all' articolo cinque del decreto omnibus, presentato direttamente in Aula in mattinata e non inserito nel fascicolo degli emendamenti prestampati, afferma che «al fine di acquisire ulteriori evidenze scientifiche, non si procede alla definizione e attuazione del programma di localizzazione, realizzazione ed esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare». L'emendamento, presentato all' ultimo momento, nelle intenzioni del governo avrebbe l'effetto di superare il referendum sul nucleare fissato a giugno e temuto dalla maggioranza.

martedì 19 aprile 2011

Obama non convince l'America


Il 57% degli statunitensi non approva la politica economica del loro presidente e più del 70% dei lavoratori ha paura che la propria condizione sia destinata a peggiorare. Intanto Obama prepara una storica riduzione del deficit
Il 57% degli americani non condivide le scelte del presidente degli Stati Uniti Barack Obama sull'economia: è quanto rivela un sondaggio Washington Post-Abc all'indomani del monito di S&P sui conti pubblici americani, e a circa un anno e mezzo delle elezioni presidenziali Usa del novembre 2012. In realtà le indicazioni del sondaggio, con una percentuale di approvazione complessiva del 47% (in calo di sette punti da gennaio), sono meno catastrofiche di quello che sembra, perchè l'entusiasmo nei confronti dei (potenziali) avversari repubblicani di Obama è veramente scarso. Solo Mitt Romney, ex governatore del Massachusetts, è sopra il 10% delle intenzioni di voto alla primarie assestandosi al 16%. Il miliardario Donald Trump è all'8%, Mike Huckabee, ex governatore dell'Arkansas è al 6%, Sarah Palin, ex candidata vicepresidente supera a malapena il 5%. E tutti loro perderebbero nettamente contro Obama. Non è una sorpresa: a preoccupare gli americani è soprattutto il prezzo della benzina, che mediamente si sta avvicinando ai 4 dollari a gallone, un livello che ad aprile non si vedeva da 20 anni a questa parte. Più genericamente, quasi la metà degli intervistati pensa che l'economia peggiorerà (44%), ed oltre un americano su tre (37%), teme un aumento dell'inflazione. L'indicazione più negativa riguarda infine il mercato del lavoro: il 78% degli intervistati è convinto che la situazione peggiorerà nell'area in cui vive.
Obama, dal canto suo, è impegnato in un piano draconiano di riduzione del deficit senza il quale, ha detto oggi, si potrebbero verificare "seri danni alla nostra economia". Per questo, ha detto il presidente degli Stati Uniti, servono «sacrifici condivisi e responsabilità condivise».
Leggi qui il discorso di Obama sul deficit

Cuba, una prima valutazione del Congresso


Corrispondenze
Si sta svolgendo a Cuba il congresso del Pcc, atteso dal 1997. Ma la relazione e le proposte formulate in apertura da Raul castro non affrontano neppure una delle questioni fondamentali in campo.
Antonio Moscato
A Cuba il Congresso del PCC tanto atteso (l’ultimo c’era stato nel 1997) è cominciato con una parata militare e una grande sfilata di popolo analoga a quella del 1° maggio. La motivazione di questo insolita premessa era il cinquantesimo anniversario della battaglia di Playa Girón, con cui è stato fatto coincidere l’inizio del congresso. Si potrebbe obiettare che a distanza di appena due settimane da quella tradizionale la mobilitazione, preparata con settimane di prove, e organizzata con grande dispendio di mezzi per assicurare la partecipazione “spontanea” di lavoratori e studenti, non era indispensabile ed ha rappresentato uno sforzo economico insopportabile per un paese che conosce grandi difficoltà. Il congresso comunque durerà solo tre giorni, ma non è poco, se si pensa che deve “decidere” praticamente solo quello che il governo ha già cominciato a realizzare da molti mesi. Il dibattito è stato preparato da una consultazione in cui sono emerse 600.000 proposte di modifiche alle tesi, che è stata presentata come il massimo della partecipazione democratica; ma in realtà era solo uno sfogatoio, o al massimo un sondaggio a disposizione dei dirigenti, dato che non era possibile raggruppare le proposte e il dibattito su emendamenti o tesi alternative.
La relazione di Raúl Castro ha precisato che dei 291 punti originali 94 hanno mantenuto la stesura originaria, 181 sono stati modificati, mentre 16 sono stati fusi con altri e 36 aggiunti, portando il totale a 311. Difficile capire dalla relazione i criteri, soprattutto se si precisa che “questo processo si è basato sul principio di non far dipendere la validità di una proposta dalla quantità di opinioni che l’hanno appoggiata”. Già è singolare: se ci fosse stata una maggioranza che voleva capovolgere una proposta? Non contava? Raúl aggiunge che alcuni punti sono stati modificati partendo dalla proposta di una sola persona, mentre altri suggerimenti non sono stati accolti “in questa tappa”, perché “si vuole approfondire la tematica, o perché mancano le condizioni richieste”, ma in altri casi “per non entrare in aperta contraddizione con l’essenza del socialismo”. Il caso riguarda 45 proposte che hanno chiesto di permettere la concentrazione della proprietà”. Sic! Mica male per un congresso di un partito comunista…

venerdì 15 aprile 2011

I guai della Fiom

I guai della Fiom


A Melfi i delegati vogliono firmare l'intesa con la Fiat sui ritmi produttivi. Alla Bertone c'è il muro dell'azienda e Camusso riapre il dialogo con Confindustria
Salvatore Cannavò
da Il Fatto quotidiano
Segnali distensivi tra Cgil e Confindustria, mentre la Fiom soffre per gli scricchiolii interni. È una giornata movimentata nelle relazioni sindacali quella di ieri: l’incontro di Susanna Camusso con Emma Marcegaglia; l’accelerazione impressa da Fiat e Fim, Uilm, Fismic alla vertenza sulla ex Bertone; la lettera con cui 11 delegati Fiom su 18 hanno chiesto al sindacato di Maurizio Landini di firmare l’accordo in azienda sui ritmi di lavoro e le pause tanto contestato nei mesi scorsi.
Susanna Camusso ed Emma Marcegaglia si sono viste al mattino, nella foresteria della Confindustria di via Veneto. Incontro molto positivo, raccontano. Le due dirigenti si sono viste più volte negli ultimi mesi, e ancora lo faranno dopo lo sciopero del 6 maggio. Alla leader degli imprenditori, il segretario della Cgil ha illustrato il suo progetto di riforma della contrattazione, anche se non è ancora definitivo visto che sarà il direttivo nazionale del 10 e 11 maggio ad approvarlo. Niente deroghe ma contratti nazionali più leggeri per dare fiato al secondo livello e soprattutto una riforma della rappresentanza che certifichi i sindacati rappresentativi e introduca una forma di esigibilità degli accordi: una volta siglate le intese, insomma, i contratti si rispettano e niente scioperi. Non è un caso che proprio sulla rappresentanza si sia soffermata la chiacchierata con Marcegaglia che ha ascoltato con attenzione le idee di Camusso anche se entrambe hanno riconfermato le divergenze sul modello contrattuale del 2009 siglato solo da Cisl e Uil. Quel modello, però, sta per scadere ed è stata la stessa Confindustria qualche mese fa a dirsi disponibile a “fare il tagliando” all’intesa. Ieri Camusso ha spiegato a Marcegaglia che la Cgil quel tagliando è pronta a discuterlo. Tanto più se la linea sindacale che nella Cgil ha fatto finora ombra alla segreteria nazionale, cioè quella della Fiom, comincia a subire degli scricchiolii.

Una morte che pesa come una montagna

La perdita di Vittorio Arrigoni è enorme e straziante. Ma dobbiamo rispondere con forza che non ci faremo terrorizzare, che continueremo il nostro impegno a fianco della resistenza palestinese.
di Piero Maestri 
L’uccisione di Vittorio Arrigoni è una di quei fatti che ti prende lo stomaco e ti lascia senza fiato: perché Vittorio era una bella persona, per le modalità in cui è avvenuta, per le tragiche conseguenze che avrà, oltre al fatto in sé, per la Palestina e i palestinesi.
Vittorio è stata una presenza importante in questi ultimi anni, da quando aveva deciso di rimanere a Gaza (unico italiano) durante l’offensiva israeliana denominata “Piombo fuso”, nel dicembre 2008/gennaio 2009. Le sue testimonianze dalla Striscia di Gaza sottoposta ad un feroce e criminale bombardamento erano per noi una delle poche fonti “dal basso” che ci raccontavano la realtà della violenza che subisce quotidianamente la popolazione palestinese.

mercoledì 13 aprile 2011

La Primavera dell'Acqua a Beinette


dal blog Tavolo Associazioni del Cuneese

Più di 250 persone hanno partecipato alla marenda sinoria domenica 10 aprile a Beinette, di queste circa 200 hanno effettuato la camminata pomeridiana ed un centinaio sono state presenti fin dal mattino. Una stupenda giornata di sole che ci ha permesso di apprezzare i dipinti della Pieve di Santa Maria e della cappella dell’Annunziata e di scoprire la natura degli stupendi PERCORSI D’ACQUA predisposti dalla associazione TERRA DEI BAGIENNI.
Comitato Referendario Cuneese 2 Sì per l’Acqua Bene Comune.

martedì 12 aprile 2011

Fuori i fascisti dall'università.

UNIVERSITA LA SAPIENZA -ROMA
In data odierna era prevista nella Facoltà di Giurisprudenza del nostro ateneo un'iniziativa sul “presunto” diritto all'abitare, promossa da Azione Universitaria, i cui relatori erano l’ass. regionale Buontempo de "La Destra", missino della prima ora, e l‘ass. comunale Antoniozzi, invischiato nello scandalo di Affittopoli.
In 200 tra studenti e studentesse del nostro ateneo, abbiamo democraticamente allestito un presidio sonoro contestando pacificamente lo svolgimento dell'evento e smacherando la vera cultura politica alla base delle organizzazioni promotrici. Il governo della città e della Regione Lazio già da tempo cercano di legittimare le loro politiche razziste e la loro empasse sui temi sociali cercando legittimità grazie alle loro organizzazioni giovanili. L’università è però il luogo del sapere critico e del dissenso, non è uno spazio neutro né tantomeno un luogo al servizio dei partiti di governo che della distruzione della formazione pubblica hanno fatto la loro bandiera.
Cosa altrettanto grave è il fatto che l’Ateneo della Sapienza abbia messo a disposizione finanziamenti per l’iniziativa, che, nonostante questo, è andata praticamente deserta. Evidentemente la cultura democratica dell’università ha dimostrato che nessuna agibilità sarà mai concessa a neofascisti, speculatori e palazzinari.
Il risultato di oggi rappresenta un ulteriore passaggio verso la riappropriazione di un Welfare universale e un effettivo Diritto allo Studio, partecipato, costruito e praticato da quei soggetti che lottano quotidianamente dentro e fuori le università.
NESSUNO SPAZIO A FASCISTI E PALAZZINARI!
CASA E DIRITTI PER TUTTI/E!
STUDENTI E STUDENTESSE DELLA SAPIENZA

Tornano i roghi di libri


La deputata Gabriella Carlucci propone una Commissione parlamentare d'inchiesta contro i llibri scolastici "comunisti" che esaltano i personaggi dell'opposizione e infangano Silvio Berlusconi.
Dopo i giudici, anche i libri di testo contro Silvio Berlusconi. Secondo 19 deputati del Pdl, capitanati da Gabriella Carlucci, i testi scolastici di storia, su cui studiano migliaia di ragazzi, nasconderebbero «tentativi subdoli di indottrinamento» per «plagiare» le giovani generazioni «a fini elettorali» dando «una visione ufficiale della storia e dell'attualità asservita a una parte politica», il centrosinistra, «contro la parte politica che ne è antagonista», ossia il centrodestra. Di fronte a questa situazione definita «vergognosa», secondo i parlamentari del Pdl, il parlamento «non può far finta di non vedere» e per questo chiedono, attraverso una proposta di legge, l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta «sull'imparzialità dei libri di testo scolastici».

Liberiamo l'Italia dal nucleare


Il 15, 16 e 17 aprile mobilitazione nazionale di Legambiente contro l'energia nucleare: "Non esistono centrali sicure, dobbiamo scongiurare la possibilità che vengano costruite nel nostro Paese"
da www.legambiente.it
Il 15-16-17 aprile mobilitazione nazionale per informare i cittadini italiani sui rischi del nucleare e sulla necessità, per il futuro del nostro Paese, di andare a votare SI al referendum del 12 e 13 giugno.
Non esiste nucleare sicuro, l'incidente alla centrale di Fukushima in Giappone ce lo conferma drammaticamente. Atomo insicuro
Ora più che mai siamo chiamati a sollecitare urgenti riflessioni sull’opportunità di avviare in Italia una nuova stagione nucleare. Ora più che mai dobbiamo raggiungere convicere il maggior numero di cittadini ad esprimere parere contrario all'uso dell'energia nucleare nel nostro Paese.
In queste giornate di molitazione nazionale 15 - 16 - 17 aprile, vogliamo ricordare l' incidente di Cernobyl: dopo 25 anni le immagini mai dimenticate di quell'avvenimeto drammatico, sono fortemente rievocate dall'incubo nucleare che sta vivendo il Giappone e tenendo con il fiato sospeso il resto del mondo.
Cosa deve succedere ancora perche' i governi si convincano che la strada del nucleare va abbandonata?
Il 15, il 16 e il 17 aprile scendiamo in piazza e mostriamo tutta la nostra convinzione e determinazione: in italia il nucleare non lo vogliamo! E' una fonte di energia pericolosa, costosa e obsoleta. Chiediamo investimenti per un futuro energetico pulito e sicuro. Le fonti rinnovabili sono la risposta che cerchiamo per uscire dalla dipendenza del petrolio, per combattere i mutamenti climatici e la crisi economica.
Insieme alla maggioranza degli italiani, come già è accaduto nel referendum del 1987, facciamo sentire la nostra voce!

Come raccontare il conflitto sociale


Sabato 9 e domenica 10 aprile si sono riunite a Roma oltre 30 realtà della comunicazione indipendente, per dare vita a nuovi progetti comuni. C'eravamo anche noi con la nostra esperienza del megafonoquotidiano.it e della casa editrice Alegre
Checchino Antonini (Da Liberazione.it)
«Noi siamo riusciti ad andare sulle prime pagine di tutti i giornali ma non è servito a nulla. Ci è mancata una sponda politico-sindacale», dice Alessandra Carnicella dell'Eutelia, due anni di vertenza e nessun risultato eccetto la beffa feroce di una recentissima condanna per 12 suoi colleghi a tre mesi (o quasi 8mila euro) per l'occupazione degli uffici. La solitudine dell'Eutelia, alla faccia della buona stampa, è la stessa dei protagonisti dell'Isola dei cassintegrati, da un anno e mezzo all'Asinara con picchi d'ascolto nel prime time ma nel vuoto pneumatico del territorio in cui vivono e vorrebbero lavorare. Chi l'ha detto che le lotte non fanno notizia? Il problema è che o vengono mistificate (le vertenze contro inutili e devastanti opere vengono travisate come rivolte Nimby) o scontano un «racconto compassionevole - dice Rossella Lamina, ufficio stampa dell'Usb - o devono superare la soglia della notiziabilità». Ossia salire su un tetto, una gru, prossimamente una nuvola. Ma poi non sono più la stessa cosa. Sono spettacolo. E, in quello spettacolo il «conflitto viene simulato» (Paolo Di Vetta dei Bpm) e la crisi viene «naturalizzata, diventa spazio costituente», avverte Francesco Piobbichi di controlacrisi.org, che riscrive i rapporti di forza.

giovedì 7 aprile 2011

La rivoluzione vista da vicino

Viaggio del Social forum mondiale in Tunisia dove la cacciata di Ben Ali non ha fermato il bisogno di cambiamento. Agli europei viene chiesto di annullare il debito e di restituire i beni sottratti dal dittatore tunisino
Gippo Mukendi di ritorno da Tunisi
Si è concluso martedì 5 aprile il viaggio in Tunisia organizzato nell'ambito del Social forum mondiale cui ha preso parte anche una folta delegazione italiana. Tra i partecipanti anche Gippo Mukendi che ha scritto questo sintetico resoconto.
Il viaggio in Tunisia è stato piuttosto intenso sotto ogni punto di vista. La delegazione del Forum sociale mondiale era composta da nove paesi: Italia (12 presenti); Francia (Fondation Frantz Fanon); Belgio; Grecia; Marocco (associazione per i diritti umani); Spagna; Costa d'Avorio; Senegal (diverse associazioni); Brasile (due membri della Cut).
1° giorno: venerdì 1°aprile, è cominciato a Tunisi con un'assemblea nella sede del sindacato UGTT organizzata dal Forum sociale maghrebino. Si tratta di una realtà nella quale ha un forte ruolo la componente di sinistra dell'UGTT che nei fatti ha organizzato assieme alla Ligue des droits de l'hommes i diversi incontri in Tunisia. Tra gli interventi più interessanti quello di Fethi Ben Ali Deck, coordinatore del lavoro internazionale dell'Ugtt, che ha sottolineato la necessità di continuare il processo rivoluzionario di fronte a coloro che vorrebbero bloccare la transizione in corso senza porre al centro la questione sociale; quello di un giovane studente tunisino che ha fatto il quadro della situazione tra i giovani tunisini ponendo al centro la lotta per il lavoro e il carattere sociale della rivoluzione oltre che l'importanza della difesa delle conquiste democratiche che rappresentano una vera e propria liberazione; l'intervento di una esponente di Attac-Tunisia ha insistito sul ruolo fondamentale delle donne nel processo rivoluzionario e ha posto il problema della solidarietà internazionale sottolineando l'importanza della campagna per l'annullamento del debito e per il congelamento e la restituzione dei beni sottratti da Ben Ali e dalla sua cricca alla collettività. Da sottolineare altri due interventi dell'Associazione des Femmes Démocrates che hanno sottolineato l'importanza di difendere lo statuto delle donne che gli islamisti (salafiti in particolare) vorrebbero abrogare.
Dopo l'incontro, il tempo di vedere l'animata place Burghiba, vera e propria nuova agorà della capitale, e il tempo di vedere l'avvio della manifestazione della cosiddetta Casbah si è subito partiti per Kasserine.

mercoledì 6 aprile 2011

E' ancora il 6 aprile

A due anni dal sisma ci sono ancora 38.078 cittadini assistiti, una montagna di macerie raccolte al ritmo di 600 tonnellate al giorno: ci vorranno 20 anni per rimuoverle
di Manuele Bonaccorsi e Marianna De Lellis

La logica è sempre la stessa, quella dell’emergenza, iniziata due anni fa, la notte del 6 aprile 2009: poteri straordinari, commissari straordinari, ordinanze di urgenza, decreti commissariali. Per un anno L’Aquila è stata governata così, dal proconsole Guido Bertolaso, mettendo il turbo a un miliardo di euro di appalti, quelli del Piano C.a.s.e., le new town rivendute in decine di conferenze stampa e trasmissioni tv da Berlusconi e i suoi ministri. Anche oggi L’Aquila vive su ordinanze e decreti, firmati dal nuovo commissario Gianni Chiodi e i dai suoi collaboratori, Antonio Cicchetti (vice commissario) e Gaetano Fontana (responsabile della struttura tecnica di missione), tutti di nomina strettamente governativa. Solo che lo snellimento burocratico rivendicato da Bertolaso oggi è diventato un pletora di norme, spesso in contraddizione tra loro, incomprensibili, aggrovigliate (tanto che il commissario ha dovuto creare un “testo unico” dei suoi 51 decreti nati su altrettante ordinanze, piene di rimandi e modifiche). La burocrazia ha preso il sopravvento, e a due anni dal sisma la ricostruzione vera, quella “pesante”, che riguarda le case gravemente danneggiate, non è ancora iniziata. Né è prossima a partire. A giugno dovrebbero scadere i tempi per la presentazione delle domande di ricostruzione ma tutti sanno che la scadenza sarà prorogata, almeno fino a dicembre 2011. Quanto al centro storico, uno che se ne intende, il presidente dell’Ordine degli ingegneri, la mette così: «Siamo all’asilo e voi volete parlare dell’università...».

Ritorno a Manduria

Ritorno a Manduria

Reportage dalla tendopoli pugliese dove i migranti tunisini vengono tenuti a bada in disprezzo del diritto e in condizioni spesso inumane
Gianni De Giglio da Manduria
Dopo la manifestazione di sabato scorso, con i migranti tunisini usciti dal campo al grido di "libertè, liberté", siamo tornati a Manduria. Grazie alla protesta, che ha permesso ai migranti di sostare davanti al campo senza filtri della polizia, trascorrere qualche ora lì ti permette di incontrare e conoscere i tunisini, parlare con loro e rendersi conto in prima persona di come stanno vivendo questi giorni.

domenica 3 aprile 2011

Tunisia, la rivolta è qui

Tunisia, la rivolta è qui

A Manduria l'improvvisa rivolta dei migranti che escono in corteo dalla tendopoli al grido di "Liberté"

Gianni De Giglio
da Manduria

Che ci fosse un malumore tra i migranti e che avessero deciso di scappare era evidente a tutti ma forse non ci si aspettava quello che è successo verso le 6 del pomeriggio.

Durante il sit-in nella piazza di Manduria, a cui hanno partecipato poche centinaia di persone, una parte composta da reti e collettivi antirazzisti critici per la gestione della manifestazione, hanno raggiunto la tendopoli. Lì ci si è avvicinati alle reti per dare solidarietà ai migranti, quando in pochi minuti sono usciti dalla tendopoli recintata in tanti (1000?, 1500? non saprei!). sapevano bene cosa rivendicare: libertà e asilo politico, possibilità di viaggiare verso il nord italia ed europa.

La polizia non ha fatto resistenza; era un onda in piena di fronte alla quale hanno avuto la capacità di farsi da parte e lasciarli lungo la strada provinciale. Un bel segnale di rivendicazione dei propri diritti legato a forme di protesta ragionate. Gran parte di loro, impossibile rendersi conto in quanti, sono rimasti lì davanti alla tendopoli e dopo un pò hanno deciso di rientrare. Difficile capire se abbiano approfittato anche per scappare ma con questa rivolta "pacifica" hanno dimostrato di non accontentarsi in nessun modo della precarietà in cui vivono. In Tunisia hanno iniziato a conquistarsi la libertà e quando arrivano in italia non possono rimanere indifferenti al trattamento che subiscono. Non si accontentano di fare una semplice richiesta di asilo politico (semmai sarà presa in considerazione!), di ricevere un permesso temporaneo di uscita per 12 ore ed essere poi costretti a rientrare, come se fossere agli arresti in libertà temporale e vigilata, dato che i paesi di Manduria e Oria sono pieni di polizia e carabinieri. Iermattina verso le 12 hanno riportato indietro due pullaman di migranti che hanno ripreso dalle strade di campagna, perchè non avevano con sè il foglio di permesso d'uscita.

Quello che è successo ieri pomeriggio è servito anche anche ad organizzare per la prima volta davanti la tendopoli una riunione tra collettivi e reti antirazziste provenienti da quasi tutta la Puglia, dalla quale è emersa non solo la critica alla "parata" del primo pomeriggio di Nichi Vendola, (in molti hann critica la "passerella" e ribadito che sarebbe stato più opportuno fare un corteo verso la tendopoli), ma anche la volontà di organizzare una forma di coordinamento.

sabato 2 aprile 2011

Quella portaerei di nome Sicilia

Quella portaerei di nome Sicilia

I marines di Sigonella, l’aviazione italiana di Trapani, i depositi di munizioni di Augusta, gli hangar di Pantelleria e i centri radar e logistici sparsi per l’isola. Ecco le infrastrutture e le armi usate nelle operazioni militari in Libia.

Antonio Mazzeo

Tre scali aerei, i porti, numerose postazioni radar, depositi di munizioni e carburante. Il conflitto scatenato contro la Libia ha trasformato la Sicilia in un’immensa portaerei da dove decollano 24 ore al giorno i caccia e gli aerei-spia della variegata coalizione multinazionale anti-Gheddafi. Il cuore di buona parte dei raid pulsa tra le decine di comandi ospitati a Sigonella, alle porte di Catania, la principale stazione aeronavale delle forze armate statunitensi nel Mediterraneo. A Sigonella vivono quasi 5.000 marines che hanno combattuto negli scacchieri di guerra mediorientali e africani, nei Balcani e in Caucaso. Dal 2004 ospita il Combined Task Force 67, il comando che sovrintende alle operazioni delle forze aeree della Marina USA, come i cacciaintercettori F-15, i pattugliatori marittimi P3-C “Orion”, i velivoli di sorveglianza elettronica EP-3E e per il rilevamento dei segnali radar EA-18G “Growlers”, questi ultimi determinanti per annientare le postazioni della contraerea libica.

Lo scalo offre il supporto tecnico-logistico e il rifornimento munizioni e carburante agli aerei a decollo verticale V-22 “Ospreys” e agli elicotteri d’assalto CH-46 “Sea Knight” e CH-53E “Super Stallion” del Corpo dei marines, imbarcati sulle unità che assediano la costa nordafricana, e ai 15 cacciabombardieri F-15, F-16 e B-2 (gli “aerei invisibili”) che l’US Air Force ha trasferito nel Canale di Sicilia. Da Sigonella partono anche gli aerei cisterna KC-130 e KC-135 utilizzati per il rifornimento in volo dei velivoli impegnati nei raid. Oltre ai mezzi statunitensi, dalla base sono operativi sei caccia F-16 dell’aeronautica danesi, a cui potrebbero aggiungersi gli intercettori di Canada, Norvegia e Spagna. Coinvolti nella missione in Libia sono infine i reparti USA schierati stabilmente a Sigonella, come l’Helicopter Combat Support Squadron HC-4, il Fleet Logistic Support Squadron VR-24 e il 25° Squadrone Antisommergibile della US Navy. Un cocktail di strumenti di morte a cui l’aeronautica militare italiana non fa mancare il suo contributo: a nove pattugliatori “Atlantic” del 41° Storno antisommergibile è stato affidato infatti il controllo dello spazio aereo e marittimo prospiciente del Mediterraneo centrale.

La cosiddetta operazione Odissey Dawn ha però il pregio di offrire una concreta opportunità per sperimentare sul campo i nuovi aerei senza pilota UAV “Global Hawk” che l’US Air Force ha iniziato a dislocare a Sigonella nell’ottobre 2010 in vista della sua trasformazione in “capitale internazionale” dei giganteschi aerei utilizzati per lo spionaggio e la direzione degli attacchi, convenzionali e nucleari, contro ogni possibile obiettivo nemico in Europa, Asia ed Africa. Stando ai piani del Pentagono, nella base siciliana dovrebbe operare entro il 2012 un plotone di 4-5 “Global Hawk”, mentre altri 5 velivoli UAV potrebbero essere assegnati entro anche ai reparti della Marina USA presenti in Sicilia. A questo fine si sta realizzando un enorme complesso per la manutenzione dei “Global Hawk”, un programma considerato “strategico” dal Dipartimento della difesa, e i cui lavori multimilionari sono stati appaltati alla CMC di Ravenna (Legacoop). La NATO, da parte sua, nel febbraio 2009, ha scelto la stazione aeronavale quale “principale base operativa” dell’Alliance Ground Surveillance – AGS, il nuovo sistema di sorveglianza terrestre dell’Alleanza Atlantica. Entro il 2014, giungeranno a Sigonella 800 militari, sei velivoli “Global Hawk” di ultima generazione e le stazioni fisse e trasportabili progettate per supportare il dispiegamento in tempi rapidissimi e in qualsiasi scacchiere internazionale delle unità terrestri, aeree e navali della Forza di Risposta (NRF) della NATO.

Scalo di dimensioni più ridotte ma di uguale importanza strategica per la guerra alla Libia è quello di Trapani-Birgi. Sede dal 1984 ospita della NATO Airborne Early Warning and Control Force dotata dei velivoli radar Awacs, Trapani-Birgi ospita i cacciabombardieri F-16 del 37° Stormo dell’Aeronautica militare italiana, disponibili per le intercettazioni aeree e il bombardamento di obiettivi terrestri. È in questo scalo che il ministro della difesa La Russa ha fatto confluire i “gioielli” di morte destinati al fronte libico: quattro caccia “Tornado” del 50° Stormo di Piacenza nella versione Ecr (specializzati nella guerra elettronica e nella distruzione delle difese aeree), e due “Tornado” Ids del 6° Stormo di Ghedi per il rifornimento in volo e/o l’attacco contro target terrestri. A secondo della missione, i “Tornado” possono essere armati con i missili “anti-radar” Agm-88 Harm, con gli aria-aria Aim-9 e con gli aria-suolo “Storm Shadow”, questi ultimi con caratteristiche Stealth, una testata esplosiva perforante in grado di distruggere bunker protetti ed una gittata di circa 500 km. A Trapani sono pure atterrati i caccia supersonici Eurofighter 2000 “Typhoon” del 4° Stormo di Grosseto, velivoli con una bassa superficie riflettente al radar e forniti di missili aria-aria a guida infrarossa “DiehIris” per l’attacco ravvicinato ed Aim 120 per bersagli a 40 km di distanza. Completano lo schieramento quattro cacciabombardieri F-18 dell’aeronautica militare canadese, tra i più impegnati nei bombardamenti.

Tutti i velivoli della coalizione possono utilizzare in qualsiasi momento le due piste di volo e il mega-hangar “Pier Luigi Nervi” ricavato all’interno di una collina dell’isola di Pantelleria - la postazione più avanzata di Odissey Dawn - capace di ospitare sino ad una cinquantina di aerei da guerra. Nello scalo sono stati completati di recente i lavori di ampliamento delle piste e di ristrutturazione dell’aerostazione che ha assunto un ruolo chiave nelle attività anti-migranti. D’importanza strategica pure alcuni impianti radar disseminati in Sicilia, a partire dal centro di Mezzogregorio (Siracusa), a cui è assegnato il compito di elaborare le informazioni raccolte da aerei, unità navali e dalle squadriglie radar dell’Ami presenti nell’isola di Lampedusa e a Marsala. I dati vengono poi trasferiti al Comando operativo delle forze aeree (COFA) di Poggio Renatico (Ferrara), il più grande centro di intelligence delle forze armate in Italia. Il Dipartimento della difesa USA può contare invece sui sofisticati sistemi di telecomunicazione di Sigonella e sulla stazione di Niscemi (Caltanissetta), dove sorgono una quarantina di antenne a bassissima frequenza per la trasmissione degli ordini di attacco ai sottomarini a propulsione nucleare. Tre di questi, in immersione nel Mediterraneo, hanno già lanciato contro la Libia decine di missili da crociera “Tomahawk” contenenti al proprio interno uranio impoverito. La centralità di Niscemi nell’assetto delle comunicazioni belliche è destinato a crescere: la base è stata prescelta per ospitare una delle quattro stazioni mondiali del nuovo sistema di telecomunicazione satellitare USA, il cosiddetto “MUOS”, la cui emissione di microonde comporterà insostenibili rischi per la salute e la sicurezza della popolazione locale.

Ad assicurare le operazioni di rifornimento delle navi da guerra e dei sottomarini statunitensi, italiani e dei paesi partner è la base navale di Augusta (Siracusa), in una delle aree a più alto rischio ambientale d’Italia per la presenza di raffinerie, industrie chimiche, depositi di armi, ecc.. Augusta è classificata in ambito militare quale NATO facility ed è utilizzata dall’Alleanza atlantica e dalla VI Flotta USA per lo stoccaggio delle munizioni e deposito POL (petrolio, nafta e lubrificanti). Decine di elicotteri da trasporto fanno da ponte con la vicina base Sigonella, sorvolando popolati centri urbani. I morti di questa guerra sono invisibili. Gli angeli sterminatori, no.