Pubblichiamo la risposta di
Marco Bersani all’articolo di Sergio Rizzo “Salviamo l’acqua dalla liti
ideologiche” pubblicato dal Corriere della Sera il 23/04/2011.
L’articolo è stato inviato alla redazione del Corriere sperando in una
sua pubblicazione.
Mi
interessa interloquire con Sergio Rizzo (Corriere della Sera,
23/04/2011), perché condivido le due premesse alla sua riflessione :
l’inaccettabilità di ogni qualsivoglia tentativo di scippo normativo dei
referendum sull’acqua e l’invito ad un confronto nel merito, senza
astrattezze ideologiche.
Entriamo dunque nel merito. I processi di
privatizzazione della gestione del servizio idrico in questo Paese, con
forme più o meno accentuate, con diffusione a macchia di leopardo, sono
in atto ormai da 15 anni.
La Legge Galli del 1994, nel ridefinire giustamente il servizio idrico
come integrato nelle sue diverse fasi di captazione, distribuzione e
depurazione e nel dividere altrettanto giustamente il territorio in
ambiti territoriali ottimali secondo i bacini idrografici, ha tuttavia
contemporaneamente introdotto il full cost ricovery,
ovvero l’intero carico dei costi sulla tariffa dei cittadini, inserendo
nella stessa anche l’adeguata remunerazione del capitale investito,
ovvero la garanzia dei profitti per gli investitori.
Questo ha comportato l’avvio della trasformazione di
tutte le aziende municipalizzate in Società per Azioni, ovvero in enti
di diritto privato, il cui unico scopo è la produzione di dividendi per
gli azionisti. Che fossero a totale capitale pubblico, a capitale misto o
interamente private, il risultato, con accentuazioni diverse, è stato
quello di modificare la natura del servizio pubblico in servizio a scopo
unicamente remunerativo, fino all’estremo del collocamento in Borsa
delle società gestrici.
I risultati in termini di aumento delle tariffe,
riduzione della qualità del servizio, caduta verticale degli
investimenti, aumento dei consumi e degli sprechi di acqua, vanno visti
dentro questo percorso. Nella trasformazione privatistica del servizio
idrico ha naturalmente agito anche il progressivo abbandono da parte
della politica del proprio ruolo di garante dell’interesse generale,
divenuta a tutti i livelli, territoriali e nazionali, anch’essa luogo di
interessi particolaristici, come certamente Sergio Rizzo ha più volte e
precisamente documentato.
E’ per questo che già nel 2007 il Forum italiano dei
movimenti per l’acqua ha presentato, con oltre 400.000 firme, una legge
d’iniziativa popolare dentro la quale la gestione pubblica fosse
considerata condizione necessaria –per togliere l’acqua dal mercato e i
profitti dall’acqua- ma assolutamente insufficiente, se non fondata
sulla partecipazione diretta dei cittadini e delle comunità locali alla
gestione dell’intero ciclo sull’acqua.
In questo senso, anche la proposta di un’autorità
indipendente, avanzata da Rizzo e non solo, non coglie l’essenza del
problema : essendo il servizio idrico un monopolio naturale, non è
possibile alcuna liberalizzazione dello stesso e dunque non serve alcuna
autorità regolatoria di un mercato inesistente.
In realtà, l’esito positivo dei due referendum
sull’acqua costituisce l’unica strada non solo per riaffermare la natura
di bene comune e diritto umano universale dell’acqua, ma per impostare
una gestione democratica e socialmente orientata del servizio idrico
integrato. Abbandonando per palese fallimento il modello del full cost
ricovery, in favore di un nuovo modello di finanziamento, che,
attraverso il combinato disposto di fiscalità generale, finanza pubblica
(prestito irredimibile) e tariffa consenta, senza aggravi sul debito
pubblico e sul deficit pubblico, il reperimento delle risorse necessarie
per gli investimenti infrastrutturali, unica grande opera pubblica
necessaria.
Si tratta di una battaglia di diritti e di democrazia, che va ben oltre
il contrasto alle ultime normative privatizzatici dell’attuale governo :
non a caso, il Forum italiano dei momenti per l’acqua e la grandissima
coalizione sociale che hanno promosso i referendum, raccogliendo quasi
un milione e mezzo di firme, sono un’espressione di cittadinanza attiva
dal basso, ben poco riconducibile ai classici schemi politicisti del
confronto destra/sinistra.
Un vero anticorpo sociale, che attraverso la
riappropriazione dei beni comuni può indicare una via diversa di uscita
dalla crisi economica, ecologica e di democrazia nella quale siamo da
tempo immersi.
Marco Bersani
Comitato Referendario “2 SI per l’acqua bene comune”
Comitato Referendario “2 SI per l’acqua bene comune”
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