mercoledì 9 novembre 2011

Via Berlusconi...e poi?


Se davvero il capo del governo lascerà Palazzo Chigi non si potrà che esserne soddisfatti. Ma se nasce un governo di "unità nazionale" saranno dolori per lavoratori e precari. L'occasione di un'agenda di mobilitazione a partire dal 17 e dal 26 novembre
Piero Maestri*
Vogliamo essere chiari fin dall’inizio: la caduta, meglio la cacciata, del governo Berlusconi e la fine della carriera politica del presidente del consiglio sono obiettivi sacrosanti. Punto.

Questo governo rappresenta e ha rappresentato la faccia feroce e immorale delle politiche liberiste, un governo che non conosce le regole democratiche e ha costruito le fortune di imprese e personaggi amici sul taglio delle spese sociali e del livello di vita di milioni di donne e uomini. Per questo la sua caduta è una liberazione e un’occasione per le classi popolari e per la democrazia del nostro paese.

Ma…

Non ci interessa minimamente il dibattito sulla composizione istituzionale della crisi di governo: governo tecnico, governo “traghettatore”, governo di larghe intese e altre amenità…
Ci interessa molto, invece, comprendere cosa si sta preparando per lavoratrici e lavoratori, giovani,precarie/i di questo paese.
La crisi di governo non avviene sull’onda delle mobilitazioni di massa, che pure non sono mancate anche in Italia, ma è la conseguenza dell’incapacità di Berlusconi in prima persona e della sua maggioranza di mentecatti di dare piena soddisfazione alle esigenze dal capitale dominante in Europa - quindi alla Bce e ai suoi padroni franco-tedeschi, anche se alla guida c’è l’italiano Draghi – e alle necessità della Confindustria e delle banche di avere capitali freschi per permettere loro di uscire dalla crisi con maggiori profitti e poteri.

Per poter applicare fino in fondo questi provvedimenti il centrodestra al governo non è sufficiente: serve imbarcare nell’operazione anche una parte della cosiddetta “opposizione”, quella “responsabile” formata dal PD e dal fantomatico “terzo polo” (pensate al trio Casini, Fini, Rutelli…..). Opposizione così responsabile da condividere fino in fondo le ricette di Fmi e Bce e che quando critica Berlusconi sulla politica economica lo fa… da destra: nel senso che critica l’impresentabilità di Berlusconi, ma non le politiche di fondo.
Così responsabile da aver permesso che passassero le finanziarie (per discutere la sfiducia – dicembre 2010), la manovra di bilancio, la legge di stabilità….

Per dare una risposta adeguata alla crisi di governo, una risposta di sinistra, si deve affrontare con chiarezza e onestà un nodo chiave delle scelte politiche dei prossimi mesi: chi paga la crisI?
Non è sufficiente dire che si vogliono più risorse per il lavoro, i giovani, il welfare, la cultura ecc… se non si dice dove devono essere prese queste risorse.
E la risposta, come si deve dire, è una risposta di classe: paghi chi ha provocato la crisi; paghi chi non ha mai pagato; altro che “anche i ricchi paghino”: solo i “ricchi” devono pagare, gli altri (pensionate/i, precari/e,lavoratrici e lavoratori, migranti) hanno già pagato e ancora pagano.

La caduta del governo Berlusconi è un’occasione affinché la sinistra e i movimenti sociali prendano la forza di organizzarsi e perché lavoratrici e lavoratori, precari/e, studentesse e studenti, migrantidiano vita ad una mobilitazione che ponga dal basso una piattaforma chiara: il debito illegittimo non si deve pagare; vanno tagliate le spese inutili e dannose (spese militari e grandi opere come Tav, Expo2015, Ponte di Messina…); vanno recuperati i miliardi regalati alle imprese con il cuneo fiscale di prodi ancora in vigore e con altri provvedimenti simili; vanno nazionalizzate le banche e difesa la gestione pubblica dei beni comuni – come hanno chiesto 27milioni di elettori ed elettrici il 12 giugno scorso.
Con queste risorse si potrà costruire una politica economica diversa, che finalmente risponda ai bisogni del “99%” – come dicono i manifestanti di “Occupy Wall Street” – e che ponga al primo posto la riconversione ecologica della produzione (e del territorio, così da evitare altri morti alla prossima pioggia o al prossimo terremoto).

Alla “società civile” che manifesta contro il governo Berlusconi e ne denuncia soprattutto gli aspetti più scandalosi/scandalistici, non chiediamo opinioni sul prossimo governo: chiediamo se è pronta a lottare per questi contenuti, se smette di ragionare di governi (o giunte regionali e comunali) amici, se è pronta a non permettere a qualsiasi di governo di fare politiche di guerra, contro i diritti dei lavoratori, contro le lassi popolari.
Insomma, di fare il suo mestiere: non più supporto esterno a governi amici, ma indipendenza e autonomia per costruire l’alternativa.
Noi ci proviamo – già dalle prossime settimane: dalle manifestazioni studentesche del 17 novembre alla manifestazione nazionale per la difesa di acqua e beni comuni del 26 novembre, nella speranza di uno sciopero generale vero (che probabilmente verrà fermato dalla “responsabilità” dei sindacati Conferderali di fronte ad un governo di larghe intese…).
* Portavoce di Sinistra Critica

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