GIORGIA GRIFONI
Roma, 23 ottobre 2011, Nena News – A nove mesi dalla caduta del regime di Ben Ali, la Tunisia finalmente potrà scegliere come e da chi essere governata. Un momento “storico” che ha una doppia valenza: sono le elezioni dell’Assemblea Costituente, incaricata di dare al paese un nuovo Governo e una nuova Costituzione, ma sono anche le prime elezioni libere della Tunisia dal 1956, data in cui divenne libera dal dominio coloniale francese.
Finita la “rivolta dei gelsomini”, punto di partenza di quella che e’ divenuta nota come la “primavera araba”, si era atteso a lungo che il governo di transizione tunisino fissasse una data per le elezioni. Scelto il giorno fatidico, era partita la prima vera campagna elettorale -frenata dalle norme sulla par condicio in vigore dal 12 settembre scorso- che ha prodotto più confusione che certezza sulle scelte politiche della popolazione, visto il numero elevatissimo di nomi e formazioni politiche che da oggi hanno la possibilità di contribuire alla costruzione della nuova Tunisia.

Su  una popolazione di circa 10 milioni di abitanti, 7.5 milioni saranno chiamati oggi alle urne:  secondo le stime solo il 60% sarebbe registrato, percentuale destinata a salire per la corsa alla tessera elettorale degli ultimi giorni. Il sistema adottato è quello proporzionale, e i votanti avranno tra le 40 e le 80 liste elettorali tra cui scegliere i propri rappresentanti, che siano partiti o candidati indipendenti. Centodiciotto partiti compongono la nuova galassia elettiva tunisina: si va dalle formazioni di “centro” come il Partito Democratico Progressista al “Neo Destour” di ispirazione bourghibiana, passando per le varie ali della sinistra a malapena legalizzate durante l’era Ben Ali.
Ma il favorito appare senz’altro Ennahdha (Rinascita), rappresentante degli islamici moderati bandito durante il regime. Con la cacciata del presidente Ben Ali, il leader di Ennahdha, Rachid Ghannouchi, è potuto rientrare a Tunisi dopo un esilio a Londra durato vent’anni. Sono molti i timori che accompagnano la candidatura del partito di Rinascita: dal ruolo delle donne a quello della religione nel futuro assetto dello Stato,  la reazione alla possibile vittoria islamista di una società musulmana che è stata forzata al laicismo istituzionale per mezzo secolo non è scontata. Se la facciata è salva grazie al 50% di quote destinate alle donne, restano comunque le preoccupazioni per l’impatto che una maggioranza islamista avrà sulle varie istituzioni civili, come matrimonio o divorzio. Sta di fatto che, da quando il primo marzo scorso Ennahdha è stato riabilitato ufficialmente tra i partiti tunisini, ha riscosso molto successo tra la popolazione. “La Tunisia –ha affermato Ghannouchi dopo una recente conferenza a Istanbul- sarà una società democratica, un modello per il mondo arabo”: una promessa che ricalca l’esempio turco, e che propone uno stato moderno in salsa musulmana tecnicamente possibile, se si guarda ad Ankara.

Eppure, in questo clima di euforia partecipativa, sono molti i tunisini che si dichiarano sospettosi della prova elettorale: alcuni denunciano la presenza di elementi del vecchio regime ricostituitisi in nuovi partiti. Altri segnalano la corruzione che ancora regna nel paese e che potrebbe contagiare anche le elezioni. Ma la prova del nove sarà l’accettazione del risultato, qualora dovesse essere di stampo religioso. Troppe ombre, esterne e interne, hanno impedito nei decenni passati che le scelte islamiste nel mondo arabo effettivamente potessero guidare i paesi. Nena News