martedì 11 ottobre 2011

Piccolo partito dalle grandi ragioni


Recensione del libro Gli ultimi mohicani. Una storia di democrazia proletaria, da "Su la testa"
Sergio Dalmasso
Dal n. 20 di "Su la testa"
Progressivamente, studi ed analisi sulle principali formazioni politiche della nuova sinistra dei decenni ’60, ’70 e ’80 vanno a coprire un vuoto durato troppo tempo.Al testo “storico” di Luigi Bobbio su Lotta continua, certamente la formazione più significativa, nel positivo e nel negativo delle spinte studentesche, giovanili ed operaie, si sono aggiunti, negli ultimi anni i lavori di Cazzullo, Petricola, Voli. La storia di Potere operaio è stata tratteggiata da Aldo Grandi.Datati i lavori sulle formazioni marxiste- leniniste (tra gli altri uno del giornalista Walter Tobagi), forse per la rapida caduta delle ipotesi rivoluzionarie di matrice maoista, molto interesse ha ultimamente suscitato il filone operaista, oggetto di molti studi, spesso tesi a dimostrare l’attualità delle sue analisi, per gli autori la voce più originale del marxismo italiano.Stupisce il quasi nullo peso del Manifesto, formazione politica, nel corposo studio di Lucio Magri Il sarto di Ulm, quasi a sottovalutare un’esperienza sconfitta, ma di grande valore non solamente culturale, mentre non organici, spesso all’interno di studi complessivi, sono i riferimenti (testimonianze) su Avanguardia operaia che meriterebbe una maggiore attenzione, soprattutto, ma non solamente, per la costruzione dal basso, per la formazione del quadro operaio e di istituti quali i CUB.Democrazia Proletaria è stata oggetto di un bel testo del 1996, Camminare eretti (ed. Punto rosso, Milano), attenta cronologia e raccolta di saggi di alcuni dei protagonisti, tutti centrati sulle culture politiche della sinistra (storica e nuova) e su nodi critici (partito, democrazia, partecipazione). Camminare eretti è testo da rileggere alla luce anche dei nuovi libri usciti sul tema negli ultimi mesi: Democrazia Proletaria. La nuova sinistra tra piazze e palazzi (ancora ed. Punto rosso) di William Gambetta e Gli ultimi mohicani. Una storia di Democrazia Proletaria di Matteo Pucciarelli, giornalista dell’”Espresso”.Se il primo (qui recensito l’aprile scorso) è basato su un taglio storico, documenti, scritti e comprende solamente i primi anni di DP, terminando nel 1979, dopo la sconfitta elettorale di Nuova sinistra unita e la svolta immediatamente successiva, il secondo ha un taglio più discorsivo e - in meno di 200 pagine - ripercorre tutti i quindici anni circa in cui ha operato il piccolo partito dalle grandi ragioni.Le prime pagine tratteggiano il quadro degli anni ’60, dalla migrazione all’avvento dell’operaio massa, dai “Quaderni rossi” alla scissione del PSIUP, dal dibattito nel PCI al nuovo protagonismo della FIM- CISL, dalle trasformazione nel costume al quadro internazionale, dal movimento degli studenti a quello che esplode nelle fabbriche.Sintetica la panoramica sull’arcipelago dei gruppi, sulle loro strutture e posizioni, su differenze interne (teorie, pratiche) oggi difficilmente comprensibili da chi non le ha vissute. La sconfitta elettorale, alle politiche del 1972, spinge all’unificazione (anche se si rivelerà fragile) le sinistre del PSIUP, del MPL, movimento della sinistra cristiana, e il Manifesto, tre anni prima radiato dal PCI. Dall’incontro tra queste, nasce la breve stagione del PdUP per il comunismo che si esaurisce dopo il modesto risultato alle politiche del 1976 e davanti a divergenze su presenza nel sindacato, rapporti con il PCI, presenza nelle istituzioni, concetto di partito…Proprio nelle elezioni del giugno 1976 si usa, per la prima volta, la sigla Democrazia Proletaria (simbolo: falce e martello intrecciati e pugno sul mondo) che poi, nelle divisioni e ricomposizioni successive, viene assunta dalla componente di sinistra che tenterà di ricomporre un partito nel difficile quadro del 1977, in una profonda difficoltà organizzativa, davanti a sollecitazioni teoriche spesso antitetiche. Pucciarelli passa in rassegna sinteticamente i primi congressi, la nuova sconfitta elettorale nel 1979, la chiusura del “Quotidiano dei lavoratori”, l’uscita di Vittorio Foa e della componente sindacale, le scelte per la “centralità operaia ”, ma anche le suggestioni e l’impegno ambientalista, pacifista, garantista.La segreteria di Mario Capanna riesce a sintetizzare le differenze interne, dando a DP una immagine esterna sconosciuta a tutta la nuova sinistra, ma a fine anni ’80 la crescita della tematica ambientalista e delle Liste verdi porta a nuove spaccature in una diaspora che pare insanabile, sino al nuovo quadro aperto dallo scioglimento del PCI e al processo costituente di Rifondazione, in cui, con un dibattito sofferto e mai semplice, DP confluirà nel giugno 1991.
La scelta delle edizioni Alegre è stata quella di offrire su DP un quadro sintetico, ma mai semplicistico, attento ai documenti ma soprattutto alle testimonianze, completo nella narrazione dei fatti e non esente da alcune sintesi interpretative. Un libro che, con gli altri citati, offre un quadro interessante su una stagione e su tematiche, che non solamente per motivi di età, penso possano dare insegnamenti nelle contingenze dell’oggi.

Nessun commento: