mercoledì 26 ottobre 2011

Che paura di Occupy Oakland!


In una delle città più progressiste d'America, la polizia ha fatto irruzione nella piazza dell'accampamento per sgombrare i cittadini che protestavano da una ventina di giorni
Felice Mometti
da New York
Ne deve avere di fantasia, per non dire di faccia tosta, il capo della polizia di Oakland per dichiarare in un comunicato ufficiale che l’attacco alla manifestazione di Occupy Oakland con lacrimogeni e granate flash bang è stato necessario per salvaguardare la “salute e la sicurezza” dei cittadini e dei manifestanti stessi. Martedì all’alba la polizia ha fatto irruzione nella piazza davanti al Municipio dove erano accampate alcune centinaia di cittadini che protestavano da una ventina di giorni contro lo strapotere delle istituzioni finanziarie e le politiche di austerità del governo locale e federale. La sera è stata convocata una manifestazione di protesta contro lo sgombero, in difesa diOccupy Oakland. Prima ancora che partisse, la manifestazione è stata attaccata e dispersa dalla polizia che ha eseguito un centinaio di arresti.

A prima vista tutto ciò può apparire strano che sia accaduto in una delle città più progressiste della California, amministrata dal primo sindaco democratico donna di origine asiatica e da un consiglio comunale sorretto da un monocolore dello stesso partito. Oakland, la città dove sono nate le Pantere Nere, fa parte dell’area metropolitana di San Francisco e non ha soluzione di continuità con la cittadella universitaria di Berkeley. E’ all’avanguardia nell’applicazione del programma ecologico “rifiuti zero”, nelle politiche di contrasto alla violenza domestica su donne e bambini, nella gestione non invasiva del territorio e un paio di settimane fa il sindaco ha fatto visita a Occupy Oakland spendendo parole di comprensione e apprezzamento. Parole completamente diverse da quelle pronunciate martedì a sostegno dell’azione della polizia in quanto necessaria – a suo giudizio - per la presenza nella piazza occupata di topi e persone dedite agli stupefacenti. Ma il sospetto che il problema non siano i piccoli roditori e qualche grammo di marijuana è più che fondato.
Occupy Oakland fin dall’inizio si è caratterizzata come una tra le esperienze più radicali all’interno del movimento americano di occupazione di piazze e parchi, il suo slogan è stato:“Occupare tutto, liberare Oakland. E’ arrivato il tempo di prendere il potere nelle nostre mani”. Fin qui, nonostante la radicalità degli slogan, l’occupazione era tollerata pur con un crescendo di ostilità da parte della polizia, dell’Amministrazione locale e dei poteri finanziari. Ma quando mercoledì 19 ottobre, alla fine di un’assemblea generale del movimento, è passata a grande maggioranza una mozione che impegnava tutti a promuovere e sostenere ”gli scioperi dei lavoratori che siano proclamati dai sindacati oppure spontanei e gli scioperi degli studenti in tutta l’area metropolitana di San Francisco”, le cose sono cambiate e la tolleranza delle istituzioni politiche ed economiche è venuta improvvisamente meno a prescindere dal colore politico. Anche perché nella scorsa settimana Occupy Oakland ha messo in campo alcune azioni dirette in cui si passava dalle enunciazioni alla pratica concreta nella promozione di scioperi. E qui sta il vero problema: ai primi sintomi di ripresa di una qualche forma di lotta di classe, ancor più se sganciata dalle gabbie concertative sindacali, la comprensione democratica e la tolleranza politica si dissolvono immediatamente e si passa alla “ democrazia” degli agenti antisommossa.
Negli Stati Uniti le legislazione federale antisciopero risale al 1947 ed è tale da far impallidire ogni cittadino che abbia a cuore anche solo la pura difesa formale degli spazi democratici. E’ vietato indire scioperi generali nazionali, è vietato lo sciopero dei dipendenti pubblici, è vietato impedire l’accesso di persone o merci all’interno del luogo di lavoro durante lo sciopero, le imprese e le società sono garantite dalla legge nella sostituzione temporanea o definitiva dei lavoratori in sciopero. Nonostante questo le Amministrazioni locali o l’Amministrazione nazionale possono imporre un periodo di “raffreddamento del conflitto” di 80 giorni. Le sanzioni vanno da migliaia di dollari al giorno fino al licenziamento o all’arresto per i lavoratori ed a multe di milioni di dollari fino allo scioglimento delle organizzazioni che indicono lo sciopero, non sono previste sanzioni per le imprese o per le amministrazioni pubbliche che non rispettano gli accordi che hanno sottoscritto. A New York , oltre alle leggi nazionali, è ancora in vigore l’ingiunzione del 1999 dell’allora sindaco Giuliani, con l’approvazione del Consiglio comunale, che sanziona i lavoratori dei trasporti con 25 mila dollari il primo giorno di sciopero, 50 mila il secondo, 100 mila il terzo e così via. Il sindaco è cambiato ora, dopo vari passaggi da uno schieramento politico all’altro, da una decina di anni è Bloomberg e il Consiglio comunale è composto da 46 democratici su 51 componenti ma nessuno ha intenzione di abrogare quell’ingiunzione. Questa è la una delle sfide, sicuramente tra le più importanti, che deve affrontare un movimento come Occupy Wall Street non commettendo l’errore di fare affidamento sui grandi apparati sindacali.

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