Si discute delle modalità più efficaci per rendere il corteo del 15 ottobre qualcosa di più di una sfilata senza fughe in avanti. La proposta di "accampare diritti"
In ogni caso, il 15 ottobre ci sarà uno spezzone nel corteo all'insegna del "debito non lo paghiamo". Di seguito il comunicato dell'assemblea dell'8 ottobre e poi l'articolo del manifesto.
L’incontro promosso da Roma Bene Comune che si è svolto al Volturno okkupato, ribadisce la necessità che la mobilitazione transnazionale del 15 ottobre che nel nostro paese porterà decine di migliaia di persone a Roma, si rappresenti come assedio permanente della city politica.
Per affermare chiaramente che il 15 ottobre “a casa non si torna”, si propone la costruzione di uno spazio pubblico di corteo che dia voce ai conflitti sociali, ai movimenti indipendenti, alle lotte per i beni comuni e contro le devastazioni ambientali, ai precari e alle precarie, agli studenti e alle studentesse, ai migranti e alle migranti.
Si propone altresì che lo slogan “its not our debt-global revolution” venga assunto come riferimento comune e che la strategia dell’assedio venga rappresentata nelle diverse forme possibili dalle realtà che decideranno di far parte di questo spazio comune e da chi si riconosce su questi contenuti.
ACCAMPIAMO DIRITTI – LIBERIAMO ENERGIA – ACCENDIAMO SPERANZA
Verso la mobilitazione europea del 1° Novembre contro il vertice G 20 del 2/3/4 Novembre a Cannes/Nizza
Nei discorsi dal palco fioccano gli esempi e i riconoscimenti (agli studenti di Milano, che hanno «sigillato» Bankitalia e Moody's). Così come gli inviti a considerare il 15 come una tappa di una lunga campagna, non come il punto d'arrivo di una mobilitazione. Con i dilemmi di ogni nuovo movimento: «evitare le fughe in avanti», ma anche «evitare che l'attesa del consolidamento del movimento produca invece rassegnazione». Perché il problema politico, alla fin fine, è chiaro: superare «la ritualità» dei cortei per promuovere «l'assedio dei palazzi del potere», ma senza fornire pretesti a chi vorrebbe affrontare il malessere sociale come un problema di puro ordine pubblico.
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