lunedì 10 ottobre 2011

La piazza del 15


Si discute delle modalità più efficaci per rendere il corteo del 15 ottobre qualcosa di più di una sfilata senza fughe in avanti. La proposta di "accampare diritti"
Si stanno facendo diversi incontri sul 15 ottobre. Lunedì 10 il coordinamento unitario dei promotori farà di nuovo il punto sul corteo e le sue modalità anche se non è riuscito a sciogliere, finora, alcuni problemi. In realtà il coordinamento nella sua ultima riunione ha deciso "a maggioranza" - senza che ai presenti sia stato chiaro cosa volesse dire questo termine - che il corteo sfilerà da piazza della Repubblica a San Giovanni senza alcuna variante. La richiesta di passare per il centro è stata respinta dalla Questura e il coordinamento non ha voluto assumere il problema. E così, ancora una volta, si è assistito a quella contrapposizione tra chi propone un corteo tradizionale, puntando tutto sulla quantità dei partecipanti e chi, invece, ritiene si debbano fare forzature per passare "davanti ai palazzi del potere". Due modalità poco utili in quanto la prima non coglie l'eccezionalità del momento mentre la seconda immagina situazioni "avanguardiste" che possono indebolire la stessa manifestazione nazionale.Sabato 8 si è tenuta un'assemblea promossa da Roma Bene Comune in cui si è affermata un'altra idea, quella dell'assedio e di una modalità che valorizzi il 15 non tanto come "evento" ma come occasione per far nascere un movimento e quindi dare continuità alla protesta. Una delle idee è quella della "accampata" in qualche piazza centrale da realizzarsi con il massimo numero di soggetti in modo da rendere concreto che "a casa non si torna".
In ogni caso, il 15 ottobre ci sarà uno spezzone nel corteo all'insegna del "debito non lo paghiamo". Di seguito il comunicato dell'assemblea dell'8 ottobre e poi l'articolo del manifesto.
Comunicato dell'incontro promosso da Roma Bene Comune
L’incontro promosso da Roma Bene Comune che si è svolto al Volturno okkupato, ribadisce la necessità che la mobilitazione transnazionale del 15 ottobre che nel nostro paese porterà decine di migliaia di persone a Roma, si rappresenti come assedio permanente della city politica.
Per affermare chiaramente che il 15 ottobre “a casa non si torna”, si propone la costruzione di uno spazio pubblico di corteo che dia voce ai conflitti sociali, ai movimenti indipendenti, alle lotte per i beni comuni e contro le devastazioni ambientali, ai precari e alle precarie, agli studenti e alle studentesse, ai migranti e alle migranti.
Si propone altresì che lo slogan “its not our debt-global revolution” venga assunto come riferimento comune e che la strategia dell’assedio venga rappresentata nelle diverse forme possibili dalle realtà che decideranno di far parte di questo spazio comune e da chi si riconosce su questi contenuti.
Importante che questa area di corteo non venga caratterizzata da bandiere e simboli di partito e sindacato. Le forze politiche e sindacali che sentono di condividere questo spazio pubblico devono consentire che i movimenti siano i veri protagonisti di questa giornata.BLOCCARE LA CITTA’ PER RIPARTIRE!OLTRE IL 15 OTTOBRE
ACCAMPIAMO DIRITTI – LIBERIAMO ENERGIA – ACCENDIAMO SPERANZA
“A CASA NON SI TORNA”
Verso la mobilitazione europea del 1° Novembre contro il vertice G 20 del 2/3/4 Novembre a Cannes/Nizza
«Peoples of Europe, rise up!», uno spazio politico indipendente

Rocco Di Michele - dal manifesto del 9 ottobre«A casa non si torna». Il problema è organizzarsi per restare fuori. Il precedente c'è, sia in Italia (poco) che in altri paesi (soprattutto Stati uniti e Spagna), e diventa visibile sotto lo slogan «accampiamo diritti». Al Volturno - ex cinema romano occupato - si è svolta l'assemblea nazionale di quella parte di movimento che comincia a essere stanco della «solita sfilata» e che mostra qualche sofferenza in più - nel senso che si va allargando la cerchia dei «sofferenti» - dopo che la Questura di Roma ha di fatto imposto che il corteo del 15 si concluda a San Giovanni, senza nemmeno sfiorare quei «palazzi del potere» che invece tutti volevano inizialmente «assediare».Un equivoco va subito spazzato via. Nonostante i riferimenti oscuri della polizia a «intercettazioni preoccupanti», qui nessuno ha in testa il clima degli anni '70. Semmai quello di Madrid, Barcellona o New York di questi mesi. Perché, in fondo, se hai qualcosa da dire contro quello che ti stanno facendo, dovresti poterlo dire a chi quelle decisioni prende e nel luogo in cui (formalmente, almeno) le prende. Parlare a un muraglione distante tre chilometri, non è la stessa cosa...Un esempio concreto viene con la proposta di consegnare a Mario Draghi, mercoledì 12, durante la cerimonia nella sede centrale di banca d'Italia cui parteciperà anche il presidente Giorgio Napolitano, una busta con su scritto «rispedita al mittente»; allusione esplicita alla «lettera della Bce» da lui firmata in coppia con Jean-Claude Trichet. Nulla di «sovversivo», insomma, ma almeno rivolto all'indirizzo giusto.L'assemblea unisce molte «soggettività» con storie diverse (dagli studenti a un pezzo di Fiom, dai sindacati di base a «Roma bene comune», dagli occupanti di case ai «No tav», ecc. Il tratto comune è la volontà di «costruire uno spazio politico indipendente» dai partiti (quelli presenti attualmente in parlamento»; in particolare dal Pd e da quanti si muovono nella vecchia logica del «cartello elettorale antiberluscniano», che da quasi 20 anni porta a sacrificare i contenuti rispetto agli schieramenti.Questa autonomia vuole rappresentarsi anche all'interno del corteo - che sarà comunque unitario, altro elemento di maturità da sottolineare - per dar voce ai conflitti sociali, ai movimenti, alle lotte per i beni comuni e contro le devastazioni ambientali». Il riferimento comune è «is not our debt, global revolution», uno slogan che campeggia anche sul sito internazionale per il 15 ottobre (United for global change). Mentre sugli striscioni verrà probabilmente richiamato l'altra parola d'ordine globale (Peoples of Europe, rise up!), che suona un tantino meno vaga del «cambiare l'Europa per cambiare l'Italia» scelto dalla maggioranza dei gruppi italiani che scenderanno in campo il 15. Una mappa di oltre 400 proteste in almeno 45 paesi, che dà il senso - come ai tempi di Seattle, ma sotto la sferza di una crisi che non sembra avere vie d'uscita - di una resistenza globale che chiede un radicale rovesciamento delle priorità del sistema economico.
Nei discorsi dal palco fioccano gli esempi e i riconoscimenti (agli studenti di Milano, che hanno «sigillato» Bankitalia e Moody's). Così come gli inviti a considerare il 15 come una tappa di una lunga campagna, non come il punto d'arrivo di una mobilitazione. Con i dilemmi di ogni nuovo movimento: «evitare le fughe in avanti», ma anche «evitare che l'attesa del consolidamento del movimento produca invece rassegnazione». Perché il problema politico, alla fin fine, è chiaro: superare «la ritualità» dei cortei per promuovere «l'assedio dei palazzi del potere», ma senza fornire pretesti a chi vorrebbe affrontare il malessere sociale come un problema di puro ordine pubblico.

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