mercoledì 8 giugno 2011

ANP: SI ALLONTANA IL GOVERNO HAMAS-FATAH?


Doveva essere annunciato nei prossimi giorni ma l’esecutivo tecnico frutto dell’accordo di riconciliazione del 4 maggio tra le due principali organizzazioni politiche palestinesi non è a portata di mano.

Gerusalemme, 08 giugno 2011, Nena News – E’ passato oltre un mese dalla stretta di mano al Cairo tra il presidente dell’Anp e leader di Fatah, Abu Mazen, e il capo dell’ufficio politico di Hamas, Khaled Mashaal. Ma all’orizzonte non si scorge ancora quel governo tecnico, di unità nazionale, che dovrebbe sancire in via definitiva la riconciliazione tra i due principali movimenti politici palestinesi e gettare le basi per una piattaforma nazionale.

Fatah e Hamas – che in questo mese hanno marginalizzato le altre forze politiche (specie quelle di sinistra) nelle discussioni per la formazione del nuovo governo – in apparenza non riescono a trovare un’intesa sui nomi dei futuri ministri. La cosa è piuttosto strana, se non sospetta, visto che le due parti avevano deciso che il nuovo esecutivo sarebbe stato composto solo da tecnocrati indipendenti da qualsiasi forza politica. Gli ostacoli in realtà sarebbero di natura politica e diplomatica.
Abu Mazen, dopo la stretta di mano con Mashaal, si è trovato ad affrontare la secca opposizione di Israele e, soprattutto, degli Stati Uniti ad un governo palestinese che includa Hamas. Barack Obama è stato fin troppo chiaro il mese scorso nell’affermare e ribadire più volte che Washington non modificherà il suo approccio verso Hamas che per il Dipartimento di stato era e resta una «organizzazione terroristica». Il presidente americano ha adottato in pieno la linea israeliana, lasciando con le ruote bucate il suo omologo dell’Autorità nazionale palestinese. Da qui l’insistenza di Abu Mazen affinchè  venga riconfermato premier Salam Fayyad che, a suo avviso, godendo di stima e considerazione presso i governi di Usa e Europa, sarebbe in grado fornire all’Occidente «sufficienti garanzie» evitando l’isolamento internazionale del nuovo governo palestinese e continuando a ricevere i fondi dai paesi donatori.
Hamas si oppone con forza alla riconferma di Fayyad, ricordando che l’accordo firmato il 4 maggio prevede che nessun esponente dei governi in carica di Fatah (Cisgiordania) e del movimento islamico (Gaza) faccia parte del nuovo esecutivo. Ma c’è anche un motivo politico. Accettare Fayyad significherebbe per Hamas riconoscere una sorta di «supremazia» delle posizioni filo-occidentali nel nuovo governo palestinese, senza dimenticare gli arresti compiuti negli ultimi quattro anni di centinaia di attivisti islamici veri o presunti da parte delle forze di sicurezza agli ordini del premier dell’Anp. A ciò si aggiunge il fatto che la leadership di Hamas vuole mantenere il controllo di sicurezza di Gaza e sino ad oggi le assicurazioni offerte da Abu Mazen sono state piuttosto vaghe. Non è certo un caso che  non siano ancora stati scarcerati i prigionieri politici delle due parti che Hamas e Fatah tengono chiusi nelle loro prigioni in Cisgiordania e Gaza.
Una soluzione alla paralisi non è a portata di mano e si parla con insistenza di un rinvio di mesi, addirittura a settembre, per l’annuncio del nuovo governo mentre gli analisti israeliani in questi giorni scrivono, piuttosto compiaciuti, che l’esecutivo palestinese di unità nazionale non vedrà mai la luce perché le differenze ideologiche tra Fatah e Hamas sono così ampie da vanificare l’accordo di principio siglato da Abu Mazen e Mashaal al Cairo. Nena News

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