sabato 10 marzo 2012

Una piazza inaggirabile


Grande successo del corteo Fiom nel silenzio della politica di palazzo. Una manifestazione politica perché parla del lavoro, la più politica delle questioni
Salvatore Cannavò
La foto della giornata è quella scattata poco prima che parli Maurizio Landini. Tutti i delegati del gruppo Fiat schierati in fila sul palco a parlare collettivamente con la voce dura e diretta di Nina, di Mirafiori, che rappresenta le ragioni dello scontro con Marchionne. Loro lì, sul palco, schierati fino a riempirlo tutto e la piazza che nell'applauso spontaneo si immedesima con questa lotta. Che è lotta di tutti perché sindacale, cioè rappresentativa delle vite di questi operai e operaie, ed è lotta politica perché, come ripetono i tanti lavoratori con cui ci fermiamo a parlare, è Marchionne che ha deciso di far politica.
Il fermo immagine sul 9 marzo offre una doppia fotografia: una forza importante della Fiom che riesce a mobilitare e scioperare e che regge ancora la durezza dello scontro sociale, quasi in un disgelo tanto atteso; un silenzio assoluto della politica ufficiale che non vuole più occuparsi di questa dimensione. Da questa contrapposizione viene fuori la politicità della Fiom e il suo essere direttamente politica. Il lavoro e il suo bisogno di democrazia ma anche la richiesta di una condizione migliore – importante l'applauso che sottolinea il passaggio di Landini contro la corruzione e l'illegalità o contro i redditi dei ministri del governo Monti – si rappresentano direttamente. E lo fanno a partire da sé, dalla propria condizione operaia non in cerca di una perduta centralità da riproporre ma come “esperienza esemplare” da replicare. Non è un caso se anche altre lotte trovino nella Fiom la sponda che cercano più in generale. Perché una vittoria della Fiom oggi è una vittoria per tutto il mondo del lavoro. La riconquista del contratto nazionale o anche solo riuscire a rientrare in Fiat rappresenterebbe un elemento in controtendenza.
Per questo la piazza del 9 marzo è inaggirabile per costruire politica a sinistra. Non per improbabili e fallimentari operazioni politiciste attorno e sulla Fiom ma per la domanda che ne viene fuori. Una domanda di nuova politica, potremmo dire, in cui non c'è spazio per proiezioni istituzionali o partitiche ma per l'espressione di una soggettività in cui funzioni un binomio ormai perduto, la radicalità e l'unità. In cui, cioè, accanto alla nettezza delle posizioni – che spesso rimandano solo alla determinazione a resistere, magari senza proposte particolarmente radicali – possa vivere una progressiva unità di forze sociali diverse. Qui c'è forse un possibile bandolo della matassa. Certo, il rapporto con la Cgil alla lunga è contraddittorio – non a caso i fischi – la tentazione di sostenere un pezzo di politica c'è sempre, la drammaticità di trovare una via di fuga all'impasse sindacale esiste ancora. Ma la strada di un'unità di forze sociali è tracciata perché è quello che quella piazza ha evidenziato. Per ora di altre forze non se ne vedono. Quelle che hanno avuto vitalità sono ripiegate – studenti, movimenti per l'acqua – altre emergono – Notav e non a caso lo scontro su questa manifestazione ha visto chiamata in causa la Val di Susa. Il passaggio interessante quindi, è quello di una unità di forze sociali, di movimenti, senza rappresentazione di aree politiche e con in testa una piattaforma di riscatto del mondo dei lavoro, dei lavori. Basterebbe questo a rimettere in moto una nuova politica.

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