domenica 18 marzo 2012

Articolo 18, l'affondo finale

Il governo non si accontenta delle aperture della Cgil e vuole una riforma più radicale. Anche la Uil dice no ma Monti assicura che la riforma si farà e dà sette giorni alle parti sociali
Salvatore Cannavò
Articolo tratto da Il Fatto quotidiano


Sulla riforma del mercato del lavoro il governo vuole andare giù duro e sembra non lasciare troppi margini di mediazione alla Cgil, il sindacato che, insieme alla Uil, non è disposto ad accettare cambiamenti, se non parizialissimi, dell'articolo 18. Ieri a Milano c'è stato un importante vertice, al massimo livello, durante il convegno del Centro studi della Confindustria. Il ministro Fornero ha visto i segretari di Cgil, Cisl e Uil e per dieci minuti all'incontro è stato presente anche il presidente del Consiglio Mario Monti che prima aveva avuto un faccia a faccia con la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia . Da parte del governo è venuta una riformulazione delle modifiche all'articolo 18 più dura di quanto i sindacati si aspettassero. Via il reintegro per quanto riguarda i licenziamenti economici e ricorso alla discrezionalità del giudice per quanto riguarda i licenziamenti disciplinari (vedi box). Solo per i licenziamenti puramente discriminatori rimarrebbe la formulazione attuale. In più, Mario Monti ha anche aggiunto che le modifiche dovranno essere immediate per i nuovi assunti e che su questa linea il governo andrà avanti senza incertezze. Ha anche replicato all'editoriale del Corriere della Sera a firma di Francesco Giavazzi, che invitava il ministro Fornero ad “abbandonare al proprio destino” le “pressioni corporative o i suoi colleghi ministri”. “Temo che Fornero non possa abbandonarci al nostro destino” ha detto Monti in quello che al ministro del Welfare è parso un sostegno esplicito al proprio operato. In realtà, a diversi esponenti sindacali quello di Monti è parso un intervento a gamba tesa nella trattativa per irrigidirla sulle posizioni più dure forte anche dell'accordo ottenuto al vertice con Pd, Pdl e Udc. Non a caso ha voluto elogiare “il disarmo” operato dai partiti. Cioè il sostanziale via libera ricevuto dal Pd

Un simile quadro non poteva che partorire l'irrigidimento della posizione della Cgil che, ovviamente, fiuta di essere la vittima sacrificale della trattativa. Susanna Camusso ha gelato tutto dicendo che si è “belli lontani” dall'accordo. Nell'incontro di mercoledì scorso il segretario della Cgil si era spinta a un'apertura: ritoccare l'articolo 18 solo per i licenziamenti economici lasciando al giudice la facoltà di optare per il reintegro o l'indennizzo in caso di illegittimità. Una ipotesi che ha creato molta discussione interna alla Cgil, e che ieri non è stata riproposta. Camusso non ci sta a passare per colei che impedisce di portare a termine l'accordo e punta il dito contro la resistenza delle imprese sui maggiori costi dei contratti precari “che sta passando inosservata”. La Cgil è anche insofferente nei confronti della disponibilità totale all'accordo registrata dalla Cisl che ancora ieri, con Bonanni, spiegava che “senza accordo il governo sposerà la linea dura”. Cioè, quella di Confindustria che punta all'abolizione dell'articolo 18 tranne i licenziamenti discriminatori. La Cisl tema la vittoria dei “falchi” del governo e vuole limitare i danni. La Cgil oltre un certo limite non può spingersi e soffre più di altri l'operazione fatta dal Pd con il vertice notturno da Monti.
Ma anche la Uil si dispone a non firmare una proposta come quella emersa al tavolo di ieri: “Troppa indterminazione e incertezza per i lavoratori” spiegano e Luigi Angeletti sintetizza così: “Non scommetteri soldi sull'accordo”.

Martedì c'è il gran vertice a Palazzo Chigi ma Monti in serata ha anche detto di voler chiudere “in sette giorni”. Quindi ci sarà tempo perché si pronuncino il direttivo Cgil convocato per mercoledì e la contestuale direzione della Uil. Si lavorerà quindi ancora tra oggi e domani e la parola torna gioco forza anche alla politica. Ieri il responsabile economico del Pd, Stefano Fassina, ha voluto polemizzare con il premier e le sue battute “sulla pelle dei lavoratori” ma, sentito dal Fatto, non si sbilancia sul merito della trattativa.
Su tutto questo arriva un bagno di realtà con i dati sulle ore di cassa integrazione autorizzate a febbraio: 82 milioni con una crescita del 49,1 per cento su gennaio. Lo dice la Cgil precisando che nei primi 2 mesi dell'anno i lavoratori coinvolti nei processi di cassa sono stati 400.000 con un taglio del reddito per oltre 525 milioni di euro, pari a circa 1.300 euro per ogni singolo lavoratore. A tutti questi, per ora, la riforma non offre nulla.

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