FABIO MERONE
Tunisi, 17 agosto 2011, Nena News – Il Ramadan era iniziato nel segno del nervosismo e della paura della penuria. Chi é capace di leggere il volto del paese, di sentire gli umori delle famiglie, le preoccupazioni del popolo, aveva capito che uno strano nervosismo si stava diffondendo tra la gente. Il temuto aumento dei prezzi! Benché si potrebbe obiettare che ogni ramadan é preceduto dall’ansia dell’ aumento dei prezzi e della speculazione sui beni necessari, un dato é certo: quest’anno la Tunisia si trova a sfamare circa qualche centinaio di migliaio di libici in piu’. Oltre ai locali, residenti provvisori che sono fuggiti dal paese limitrofo in conflitto, non bisogna dimenticarsi che i ribelli dell’ovest, anch’essi si riforniscono attraverso lo strategico punto di frontiera di Dhihiba, che Gheddafi ha cecato di sottrarre loro con tutte le forze. Insomma fa caldo e le giornate sono lunghe, si fa una fatica in piu’ a digiunare, ma la penuria non c’é stata!

Non per questo il sentimento generale della popolazione é piu’ sollevato. Si sentono sempre meno discretamente voci insofferenti del disordine generalizzato. Al punto che la parte piu’ politicizzata della popolazione, che stenta a trovare uno strumento di agibilita’ politica, se la prende con le forze contro-rivoluzionarie che stanno andando a fondo nel boicottare le istituzioni per dare l’impressione che é tutto allo sfascio e far rimpiangere il vecchio motto di “ordine e disciplina”. Il mio amico Khaled Amami, “intellettuale del popolo”, direbbe che il nodo della questione é nell’apparato burocratico che si compone di 500.000 unita’, una forza di impatto enorme che dall’indipendenza del paese in poi costituisce la vera ossatura di qualunque regime.
Non é facile trovare strumenti di interpretazione, tuttavia la cronaca di questi giorni ha messo in evidenza, senza equivoci, che l’evoluzione politica del paese passa per la questione della giustizia. Tanto di cappello a chi lo aveva capito da tempo e, nel quasi silenzio annoiato della societa’, si era andato testardamente a ficcare in un giardinetto lungo l’Av. Mohamed V. Sono i collettivi di Menzel Bouzaiane. La citta’ del primo martire ammazzato dal piombo della polizia, che subito dopo la fuga del dittatore si era fatta promotrice di quel processo che aveva portato a questa originale forma di protesta che sono gli I3tisam (presidio), impiantando per primi le tende sulla piazza della Casbah. Dopo la Casbah I e II che aveva fatto cadere il primo ministro di Ben Ali, Mohamed Ghannouchi, il nuovo primo ministro, Bourghibiano dalla tempra solida e duro di maniere, aveva di fatto vietato qualunque assembramento davanti al palazzo del governo. E mentre nei mesi successivi si erano ripetuti tentativi di occupazione della piazza, tutti falliti, i ragazzi di Menzel Bouzaiane si erano trovati questo angolo lungo l’arteria principale del centro della citta’ dove impiantare le loro tende. Ed avevano messo al primo punto delle loro rivendicazioni “l’autonomia della giustizia”.
La liberazione, la settimana scorsa, di due ex ministri di Ben Ali e la fuga dalla Tunisia nella massima tranquillita’ della sign.ra Sayda Agrebi, vicinissima alla famiglia presidenziale e presidentessa dell’ex associazione delle mamme tunisine, ha messo il fuoco a questo ramadan fino ad ora sotto tono. Polverone di polemiche, in prima fila il gruppo dei 25, cosiddetto gruppo di avvocati (in realta’ sono piu’ di 25) che ha tuonato e minacciato di rivelare per nome e cognome tutti i magistrati in odore di corruzione e leali al vecchio regime.
Lunedi’ 8 agosto il coup de theatre.Il direttore della temutissima brigada anti-terrorista, il colonnello Samir Tarhouni, organizza una conferenza stampa al palazzo del governo il cui rivela ai giornalisti “la verita’ su quello che é successo il 14 Gennaio”.
L’attesa é altissima, i tunisini ancora oggi non si spiegano i tanti misteri che hanno coperto gli avvenimenti prima e dopo la fuga di Ben Ali. Fin’ora era circolata la voce, un comunicato dello stesso presidente dall’Arabia Saudita, secondo cui non era sua intenzione abbandonare il paese, vi era stato costretto, con un inganno, da Ali Siriati, capo della guardia presidenziale e responsabile diretto della sua sicurezza. La seconda versione era di quest’ultimo il quale, durante una deposizione davanti ad un giudice avrebbe detto di ritenere che ci sarebbero state forze della guardia nazionale e della polizia che avrebbe occupato l’aeroporto il 14 gennaio, paracadutandosi dagli elicotteri.
Mezze verita’ in piu’ al singolare ruolo giocato da Mohamed Ghannouchi, primo ministro di Ben Ali il quale, la sera stessa della fuga di Ben Ali, esce in tv con la faccia smorta dichiarandosi presidente ad interim senza dare spiegazioni sull’assenza del presidente.
Qualcuno nel governo e tra i meandri del Ministero degli Interni ha dovuto ritenere che era arrivato finalmente il momento di parlare. Le dichiarazioni sono all’altezza dell’attesa. Il colonnello racconta dettagliatamente la cronaca di quella giornata, dalle 12.00 fino alle 17.40 ora della partenza dell’aereo che si portera’ via il presidente con la sua famiglia. I corpi speciali della brigada si trovavano in parte al Ministero degli Interni, in parte alla caserma di Bachoucha. Ai suoi uomini viene ordinato di piazzarsi sui tetti del Ministero degli Interni mentre i manifestanti fanno pressione davanti all’ingresso dell’edificio. L’ordine arriva di sparare, ma il colonnello telefonicamente contro ordina ai suoi uomini di utilizzare solo gas lacrimogeni. Voci si spargono poi che ci sarebbero bande di saccheggiatori presso l’aeroporto, tali da spingerlo a chiamare gli uomini della sicurezza aeroportuale i quali gli comunicano che i membri delle due famiglie “regnanti” (Ben Ali e Trabelsi) riunite per la prima volta dopo essersi tanto odiate, stanno per lasciare la Tunsia. Il passagio cruciale é questo. Il colonnello in propria autonomia decide di bloccare l’aeroporto ed arrestare la fuga dei suddetti. Tentativo di colpo di stato? Condizionamento degli eventi? Intervento di coscienza? Il colonnello ovviamente difende l’ultima tesi. Il presidente é nel suo palazzo, i due corpi speciali della polizia e della guardia nazionale, i piu’ temuti in assoluto, occupano l’aeroporto. Siriati, venuto a conoscenza degli avvenimenti, cerca di proteggere la famiglia presidenziale ma non c’é nulla da fare, gli uomini sotto il suo comando temono la forza dei corpi speciali e rinunciano ad intervenire. Non c’é piu nulla da fare, bisogna organizzare la fuga del presidente almeno in attesa che le cose si chiariscano. Leila Ben Ali sarebbe presa dal panico, anche perché nel frattempo in tutto il paese sono presi d’assalto le proprieta’ della famiglia. Tutto il popolo li odia e sarebbero disposti a fare giustizia sommaria. Ben Ali si recherebbe all’aeroporto militare di Laouina soltanto per accompagnare la famiglia senza l’intenzione di abbandonare il paese. Sarebbe la famiglia che con insistenza lo spingerebbe infine a decollare con loro e Siriati a rassicurarlo che lo avrebbe richiamato non appena la situazione lo avrebbe permesso.
Questo racconto, cosi’ pieno di dettagli, puo’ sembrare forse pedante a chi lo legga fuori da questo paese. Ma per i tunisini é una vera ossessione e da qui e soltanto da qui che, per molti, puo’ veramente considerarsi la fase attuale, pura e trasparente.
Ovviamente queste dichiarazioni non hanno fatto svanire tutti i dubbi ed i molti, a giudicare la tempistica quanto meno dubbiosa, ci hanno visto un ulteriore tentativo di manipolare l’opinione pubblica. Ma un effetto queste dichiarazioni lo hanno avuto. Di liberare un po’ piu’ il dibattito, di incoraggiare i piu’ a spingere fino in fonodo per l’accertamento della verita’ e per il “completamento del processo di passazione del potere”.
In conseguenza di questo intervento si é fatto vivo il figlio di Ali Siriati, chiamato in causa dalle dichiarazioni del colonnello. E’ internenuto in radio ed in  tv ed ha difesa la figura del padre, umile servitore dello stato.
Il “la’” é stato dato, il martedi, il mercoledi ed il giovedi’ successivo alle dichiarazioni gruppi di facebook e militanti di sinistra si sono riuniti davanti alla sede del sindacato ed hanno improvvisato dei cortei che si concludevano davanti ai gradoni del teatro sull’av. Bourghiba. Scene che non si vedevano da mesi, l’avenue é tornata ad essere teatro di dibattiti, finché ieri notte, dopo la rottura del digiuno, si é inscenata questa singolare protesta delle “candele dei martiri”. Sui marciapiedi del viale Haussmaniano di Tunisi sono state messe delle candele intorno ad immagini che ricordavano i martiri, poi intorno ad esse si é creato un cerchio di persone, al cui centro si piazzava un oratore che chiedeva giustizia.
Il tema andrebbe preso sul serio, ed il campanello di allarme é suonato in conseguenza alla bassissima affluenza alla registrazione nelle liste elettorali. Nonostante il rinvio di 15 giorni e incessanti campagne, alle 15.00 di mercoledi 10 agosto, il dato ufficiale sfiorava il 40 per cento di iscrizioni.
I membri dell’Alto Ente per le riforme politiche (sorta di parlamento in nuce), durante la seduta di ieri (mercoledi’10) hanno inscenato una protesta ed hanno chiesto al presidente dell’assemblea di invertire l’ordine del giorno e di discutere di magistratura ed indipendenza della giustizia. L’assemblea fa autocritica e si rende conto di essersi completamente allontanata dalle preoccupazioni popolari e sempre piu’ voci si levano per chiedere di “salvare la rivoluzione dalle forze contro-rivoluzionarie”.
Ultimo dato di cronaca di rilevanza assoluta, la decisione del sindacato di indire una giornata di mobilitazione per lunedi 15 agosto. La potentissima centrale sindacale (UGTT) si é riunita martedi’ 9 ed oltre a tuonare in un comunicato la ferma condanna della lassitudine della giustizia, si é imposta con un linguaggio differente rispetto agli ultimi mesi, é pare voglia tornare ad occupare la scena della protesta. Una svolta sulla via della transizione? Nena News