L'economista francese François Chesnais argomenta la proposta di moratoria sul debito legandola al protagonismo dei movimenti sociali
François Chenais
Nella primavera del 2010 le grandi banche europee, in prima fila le banche francesi e tedesche, hanno convinto l'Unione Europea e la BCE che il rischio di insolvenza nel pagamento del debito pubblico della Grecia metteva in pericolo il loro bilancio. Le banche hanno richiesto di essere messe al riparo dalle conseguenze della loro stessa gestione.
Le grandi banche sono state aiutate nell'autunno 2008 al momento del fallimento della bancaLehman Brothers a New York, che ha portato al parossismo della crisi finanziaria. Sin dal giorno del loro salvataggio, esse non hanno purgato dai loro bilanci i titoli tossici. Hanno anzi continuato a fare investimenti ad alto rischio
. Per alcune, il minimo rischio di insolvenza significherebbe il fallimento.
Nel maggio 2010, è stato concepito un piano di salvataggio, con un asse finanziario e un asse di bilancio pubblico, che prevedeva una drastica austerità e privatizzazioni accelerate, forte diminuzione delle spese sociali, diminuzione di tutte le remunerazioni dei funzionari e riduzione del loro numero, nuovi attacchi al sistema pensionistico - sia esso un sistema per capitalizzazione o per ripartizione. I primi paesi ad aver applicato questo piano, come la Grecia e il Portogallo, sono stati presi in una spirale infernale, di cui le classi popolari e i giovani sono stati le vittime immediate. Questa spirale avvolge di mese in mese un numero sempre più importante di paesi in Europa occidentale e mediterranea, dopo che aveva devastato i paesi baltici e balcanici. Tocca ai lavoratori, ai giovani e alle classi popolari più fragili vedersi imposto il costo del salvataggio del sistema finanziario europeo e mondiale.
Abbiamo bisogno delle banche nella loro forma attuale? Serve continuare a salvarle?
La loro fonte si trova nei flussi di ricchezza (valore e plus valore) provenienti dalle attività di produzione. La forma scelta cambierà a seconda del creditore. Nel caso di un'impresa, si preleva una frazione del profitto. Nel caso dei privati e delle famiglie, è una parte del loro salario o della loro pensione ad essere assorbita dagli interessi che pagano sui crediti ipotecari o sulle carte di credito. Più una banca presta, più i suoi profitti sono elevati. Nel corso degli scorsi due decenni, le banche hanno concepito dei mezzi che permettono loro di seguire questa strada. Le "innovazioni finanziarie" hanno dato nascita ad una rete molto densa di transazioni interbancarie. È a partire da queste "innovazioni" che le banche hanno potuto azionare il cosiddetto "effetto di leva", cioè un rapporto dei prestiti ai loro mezzi proprie e alle liquidità disponibili, il cui ammontare (fino a più del 30%) le mette in permanenza in situazione di grande fragilità. Le banche lo sanno, ma contano sui governi per assicurarle in qualsiasi circostanza e qualunque sia il costo sociale della rete di sicurezza, in caso estremo la socializzazione delle loro perdite.
Il FMI pubblica tutti i sei mesi pressoché simultaneamente due grandi rapporti, uno sulle prospettive dell'economia mondiale e un altro sullo stato del sistema finanziario mondiale. Il primo attira l'attenzione di tutti gli economisti. Il FMI vi presenta le sue proiezioni macroeconomiche. Si tratta insomma di un terreno familiare. Il secondo viene letto soltanto da quelli che accordano, nel contesto della mondializzazione commerciale e finanziaria, un'importanza alla finanza e alle crisi finanziarie. Nel gennaio 2011, il FMI stima già che una delle grandi incertezze della situazione economica mondiale porta sul fatto che in Europa "l'interazione tra i rischi sovrani e bancari si intensifica"(2).
Il primo capitolo del nuovo rapporto sulla situazione del sistema finanziario mondiale conferma questa previsione. Metto inoltre l'accento sulla vulnerabilità delle banche, in particolare delle banche europee (3). L'opinione del direttore del dipartimento dei mercati finanziari e monetari del FMI è la seguente: "Circa quattro anni dopo l'inizio della crisi finanziaria, la fiducia nella stabilità del sistema bancario globale deve essere ancora ripristinata completamente". E sottolineare, per quanto riguarda le banche europee: "alcune banche hanno ancora un effetto leva troppo importante, hanno dei mezzi propri insufficienti, tenuto conto dell'incertezza sulla qualità dei loro attivi. Questi bassi livelli di mezzi propri rendono certe banche tedesche, oltre che le casse di risparmio italiane, portoghesi e spagnoli in difficoltà, vulnerabili a nuovi choc" (4).
Il ruolo delle banche è di fornire del credito commerciale (titoli a cortissimo termine) e dei prestiti a lungo termine alle imprese per i loro investimenti. Questo ruolo è indispensabile al funzionamento del capitalismo. Lo sarebbe per qualsiasi forma di organizzazione economica fondata sulle modalità decentralizzate di proprietà sociale dei mezzi di produzione, e che presuppone il ricorso allo scambio. Il bilancio dei tre decenni di liberalizzazione finanziaria e dei quattro anni di crisi pone, in tutta la sua pienezza, il problema dell'utilità economica e sociale delle banche nella loro forma attuale. Divenute dei conglomerati finanziari, le banche hanno diritto al sostegno dei governi e dei contribuenti ogni volta che i loro bilanci sono minacciati dalle conseguenze delle loro stesse decisioni di gestione? Molte persone cominciano a dubitarne. Qualche volta lo esprimono, come ha fatto Eric Cantona [calciatore francese che ha fatto parlare di sé in Francia ed Inghilterra quando aveva lanciato un appello a ritirare i depositi bancari nel dicembre 2010], in maniere che i media non possono ignorare. Non distruggere le banche, ma appropriarsene affinché possano assolvere compiti essenziali e che sarebbero, in linea di principio, i loro, ecco la risposta che dà, tra gli altri, Frederic Lordon (5).
Verso una definizione dell'illegittimità dei debiti pubblici
La nozione più ampia di debito illegittimo mi sembra corrispondere da più vicino al debito dei paesi capitalisti avanzati, in particolare quelli dell'Europa. È anche la posizione dei militanti del Comitato per l'annullamento del debito del Terzo mondo (CADTM) (8). I fattori che sono messi in evidenza più frequentemente riguardano le condizioni che hanno condotto un paese ad accumulare un debito elevato e mettersi nelle mani dei mercati finanziari. Qui l'illegittimità trova la sua fonte in tre meccanismi: delle spese elevate dal carattere di regali fatti al capitale; un basso livello di fiscalità diretta (imposte sul reddito, sul capitale e sul profitto delle imprese) e la sua debolissima progressività; un'evasione fiscale importante. Ritroviamo i tre fattori tanto nel caso della Grecia che in quello della Francia, così come, beninteso, in tutti i paesi attaccati oggi dai fondi speculativi e dalle banche. Parlando della Francia, il debito è nato, a partire dal 1982, dal regalo fatto al capitale finanziario al momento delle nazionalizzazioni del governo dell'Unione della sinistra. La sua crescita ha sposato poi il movimento di liberalizzazione finanziaria, la cui prima fase negli anni '80 è stata segnata da dei tassi di interesse reali molto elevati.
(...)
Ma l'illegittimità poggia anche sulla natura delle operazioni di "prestito" che va "onorato", per il quale bisogna pagare degli interessi e assicurare un rimborso. L'ingiunzione di pagare il debito, va ripetuto, si basa implicitamente su questa idea che il denaro, frutto del risparmio pazientemente accumulato con il duro lavoro, sia stata effettivamente prestato. Questo può essere il caso per i risparmi delle famiglie o dei fondi del sistema di pensione per capitalizzazione. Non è il caso delle banche e degli hedge funds. Quando questi "prestano" agli Stati, comprando buoni del Tesoro aggiudicati dal Ministero delle Finanze, lo fanno con somme fittizie, la cui messa a disposizione si basa su una rete di relazioni e di transazioni interbancarie. Il trasferimento di ricchezza, quella che nasce al lavoro, ha invece luogo nel senso inverso. Il debito e il servizio degli interessi sono una componente della "pompa finanziaria", così elegantemente soprannominata da Frederic Lordon in omaggio a Jarry e a suo padre Ubu. La natura economica delle somme pretese è un fattore in più per interrogarsi sulla legittimità del debito pubblico.
L'audit del debito pubblico e il suo annullamento
Audit sul debito ed esercizio dei diritti democratici
Intesa così, la rivendicazione di audit del debito e soprattutto i suoi primi passi con la creazione dei comitati, in quanto l'istanza popolare dove le prove dell'illegittimità sarebbero raccolte e dibattute, costituirebbe un formidabile strumento di "re-democratizzazione" (10).
Per i detentori del debito pubblico, la salvaguardia del piccolo risparmio è spesso sollevata come questione importante, quando non è addirittura l'ostacolo determinante. In realtà non pone alcun problema. Nelle dichiarazioni d'imposta diretta, le banche calcolano quasi al centesimo l'ammontare delle differenti forme di risparmio delle famiglie. Queste sarebbero garantite, perché rappresentano soltanto una parte minuscola dei "crediti" reclamati.
L'annullamento dei debiti pubblici non può ovviamente essere una misura isolata. Qui metteremo l'accento, molto brevemente, su due aspetti. Il primo è l'appropriazione sociale delle banche e la loro riconfigurazione in maniera da ristabilire le funzioni essenziali alla creazione di determinate e limitate forme di credito e alla loro messa al servizio dell'economia. Il secondo è la riconfigurazione della fiscalità, che deve cessare di essere un grave peso sui salari e sulle classi popolari. I sindacati SNUI e SUD Trésor [sindacati francesi dei funzionari delle imposte, ndr] hanno delle proposte pronte. Altrettanto importa è l'uso che viene fatto dell'imposta, che sia prelevata nazionalmente o localmente. Il controllo democratico dell'uso dell'imposta è diventato puramente formale.
Più in generale, la posta in gioco è quella definita in questo documento greco, cioè la creazione di una dinamica politica nella quale tutte e tutti quelli che hanno mostrato, ripetutamente, una forte capacità di mobilitazione, vedano una campagna per l'annullamento del debito come una lotta essenziale e che condiziona il futuro. In Francia ma anche in tutta Europa i salariati sono confrontati alle questioni cruciali dell'impiego e della precarietà. La soluzione passa attraverso il controllo sociale dell'investimento. Non si può continuare a dipendere dalle strategie di massimizzazione dei profitti delle grandi imprese. La soddisfazione dei bisogni sociali impellenti ha per contesto la crisi ecologica in tutte le sue dimensioni. È indispensabile realizzare un cambiamento basato su profonde trasformazioni nei modi tecnici di produzione nell'industria come nell'agricoltura. Il finanziamento sarebbe assicurato dall'imposta e dal credito bancario controllato. La "sobrietà energetica" e la de-mercificazione ne sarebbero i complementi. La liberalizzazione degli scambi, il cui costo ecologico è immenso, è un fondamento del capitalismo finanziarizzato. Il controllo sociale dell'investimento permetterebbe di riassegnare numerose attività e accorciare le linee di approvvigionamento, di produzione e di commercializzazione. L'annullamento dei debiti nei paesi in cui i popoli si mobiliteranno per questo scopo, creerà così le condizioni per una vera "uscita dalla crisi".
Cogliere l'opportunità di una lotta in un insieme di paesi
1 Robert Guttmann, How Credit-Money Shapes the Economy, M.E. Sharpe, Armonk, New York, 1994, pagina 33.
2 FMI, Global Financial Stability Report, aprile 2011, capitolo 1, tabella 1.1.
3 idem
4 Dichiarazioni di José Vinals citate da Martine Orange, Mediapart, 15 aprile 2011
5 Frédéric Lordon, " Pas détruire les banques, les saisir!", La pompe à Phynance, blog.mondediplo.net/2010-12-02
6 Vedi Global Economic Growth Report, Toronto, Luglio 2003
7 " Prêts toxiques: les élus s'allient pour attaquer les banques ", Le Monde, 9 marzo 2011
8 Vedi Eric Toussaint, "Face à la dette du Nord, quelques pistes alternatives", www.cadtm.org/, 19 gennaio 2011.
9 Yorgos Mitralias, " Face à la dette: l'appétit vient en auditant!…" 12 aprile 2010 (www.cadtm.org/ ). L'autore è il principale animatore del comitato greco per l'annullamento del debito.
10 In opposizione alla de-democratizzazione nata dal neoliberismo, vedi Wendy Brown, Les Habits neufs de la politique mondiale, trad. di Christine Vivier, Les Prairies ordinaires, Parigi, 2007, e anche Pierre Dardot e Christian Laval, La nouvelle raison du monde, Essai sur la société néolibérale, La Découverte, Parigi, 2009, pagine 457-468.
(Traduzione a cura del Mps-Solidarietà svizzero)
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