mercoledì 2 maggio 2012


Partiti a Firenze


E' nata l'Alba, un nuovo soggetto politico che, a prima vista, sembra affiancarsi agli altri già esistenti. Quando invece la situazione richiederebbe una nuova movimentazione e uno spazio comune fatto di iniziativa sociale e internazionale. A cominciare da Francoforte
Salvatore Cannavò
Con ogni probabilità a Firenze ha visto "l'alba" un nuovo partito anche se tutte le dichiarazioni dicono che non sarà così. Chiariamo subito che la cosa non ci scandalizza visto che non pensiamo che la parola partito sia divenuta oramai una bestemmia in Chiesa. A condizione di intendersi sul significato. A noi il termine rimanda ancora una certa convergenza di più persone su alcune idee fondamentali (un programma), una forma organizzata, non importa quale, un gruppo dirigente che avanza una proposta e che prova a perseguire un progetto, un'incidenza sociale significativa. E' chiaro che i partiti in Italia sono molto di più e molto di meno di questo. Sono spesso "comitati di affari", incrostazioni burocratiche, escrescenze elettorali, emanazioni di leader carismatici, affollati luoghi di spartizione del potere e via di questo passo. Il "soggetto politico nuovo", l'Alba (Alleanza lavoro beni comuni ambiente) corrisponde abbastanza alle coordinate semplici e pulite elencate sopra e certamente non ha niente a che fare con le aberrazioni descritte dopo.

A prima vista sembra avere alcuni assi fondamentali, illustrati a Firenze dalle quattro relazioni introduttive e da altri interventi e comunque desumibili dai suoi documenti, si è dato una prima forma, leggerissima ma reale, di struttura organizzata, sembra far emergere un gruppo dirigente soprattutto formato da intellettuali e docenti universitari (Revelli, Ginsborg, Mattei, Gallino, Lucarelli, che è anche assessore a Napoli e plenipotenziario di De Magistris). Dovrà dimostrare di essere in grado di avere un'incidenza sociale. Tutto ciò lo fa assomigliare a un partito al di là di quello che dicono i suoi promotori e da questo punto di vista l'esperienza fiorentina di sabato scorso smentisce uno dei lei motives che l'ha accompagnata: non faremo l'ennesimo partitino. La smentisce nei fatti perché il soggetto che nasce - di cui, ripeto, va rispettata la genesi e con cui va anche pensata una interlocuzione - non fa che aggiungersi ai soggetti già esistenti (impossibile elencarli tutti) e non ne sostituisce alcuno. Del resto, la stessa fretta tra la pubblicazione, "a freddo", del manifesto politico il 28 marzo e la realizzazione dell'assemblea nazionale il 28 aprile, non depone a favore di un processo aperto, includente, e rigenerativo (il termine rifondativo è meglio escluderlo). In questo senso "l'evento" non sembra assumere una forza d'urto particolare o perlomeno non all'altezza delle potenzialità possibili perché non intercetta direttamente una domanda di unità e di radicalità che esiste in circolazione e che a oggi si disperde in rivoli incomincianti e incomunicabili: da Di Pietro a Grillo, dalla solidarietà alla Fiom a un certo seguito che interessa ancora Vendola, da una certa rianimazione della sinistra più radicale - la manifestazione Occupy di Milano - alla Val di Susa.
Il percorso futuro dell'Alba - nome creativo ma non certo trascinante soprattutto perché "freddo" e non espressione di un processo reale - andrà giudicato senza schematismi perché le motivazioni di questa creatura sembrano più che dignitose. Però, a un primo sguardo, non sembra rispondere a quelle che ci sembrano ancora le necessità inaggirabili per ricostruire una degna sinistra in Italia: indipendenza dal Pd, radicalità sociale e soprattutto un processo costituente non calato dall'alto ma frutto di un percorso reale, di nuove esperienze, di una ricostituzione di un movimento della trasformazione che provi a sostituire il movimento operaio che fu. Pensiamo, ormai da tempo, che la sinistra verrà "dopo" la rinascita di una movimentazione di massa, produttiva di nuove energie e di una nuova generazione militante, espressione di conflittualità alte e saggiamente gestite, con una visione internazionale e locale nuova. Più "occupy", per intenderci, che riorganizzazione della forza residua. In questo senso lo "spazio comune" cui si allude nei documenti dell'Alba e nel dibattito che è comunque aperto a sinistra, dovrebbe avere la fisionomia di un movimento unitario attorno ad alcune idee basilari a cominciare dal debito. Un "movimento contro la crisi" di cui, però, non si vede traccia. Anche per questo varrebbe la pena impegnarsi per la riuscita delle giornate di Francoforte, cogliere i movimenti europei attorno all'Audit del debito, impegnarsi per forme di "sciopero generalizzato", saper fare della resistenza ancora esistente allo smantellamento dell'articolo 18 una sorta di trincea mobile. Tutte cose che chiedono movimento e autorganizzazione. Ingredienti che oggi sono indispensabili quanto un partito. Forse di più.

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