lunedì 18 luglio 2011

Pomigliano, vittoria a metà

Il Tribunale di Torino ha riconosciuto la legittimità dell'accordo siglato dalla Fiat con Cisl, Uil, Ugl e Fismic ma, allo stesso tempo, ha riconosciuto il carattere di antisindacalità. Partita ancora aperta, e solita minaccia sugli investimenti da parte di Fiat.

Salvatore Cannavò
(Da il Fatto quotidiano)
Il Tribunale di Torino ha riconosciuto la legittimità dell'accordo siglato dalla Fiat con Cisl, Uil, Ugl e Fismic che stabilisce la nascita di Fabbrica Pomigliano ma, allo stesso tempo, ha riconosciuto il carattere di antisindacalità di quell'intesa come richiesto dalla Fiom che brinda alla sentenza emessa ieri sera dal giudice Vincenzo Ciocchetti. La Fiat, invece, si dice “soddisfatta a metà” e, ancora una volta, rimette in gioco gli investimenti di “Fabbrica Italia”.

La causa era stata intentata dalla Fiom che aveva definito “un trasferimento di impresa mascherato” la costituzione della nuove società di Pomigliano – in violazione dell'articolo 2112 del codice civile sul trasferimento d'azienda – e che soprattutto accusava la Fiat di aver voluto quelle nuove società, esterne a Confindustria e quindi esterne alle regole contrattuali stabilite dagli accordi nazionali, “per fare fuori la Fiom”. Il giudice le ha dato ragione, accogliendo l'antisindacalità della Fiat perché ha determinato, “quale effetto conseguente, l'estromissione di Fiom-Cgil” dal sito di Pomigliano d'Arco. E' un diritto della Fiat costituire quelle aziende, dice il giudice, che non ha riconosciuto alla Fiom il diritto di rivendicare la violazione dell'articolo 2112. Ma allo stesso tempo ha riconosciuto questo diritto in capo ai singoli individui, cioè ai lavoratori. E Landini ha già annunciato l'intenzione di verificare eventuali cause individuali per dimostrare che la nuova società è semplicemente un trasferimento di azienda e quindi deve incorporare i precedenti diritti.
Intanto il giudice ha stabilito che alla Fiom dovrà essere applicato l'intero “titolo terzo” dello Statuto dei lavoratori, dall'articolo 19 (Costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali) all'articolo 27 (locali delle rappresentanze sindacali). Una decisione che avrà effetti importanti sulle fabbriche del gruppo dove, si fa notare in Fiom, i metalmeccanici della Cgil si riprendono anche il diritto di sciopero. “E' una vittoria netta, dice Landini, perché la Fiat ha provato a fare accordi separati per buttarci fuori mentre il diritto ci dà ragione e ci rimette dentro”.
Diversa la valutazione della Fiat: “La prima parte della sentenza è motivo di grande soddisfazione mentre la seconda parte è incomprensibile” dicono i legali del gruppo. La prima parte, infatti, riconosce la legittimità delle nuove regole e, quindi, dicono i legali anche le deroghe al contratto nazionale. “Al contrario riteniamo la seconda parte della sentenza incomprensibile in quanto contrasta apertamente - dicono gli avvocati - con l'articolo 19 dello Statuto dei lavoratori che sancisce il diritto di rappresentanza sindacale soltanto alle organizzazioni sindacali che hanno sottoscritto il contratto”.Sulla seconda parte l'azienda farà ricorso mentre sul contesto generale va registrata la nota diramata dalla Fiat che ripropone il solito schema: “Valuteremo l'impatto della decisione del giudice sulla praticabilità del piano di investimenti”. Come a dire, se non ci convince quanto deciso oggi siamo pronti ad andarcene. La riproposizione di quella linea durissima che minaccia la chiusura degli stabilimenti e l'abbandono dell'Italia. Ma l'atteggiamento della casa automobilistica potrebbe anche essere rivolto a ottenere qualcosa ancora, ad esempio una nuova legge in grado di regolamentare il conflitto in azienda e garantire la certezza degli accordi oltre alla sterilizzazione dello sciopero. Il ministro Sacconi, che ieri sera ha invitato la Fiom a “riflettere sul proprio autoisolamento” si era già detto pronto a varare il provvedimento anche se oggi pesa l'attuale fragilità del governo.
Sacconi, in realtà, cerca di sostenere un'altra tesi e cioè che l'accordo siglato il 28 giugno “dovrebbe soccorrere” la tenuta degli accordi. E quell'intesa, non a caso, ieri è stata ampiamente citata nel corso del dibattimento. Addirittura con un piccolo colpo di scena, quando la Fim-Cisl e la Uilm, costituitesi parti civili nel processo, si sono accorti che la loro richiesta di depositare l'accordo del 28 giugno agli atti del processo era stata preceduta proprio dalla Fiat. I cui legali si sono anche concessi dell'ironia chiedendo retoricamente alla Fiom se tra i nemici che vede dappertutto “ci sia anche la Cgil”.
Gli avvocati del Lingotto hanno però insistito su un altro punto: non c'è un atteggiamento antisindacale o una resa dei conti politica dietro le scelte della Fiat ma “il futuro dell'auto, per non dire il futuro dell'economia italiana”. Gli accordi chiari ed esigibili, aventi efficacia generale sono la condizione per poter mantenere i propri investimenti, e stabilimenti, in Italia. Altrimenti, meglio gli Usa o il resto del mondo, là dove certe garanzie sono ottenibili più facilmente.
Il giudice, però, non si è fatto influenzare da questa lettura e ha preferito accogliere le richieste della Fiom. La partita di Pomigliano non è ancora finita.

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