domenica 25 dicembre 2011

Sotto le pieghe del linguaggio


L'editoriale di Stefano Tassinari che apre il nuovo numero della Nuova rivista Letteraria in libreria da pochi giorni. Argomento centrale il populismo, a partire da Grillo
S.T.
Dopo esserci occupati, nel numero scorso, di populismo, abbiamo pensato di proseguire quel dibattito allargando il nostro sguardo ai linguaggi, anche contemporanei, del populismo letterario e politico, spesso nascosto sotto le pieghe del buon vecchio “nuovo che avanza”. Eh sì, perché secondo quello che scrive Wu Ming1 - e che la redazione di “Letteraria” condivide - esistono un linguaggio e una forma d'azione che, pur rifacendosi ufficialmente a una sorta di ribellismo anti-istituzionale e cercando d'interpretare quel malessere anticasta così diffuso nella società italiana odierna, tendono - spesso in modo inconsapevole - a trasformarsi in linguaggi ed azioni normalmente utilizzati dalle destre. Per approfondire l'argomento, abbiamo cercato di comprendere anche i passaggi storici di quest'evoluzione (o, meglio, involuzione), facendo riferimento a chi, nel corso del secolo scorso, ha coscientemente usato il populismo come principale strumento d'intervento politico, con risultati rilevanti in termini di consenso, anche se per brevi periodi (il riferimento non va solo al Guglielmo Giannini del movimento “Uomo qualunque” - del quale si occupa Giuseppe Ciarallo, ma anche a una figura di intellettuale importante e controversa come quella di Leo Longanesi, raccontataci da Agostino Giordano).
In realtà, abbiamo dedicato uno spazio di rilievo anche al cosiddetto “populismo di sinistra” (perché la sinistra, specie la nostra, non ne è certo immune), nonché al nuovo neonazismo che sta prendendo piede in mezza Europa, pur in mancanza di un'assunzione di responsabilità da parte di chi lo propugna, magari sentendosi un portatore sano di quel tipo di cultura (lo stimolo, in tal senso, ci viene dal pezzo di Alberto Sebastiani). E siccome c'interessa, innanzi tutto, parlare di letteratura sociale per capire meglio il nostro presente, abbiamo anche cercato di collegare la tanto sbandierata crisi economica di questo periodo (e di altri momenti della Storia) alla letteratura ispirata alla crisi stessa, puntando a comprendere se tale legame sia (stato) automatico o ricercato a tavolino dagli autori. Il “teatro di narrazione” è al centro della seconda puntata della riflessione aperta, nel numero scorso, da Marco Baliani (il quale, oltre che scrittore, è notoriamente un attore e regista che può essere considerato uno dei fondatori di questo genere teatrale), mentre un altro elemento di continuità è fornito dall'articolo di Silvia Albertazzi, la quale, analizzando il rapporto tra letteratura e trauma (anche in riferimento ad alcuni noti eventi) prosegue la discussione aperta da un pezzo dedicato dal sottoscritto al tema del dolore in letteratura, a partire dall'uso che ne fa uno scrittore straordinario come Thomas Bernhard. Nella sezione “Dal mondo”, oltre ad ospitare il terzo e conclusivo pezzo di Giovanni Marchetti incentrato su ciò che si scrive nel Messico di oggi, trovano spazio due letterature scarsamente conosciute: quella di Haiti (indagata da Massimo Vaggi) e quella kurda (affrontata, invece, da Francesco Marilungo). Di particolare interesse, a nostro avviso, i “ripescaggi” di autori che amiamo e che, per un motivo o per un altro, non sembrano essere - chi più, chi meno - sufficientemente al centro dell'attenzione, se non altro degli editori e di alcuni critici: ci riferiamo a Dolores Prato, Georges Perec, Leonardo Sciascia e Agota Kristof (quest'ultima tornata per un po' in auge a causa della sua recente scomparsa), raccontate per noi, rispettivamente, da Paolo Vachino, Marcello Fois, Pier Damiano Ori e Simona Vinci. Da citare, last but not least, l'omaggio che abbiamo voluto dedicare al nostro amico scrittore Giuseppe D'Agata, scomparso pochi mesi fa. Molti di noi, da Maria Rosa Cutrufelli a chi scrive, con Pippo hanno condiviso dei percorsi comuni, e ci è sembrato naturale che una rivista come la nostra lo ricordasse con affetto e commozione.

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