Oliva ha la speranza di servire da deterrente agli attacchi e agli arresti che i pescatori subiscono quotidianamente insieme alla confisca delle loro barche
DANIELA RIVA

Dal novembre scorso, come già denunciato in un comunicato del Palestinian Centre for Human Right (www.pchrgaza.org), la frequenza degli arresti di pescatori palestinesi al largo della costa, indipendendentemente dalla loro posizione, sembra essere in aumento. Come spesso riferito dai pescatori e confermato da quelli recentemente arrestati e rilasciati, questi arresti sembrano essere solo finalizzati alla raccolta di informazioni sull’appartenenza politica di famigliari e amici, sull’area portuale di Gaza e sui tunnels di Rafah, oltre che a offrire un supporto economico agli arrestati in cambio della loro disponibilità a ‘collaborare con Israele’.

Dalla documentazione raccolta dai volontari internazionali a bordo di Oliva però, la presenza della marina israeliana nelle acque palestinesi, è stata registrata anche all’interno delle 3 miglia. Il limite reale imposto ai pescatori (e a Oliva), documentato attraverso l’uso di un GPS, varia da 1.5 ai 2 miglia nautiche. La marina israeliana si è ripetutamente mossa a grande velocità verso Oliva, inseguendola più volte fino ad arrivare a 1.5 miglia nautiche dalla costa e
impedendole così di navigare oltre questa posizione. Ha inoltre impedito ai pescatori di pescare anche quando erano posizionati a 2 miglia dalla costa, inseguendoli, avvicinandosi e muovendosi a grande velocità tra le loro imbarcazioni, provocando forti onde, sparando colpi, e comunicando loro da un megafono ‘andate, andate a casa’.

I resoconti delle missioni di Oliva sono disponibili in lingua italiana su http://ilblogdioliva.blogspot.com/ e in lingua inglese sul sito del CPS Gaza (www.cpsgaza.org).Nena News
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