giovedì 29 dicembre 2011

Editoria di sinistra, serve un nuovo progetto


Liberazione occupa la redazione e si "scontra" con il manifesto. Il quale rischia anch'esso la chiusura. Ce n'è abbastanza per tirare un bilancio di fondo e discutere di una ipotesi per il futuro
imq
I lavoratori di Liberazione occupano la redazione del giornale e scrivono almanifesto chiedendo al "quotidiano comunista" di non ospitare sulle sue pagine un mini-inserto "Liberazione" come chiesto dall'editore del giornale a rischio chiusura, Rifondazione comunista. A sua volta il manifestoannuncia che la propria chiusura è nell'aria. Ce n'è abbastanza per capire che la stampa di sinistra ha ormai toccato il fondo e che ai problemi economici, scatenati dalla decisione dei vari governi di strozzare il finanziamenti ai giornali di partito e alle cooperative, si sommano quelli, molto più cruciali, politici ed editoriali.
Siamo convinti che l'editoria di sinistra abbia ampiamente dimostrato di non essere in grado di gestire i propri conti e di non saper fare bene il proprio mestiere. Sia Liberazione che il manifestocostituiscono l'esempio evidente di testate che hanno raggiunto picchi importanti di pubblico e audience e che non hanno saputo gestire i propri successi e le proprie giuste intuizioni (vale per tutti la manifestazione indetta dal manifesto il 25 aprile del 1994). Ma la ragioneria, ovviamente, non spiega abbastanza e i nodi politici, per una stampa che si è sempre voluta schierata e quindi politicamente impegnata, occupano un ruolo decisivo.
Quanto ha pesato il sostegno che quei giornali hanno dato, pentendosene in ritardo, alle derive governiste della sinistra italiana? Il ruolo di "nostalgia" per un passato che non può tornare o la speranza di tirare per la giacca una sinistra moderata che si è fatta parte integrante del sistema? E quanto ha pesato l'essere giornali di parte, nel senso deleterio, incapaci di allargare i propri orizzonti, di coinvolgere davvero le diverse istanze e le varie propensioni culturali dei tanti movimenti che pure si voleva rappresentare quotidianamente? Certo, c'è il ruolo delle grandi ristrutturazioni, i costi sempre più alti, il peso di internet. Ma è un caso che a sinistra non ci sia un giornale online, degno di questo nome, in grado di realizzare qualche centinaio di migliaia di contatti mentre altri lo hanno realizzato con poco sforzo? E la dipendenza dal finanziamento pubblico non ha forse messo in secondo piano la gestione efficiente con l'obiettivo di allargare lettori e vende più copie? E, infine, la qualità giornalistica, che per un giornale è il primo requisito, non è stata sacrifica sempre di più alle esigenze della politica?

Scriviamo tutto ciò non per farci gli affari degli altri. In fondo se giornali come il manifesto sparissero ci perderemmo un po' tutti. Ma questa discussione andrebbe fatta seriamente, in sedi più ampie di quelle che oggi si dimenano per la propria sopravvivenza, facendo un bilancio serio della storia passata e provando a costruire un progetto per il futuro. Continuiamo a credere - lo crediamo da quando abbiamo creato questo piccolo strumento editoriale - che ci sia lo spazio, e la domanda, di un polo giornalistico-editoriale schierato dal lato dei movimenti, dei sindacati, delle ragioni dei lavoratori, della pace, dell'ambiente, del femminismo, che si presenti come uno spazio ampio e plurale, competente ed efficiente, in grado di parlare i nuovi linguaggi dell'informazione e di costruire un comune sentire pur rispettando le differenze. Se non la si prende da questo lato assisteremo a una morte lenta da cui non ci saranno possibilità di salvezza.
imq
A seguire, il comunicato di Liberazione e la lettera scritta al manifesto e un articolo di Gigi Sullo (ex direttore di Carta) che riflette sulla crisi della stampa di sinistra.

OCCUPY LIBERAZIONE. LE LAVORATRICI E I LAVORATORI DI LIBERAZIONE OCCUPANO LA REDAZIONE DEL GIORNALE
da liberazione.it

Occupazione aperta del giornale, perché Liberazione continui a vivere. E' questa la decisione dell'assemblea permanente di Liberazione riunita oggi per valutare in che modo proseguire la battaglia per la vita della testata e la difesa dei suoi 50 lavoratori. Dopo la rottura del tavolo sindacale, avvenuta ieri in seguito alla decisione unilaterale e irremovibile della Mrca spa (socio unico il Partito della Rifondazione comunista) di sospendere le pubblicazioni cartacee dal primo gennaio prossimo, l'obiettivo di giornalisti e poligrafici è quello di continuare a fare il giornale, continuando a lavorare tutti, come previsto dai contratti di solidarietà firmati a luglio. Se la Mrc non dovesse tornare sulle sue decisioni, ancora tre uscite su carta e poi il prodotto completo a disposizione dei lettori on line. Già stanotte un gruppo di lavoratori srotolerà i sacchi a pelo sui pavimenti della redazione di viale del Policlinico 131. Perché? Per un motivo simbolico: rimarcare il fatto che Liberazione non è proprietà privata di nessuno ma appartiene a una grande collettività, stratificata e composita, formata dai lettori, dai militanti di Rifondazione, da tutti quelli e quelle che il giornale hanno fatto negli anni, dai diversi direttori che lo hanno guidato (tra gli altri Luciano Doddoli, Luciana Castellina, Lucio Manisco, Sandro Curzi, Sansonetti, Greco), dai tantissimi pezzi di società e movimenti che il giornale ha raccontato (dal mondo del lavoro a Genova 2001, all'acqua pubblica, ai No Tav, ai No Ponte). E per un motivo pratico: per chiedere all'editore di riconsiderare le proprie posizioni e venire a costruire nel confronto almeno una soluzione-ponte di un mese, per farsi trovare ancora vivi dalla riforma e dagli stanziamenti del governo. La redazione è aperta. L'invito è a tutti coloro che hanno a cuore la stampa libera e vogliono portare solidarietà ai lavoratori: collegatevi, passate, scrivete, discutete, partecipate.
L'assemblea permanente di Liberazione Cdr e Rsu di Liberazione

«Cari compagni, seguite la nostra lotta ma non pubblicate una mini-Liberazione»
da il manifesto
Care compagne e cari compagni, il 15 dicembre la Mrc, la società editrice che pubblica Liberazione per conto di Rifondazione, ci ha annunciato di aver deciso, in modo «irrevocabile» ci hanno detto, di sospendere sia l'edizione cartacea che quella online della testata. Il motivo indicato a sostegno di tale scelta drastica è l'incertezza, che ben conoscete, dei finanziamenti pubblici all'editoria.
Abbiamo chiesto immediatamente un tavolo sindacale nazionale per chiedere all'azienda chiarimenti e per avanzare delle proposte alternative: riduzione della distribuzione e taglio ulteriore dei costi, compreso quello del lavoro, e magari aumento del prezzo per un paio di mesi - siamo già in solidarietà e abbiamo firmato 23 esuberi su 30 giornalisti e 9 poligrafici su 20 che si concretizzeranno nell'estate del 2013 (oltre tredici colleghi sono però già in uscita) - per affrontare gennaio e magari febbraio mentre la presidenza del consiglio e il sottosegretario Malinconico fissano i criteri per i finanziamenti. Affrontare tutti insieme questa fase di incertezza senza pregiudicare il futuro del giornale e dei suoi lavoratori.
Parallelamente alle iniziative assunte dal direttore di Liberazione, insieme alla direzione del manifesto e a quelle di molte altre testate minacciate dai tagli governativi, per una settimana abbiamo organizzato una mobilitazione con sit-in alla sede nazionale della Fnsi e al Quirinale, ne avete scritto anche sulle vostre pagine, per richiamare l'attenzione sulla nostra vicenda e abbiamo ottenuto un incontro urgente con il sottosegretario Malinconico. Di fronte alle nostre preoccupazioni sui tagli governativi e sull'annuncio della Mrc di sospendere le pubblicazioni, Malinconico ci ha detto cose importanti e si è impegnato per la «continuità occupazionale e editoriale» di un giornale storico come Liberazione. Parole, certo, ma significative se si pensa che vengono espresse a proposito di una singola vicenda e di una singola testata.
Purtroppo però tutto questo è risultato inutile. La Mrc ci ha riproposto lo stop al giornale e, dopo 7 ore di discussione, si è detta disponibile a mantenere aperto l'online ma con soli 2 giornalisti, un poligrafico e il direttore. Accanto alla decisione unilaterale sul blocco del cartaceo ci hanno annunciato di voler mettere tutti in cassa integrazione a zero ore e poi, non si sa bene quando, richiamare chi vogliono loro per non si sa bene quale prodotto editoriale. Ma proprio dalle vostre pagine Paolo Ferrero ha parlato negli stessi giorni di «un settimanale».
E' in questo contesto che il nostro editore vi ha chiesto uno spazio sul manifesto. Mentre sceglieva di non impegnarsi in alcun modo nei confronti dei propri dipendenti - giornalisti e poligrafici - proponendo per loro la cassa integrazione in base alla sospensione del cartaceo, e ipotizzando che avrebbe «tenuto solo alcuni», chiedeva a voi di essere sostenuto contro le scelte del governo Monti.
Come potete capire - e come si può leggere in tutti i comunicati che abbiamo diffuso in questi giorni e che hanno descritto giorno per giorno l'evoluzione della nostra vicenda - il nostro editore, nell'incertezza relativa ai finanziamenti pubblici, sta facendo una scelta unilaterale che pregiudica il futuro di Liberazione e i nostro posti di lavoro.
Crediamo che sarebbe grave non considerare questo elemento nella vostra decisione di concedere uno spazio sulle pagine del manifesto a chi sembra considerare, nella propria azienda, i diritti dei lavoratori come un intralcio e come una variabile di cui non è necessario tener conto. Inoltre una mini Liberazione che uscisse sulle vostre pagine ora, in assenza di una redazione e delle nostre professionalità, con noi tutti in cassa integrazione, cosa sarebbe? Forse un volantino, non certo un qualche tipo di prodotto giornalistico o editoriale.
La nostra battaglia per continuare a far vivere Liberazione e per difendere i nostri posti di lavoro è appena iniziata ed è a questa battaglia che vi chiediamo di concedere spazio e visibilità sul manifesto.
Certi della vostra solidarietà, un abbraccio fraterno.
Cdr e Rsu di Liberazione

I giornali di sinistra

Pierluigi Sullo, da il manifesto
Nell'ottobre del 2008 - data poi non molto remota - i "tre giornali della sinistra", ossia il manifesto, Liberazione e Carta, convocarono una manifestazione, a Roma, cui parteciparono, si disse, un milione di persone.
Magari erano mezzo milione, ma comunque un'enormità. Si trattava di un estremo tentativo di rivitalizzare la partecipazione al governo di quella che all'epoca si chiamava "sinistra radicale". Di fronte a una marea di bandiere rosse parlarono, oltre a Pietro Ingrao, i tre direttori, Gabriele Polo, Piero Sansonetti e chi scrive. Non servì a niente, la "sinistra radicale" si era impantanata dentro quel che adesso Fausto Bertinotti definisce «il recinto». Probabilmente, lo sbaglio fu commesso in partenza, quando i partiti di sinistra decisero che "i movimenti" da soli non erano in grado di cambiare nulla e che si trattava appunto di impugnare qualche leva del governo. Prodi subito dopo cadde (grazie a Mastella, pensa un po') e le sinistre riunite ottennero zero parlamentari alle elezioni successive. Rievoco questa poco gloriosa pagina per ricordare a me stesso, prima di tutto, quale fosse il ruolo, il peso, che la stampa di sinistra o "di movimento", e specialmente il manifesto, riusciva ad avere, anzi era spinta ad avere: inutile ricordare il mitico 25 aprile del '94, quando una sinistra tramortita dalla prima vittoria di Berlusconi trovò l'occasione di risorgere dalle sue ceneri grazie a una manifestazione convocata dal "quotidiano comunista". Ma ora? Carta ha cessato di esistere, in quanto settimanale, da più di un anno: era il più fragile. L'editore di Liberazione ha deciso di interrompere le pubblicazioni dal primo gennaio. E il manifesto, come leggiamo quasi ogni giorno, non sta affatto bene. Dunque la domanda che uno come me, giornalista "irregolare" per tutta la vita, si pone è: oltre alle aggressioni alle provvidenza pubbliche all'editoria cooperativa o di idee, oltre alla crisi generale della carta stampata che arretra combattendo (poco e male) di fronte al dilagare di internet, oltre alla crisi economica che svuota le tasche dei lettori, oltre a tutto questo non è per caso avvenuto un cambiamento radicale, tale da svuotare di senso, più precisamente di attualità sociale e culturale, la sinistra e i suoi giornali? Qualcosa del genere dovrebbe suggerire il fatto che uno dei pochi cambiamenti che si sono ottenuti, con i referendum su acqua e nucleare, lo si deve a una miriade di comitati cittadini; o ancora il fatto che le vittorie di Pisapia e De Magistris si devono a fenomeni avvenuti a fianco o anche contro i partiti. Lezioni inutili, a giudicare dalle reazioni della ex sinistra radicale alla candidatura di Sandro Medici alle primarie romane (come ha riferito sul manifesto Carlo Lania). Ecco, messi alle strette dalla fine di un'epoca, i giornalisti "irregolari" sbaglierebbero di grosso se tentassero di ricominciare nello stesso modo. Perché non c'è dubbio che di una informazione indipendente, sociale, anti-liberista (chiamatela come vi pare) vi è oggi ancora più bisogno che ieri, ed è però altrettanto sicuro che ci si deve inventare qualcosa di tanto innovativo quanto fu il manifesto alla sua nascita. Spero ci sarà occasione di discuterne

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