venerdì 23 dicembre 2011

Alla "Tunisian girl" il premio "Roma per la pace"

Nella capitale per il ricevere il premio "Roma per la pace", Lina Ben Mhenni ci racconta la primavera araba dall'interno: "La cacciata di Ben Ali è solo il passo più piccolo."
GIAMPAOLO CADALANU
(Da Repubblica.it)
Se la definiamo "Rivoluzione dei gelsomini", Lina Ben Mhenni piega la bocca in una smorfia. "In Tunisia preferiamo definirla 'Rivoluzione della dignità'. È per la dignità che molte persone sono morte". La blogger protagonista della 'primavera' tunisina è in Italia per ricevere il premio "Roma per la pace" e fra le coetanee italiane potrebbe tranquillamente confondersi, con minigonna e piercing sul sopracciglio.
È la figlia di un oppositore storico, ex comunista e fondatore di Amnesty International in Tunisia, incarcerato ai tempi di Habib Bourghiba: "Ho sempre cercato di capire le ferite di mio padre, quelle del corpo e quelle dell'anima", racconta.
Con il suo blog Tunisian girl 1 (da cui è nato un libro edito in Italia) ha denunciato abusi, contestato prepotenze e coordinato azioni di protesta fino a conquistarsi un ruolo di pericolosa dissidente già a 27 anni. Ora la dittatura di Ben Ali è crollata, ma Lina non vede grandi cambiamenti nella società tunisina.

Lei non sembra soddisfatta, nonostante la fine di Ben Ali. Perché?
"In realtà non ci aspettavamo un cambiamento immediato. Anzi, pensavamo che ci sarebbero voluti mesi e mesi. La cacciata del dittatore è solo il primo passo, il più piccolo. La rivoluzione andrà avanti, ma ci vuole tempo Le richieste della gente scesa in strada erano soprattutto economiche. I fatti di Sidi Bouzid, le proteste soffocate già mesi prima a Gafsa, segnalano un malessere soprattutto economico. E da questo punto di vista i tunisini non credono che sia cambiato molto".

Il rinnovamento della classe politica però si è avviato. Come lo giudica?
"I politici pensano a ottenere il potere, non si preoccupano dei bisogni della gente. E le persone che facevano parte del vecchio regime si stanno già riciclando con i nuovi partiti".

La protesta in Tunisia è nata dal gesto estremo di Mohamed Bouazizi, che si è dato fuoco dopo aver subito l'ennesima prepotenza dalla polizia. Ma qual è stato il ruolo della Rete e quale quello della strada?
"Tutto è partito dalla strada, la rivolta si è ispirata a Bouazizi 3, ma noi blogger e ciber-attivisti l'abbiamo sostenuta, abbiamo distribuito le informazioni, come è successo anche in altri paesi arabi".

All'estero la rivolta tunisina è sembrata senz'altro la più spontanea, a fronte di altri Paesi dove l'opposizione è stata o è ancora apertamente sostenuta dall'estero. Che ne pensa?
"Credo che anche per Ben Ali ci siano state pressioni esterne che lo hanno spinto ad abbandonare la carica. Ma certo, la rivolta è nata da sola".

Lei è musulmana, ma non ha accolto con gioia la vittoria del partito islamico alle elezioni 4. Come mai?
"Sono musulmana. Ma non credo a Ennahda. Da mesi ascolto quello che dicono in piazza, lo confronto con quello che sento nelle moschee, e sono convinta che non mi posso fidare".

Crede che siano tentati di introdurre un regime islamico radicale?
"Credo che lo vogliano fare progressivamente. Ennahda esibisce una donna non velata per sottolineare che il partito è moderato, poi questa signora dice che le madri single sono una vergogna per il Paese, che non vanno aiutate...".

Secondo lei, gli islamici vogliono togliere le garanzie per le donne, cambiare il codice di Stato civile e riformare la Costituzione che ne sanciva i diritti?
"Sì, secondo me la tentazione è questa, ma giovani e donne sono già scesi in piazza. Davanti al Codice c'è come una linea rossa, le sue norme non si toccano".

In Egitto le Forze armate hanno preteso un ruolo centrale nella rivoluzione e hanno usato la repressione. A piazza della Kasbah invece durante le proteste i ragazzi cantavano l'inno nazionale e i soldati li abbracciavano e si univano al canto. Perché?
"Lo strumento di Ben Ali è sempre stata la polizia, invece le Forze armate erano trascurate dal regime, senza mezzi. È logico che molti soldati abbiano condiviso la protesta".

Che pensa di Ben Ali? Vorrebbe che fosse giustiziato come Saddam Hussein, ucciso come Muammar Gheddafi?
"No, ma vorrei che fosse processato e giudicato. So che l'apparato giudiziario tunisino non è perfetto, ma mi piacerebbe vedere Ben Ali alla sbarra".

E per lei, che cosa sogna? Un avvenire in politica?
"No, non vedo niente del genere. Non mi interessano i partiti. Voglio continuare a sostenere il cambiamento, il mio sogno è difendere i diritti umani e aiutare la gente".

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