mercoledì 12 settembre 2012

: “Democrazia e conflitto vanno insieme. No alla svolta di Landini Airaudo”


Colpisce la durezza con cui Landini e Airaudo stanno lavorando alla cacciata 
della sinistra Fiom dalla segreteria nazionale.
Colpisce perché mai era stato messo in discussione in Fiom il diritto al 
dissenso, la possibilità cioè che su alcune questioni si potessero registrare 
opinioni differenti anche all'interno della segreteria. E' sufficiente leggere 
dal sito Fiom i materiali dei comitati centrali degli ultimi dieci anni per 
averne testimonianza indiscutibile. Mai nessun segretario generale era arrivato 
al punto di convocare il comitato centrale a porte chiuse, peraltro con un 
ordine del giorno inquietante: “rapporto politico sull'organizzazione”, per 
porre in discussione l'opportunità della mia presenza in segreteria. 
Mai si era arrivati al tentativo, peraltro infruttuoso, di azzerare la 
segreteria con le dimissioni di due segretari su 4 pur di cacciare il dissenso.
Perché?
La questione è squisitamente politica, nonostante i goffi tentativi di 
qualcuno di metterla sul piano personale.
C'è la svolta della Fiom, radicale, netta.
Con la proposta Landini Airaudo di un patto alle imprese non solo c'è la 
cancellazione sostanziale della piattaforma per il rinnovo del contratto 
nazionale, senza nessun passaggio democratico tra i lavoratori che l'hanno 
approvata, ma si chiude un'intera stagione di contrasto alle scelte di 
padronato e governo. E' del tutto evidente che qualora le imprese dovessero 
avanzare la disponibilità ad affrontare il terreno proposto da Landini-Airaudo 
la discussione precipiterebbe sul riconoscimento integrale del Ccnl separato 
del 2009, dell'accordo del 28 giugno sulle deroghe. E non vi sarebbe 
possibilità alcuna di mobilitare i lavoratori, perché la strada del patto non 
prevede il ricorso al conflitto ovviamente. Un'operazione che disarma quindi la 
categoria, ne mina le capacità conflittuali, illude delegati e quadri di una 
possibile composizione mediata che in realtà può avvenire solo con una nostra 
resa. La proposta di un patto alle imprese da parte della Fiom cancella inoltre 
ogni contrasto all'avvio di un tavolo di confronto confederale sulla cosiddetta 
produttività che ha come unico obbiettivo affermare una volta di più il modello 
Marchionne sugli orari di lavoro. Era accaduto così anche sul mercato del 
lavoro, quando molta sinistra politica e sociale vaneggiava improbabili 
conquiste su reddito di cittadinanza, lotta alla precarietà ecc.
Sogni e speranze illusorie che si sono infrante sull'unico vero obbiettivo che 
la Fornero aveva chiarito sin da subito: cancellare l'art.18. Nessuno (tranne 
qualche compagno del Comitato Centrale) ebbe il coraggio di chiedere che quel 
tavolo non si aprisse senza un mandato dei lavoratori. L'ovvia conclusione è 
stata che abbiamo perso l'art.18. Una Fiom che tenta l'operazione del patto è 
ovviamente una Fiom che deve dismettere qualsivoglia opposizione sociale, 
politica nei confronti del governo, del padronato e che deve dismettere anche 
l'opposizione in Cgil. Non si può chiedere il patto alle imprese e confliggere 
con esse. Semplicemente perché i padroni ti direbbero: o uno o l'altro!
Per queste ragioni il dissenso è considerato incompatibile nella discussione, 
ad ogni livello. Sbaglia chi pensa che il problema sia solo nella segreteria 
nazionale per la responsabilità che porta. Il segnale che viene da Landini 
Airaudo, con buona pace di tante battaglie per la democrazia interna alla Cgil 
e nel paese, è la dichiarazione di incompatibilità del dissenso 
nell'organizzazione. E così i gruppi dirigenti la interpreteranno a ogni 
livello della Fiom. Il resto delle accuse che mi viene rivolto è  talmente 
assurda che rispondere sarebbe riconoscerne la legittimità. Accuse che mi 
rappresentano dietro a ogni contestazione, incidente e ogni altra bestialità 
contro Landini. 
In questa torsione autoritaria si cancella ogni percorso di costruzione 
collegiale e plurale delle scelte, si costruiscono sempre più gruppi dirigenti 
sulla lealtà acritica. Non è un caso che una linea conflittuale marci sempre 
insieme ad una pratica democratica. Quando viene a mancare il conflitto, viene 
meno anche la democrazia interna prima e nel rapporto con i lavoratori dopo. 
Come giudicare il fatto che la proposta del Patto alle imprese è arrivata ai 
mass-media in conferenza stampa prima di essere approvata dal Comitato 
Centrale?
O che venga discusso e approvato, fatto mai accaduto , un ordine del giorno 
sull'unità della Fiom per poi due minuti dopo tentare l'azzeramento della 
segreteria?
Dispiace che ci sia una divisione così profonda? Dire si è un'ovvietà. Più che 
un dispiacere è un dolore profondo per le conseguenze sui lavoratori e le 
lavoratrici, sul sindacalismo conflittuale in Italia. Ed è proprio per questa 
ragione che rivendico la continuità delle scelte congressuali, del diritto al 
dissenso, della democrazia, del valore del conflitto sociale. A coloro, pochi 
in realtà, che rimproverano il mio presunto carrierismo dico sommessamente che 
alla silenziosa difesa del posto ho scelto la rumorosa difesa delle ragioni che 
penso essere dei lavoratori, in coerenza con gli ultimi dieci anni della Fiom.
12.9.2012
Bellavita
www.rete28aprile.it

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