giovedì 21 giugno 2012

Egitto, l'unità della piazza contro l'esercito


Mentre le forze militari, spalleggiate dai Fratelli musulmani, spingono per imporre un nuovo colpo di Stato, le forze rivoluzionarie tengono il ritmo della mobilitazione e si allargano gli scioperi e le lotte sui posti di lavoro
Fabio Ruggiero
Il 19 giugno è stata una nuova giornata di lotta in Egitto dimostrando ancora una volta che lo Scaf (il Consiglio Supremo delle Forze Armate) si è illuso troppo presto di poter rimettere in piedi il vecchio ordine. Nonostante questa illusione sia stata frantumata dalle mobilitazioni contro lo Scaf di quest'anno (che hanno causato ancora decine di morti) la Giunta militare sta tentando in tutti i modi di portare avanti una transizione che conservi invariata la linea di comando.
La sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato non valide le elezioni perché sono stati esclusi gli appartenenti al ex partito di Moubarak, e la modifica costituzionale messa in atto dall'esercito per conservare enormi poteri anche dopo l'elezione del presidente, rappresentano il tentativo maldestro di far rinascere il regime sotto nuove spoglie utilizzando "democratiche elezioni". Ma l'unità che la piazza sta dimostrando in queste ore (dai Fratelli Mussulmani - spaccati al loro interno- , al movimento del 6 aprile, alla sinistra) mette a dura prova questo tentativo minando alle basi il "colpo di stato" che l'esercito, grazie all'appoggio dei Fratelli Mussulmani, ha messo in atto dal febbraio 2011. La partecipazione dei FM, soprattutto dei giovani, alle mobilitazioni di queste ore contro lo Scaf è indice di una grave difficoltà delle forze controrivoluzionarie che avevano contato sul loro appoggio per una "transizione soft" del dopo Moubarak.

In ogni caso le forze sociali rivoluzionarie (sopratutto i cosiddetti "giovani di P.zza Tahrir"), pur se male attrezzate come argomenta Hossam El-Hamalawy, non sono disposte a cedere.
La controrivoluzione galoppante si scontra con la determinazione di milioni di giovani a non voler tornare indietro. "lo dobbiamo ai nostri martiri" dicono, ma è anche difficile tornare indietro dopo aver assaggiato la forza del potere collettivo degli oppressi capace di mettere in discussione un apparato di potere vecchio 60 anni.
Intanto continuano gli scioperi e la crescita di un movimento sindacale indipendente. Le lotte sui posti di lavoro, per gli aumenti salariali, per maggiori diritti, hanno la possibilità concreta di trasformarsi in lotta politica rivoluzionaria contro il regime ed i suoi tentativi di riassestarsi. Le ragioni di giustizia sociale ed economica che stanno alla base della rivoluzione sono in piedi e lo spirito di Tahrir deve essere essere portato all'interno di queste lotte che da 6 anni (dagli scioperi della zona tessile di Mahalla) hanno rotto con la subordinazione ed iniziato ad incrinare il potere del regime, che sarebbe stato messo in discussione definitivamente nei 18 giorni che portarono alla cacciata di Moubarak. In qualche modo Tharir deve ritornare lì dove tutto è iniziato e puntare direttamente alle cause del malessere sociale, della povertà, dell'ineguaglianza: il sistema economico neoliberale e l'influenza delle potenze occidentali.
La sinistra rivoluzionaria egiziana, piccola ma molto combattiva e visibile, sta lavorando a questa unione. Pur consapevoli che il miglior modo per sostenere una rivoluzione è costruirne le condizioni nel nostro paese, sta a noi trovare i modi per supportarla oggi nel breve periodo.

(Coll. International Tahrir - Napoli)

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