GIORGIA GRIFONI
Hebron (Cisgiordania), 24 settembre 2011, Nena News (foto di Giorgia Grifoni)-  “Grazie per essere qui. Grazie, perché state con la Palestina”. Sorride un ragazzo distogliendo lo sguardo dal maxischermo, e porge una sciarpa della Palestina ai due stranieri che seguono il discorso di Abu Mazen alle Nazioni Unite dal centro della città di Hebron. Almeno duemila persone si sono radunate ieri per assistere a quello che da molti è considerato un momento storico per il popolo palestinese. Voci scettiche hanno preceduto la dichiarazione del presidente dell’ANP: “Chissà se mancherà di coraggio come al solito – s’interroga Badia, 38 anni- ed eviterà di parlare di alcune questioni fondamentali come fa quando si trova davanti a una superpotenza”. Le questioni fondamentali sono molte: dal diritto al ritorno dei rifugiati, alla colonizzazione selvaggia della Cisgiordania da parte di Israele, senza dimenticare il destino di Gerusalemme est e l’occupazione militare dei territori palestinesi. E invece Abu Mazen ha detto tutto in faccia al mondo. Ha dichiarato che “l’occupazione è in corsa contro il tempo per ridisegnare i confini del nostro territorio e imporre un fatto compiuto sul terreno che mina il potenziale realistico per l’esistenza dello stato di Palestina”. Ha dato la colpa a Israele per la violenza dei coloni in Cisgiordania, e per tutte le incursioni, le limitazioni, gli arresti e gli assassinii che l’esercito compie nelle aree sotto il controllo dell’Autorità palestinese. Parole che a Hebron suonano più familiari che altrove; parole che sono state calorosamente applaudite dalla folla. “Abu Mazen!Abu Mazen!” hanno urlato i giovani alla fine del discorso del loro presidente. Poi hanno aspettato la dichiarazione di un altro statista, quella di Benjamin Netanyahu, e verso lo schermo sono volate decine di scarpe. Il massimo della violenza a cui ieri la città ha assistito.

“Non me l’aspettavo-dichiara Badia- è stato molto coraggioso. Non aveva mai parlato in questo modo”. Sono quasi tutti soddisfatti i ragazzi per strada, ma alcuni si lamentano della troppa enfasi data da Abu Mazen ai negoziati: “Non avrebbe dovuto insistere così tanto sulla volontà dell’Autorità palestinese di ritornare a negoziare con Israele. Avrebbe dovuto tener duro sulla linea del riconoscimento internazionale, perché noi non vogliamo più trattare con gli israeliani” afferma Murad, 25 anni. Altri invece la vedono in modo diverso. “Se Abu Mazen non avesse mai negoziato con Israele – spiega Issa, 31 anni -sarebbe stato il miglior presidente del mondo. Il fatto che abbia trattato per tutti questi anni ha rovinato la sua reputazione. Non abbiamo avuto una sola strada in più, e neanche un prigioniero libero: al contrario, gli israeliani hanno lavorato per indebolirlo sempre di più. Ma ora che ha scelto di andare alle Nazioni Unite, tutti i palestinesi sono di nuovo con lui. Guarda questa piazza: sono tutti qui per sostenere Abu Mazen”.
Se l’iniziativa palestinese dovesse fallire, loro ne uscirebbero comunque a testa alta: “Non è una questione di fallimento -continua Issa- è una questione di resistenza. Andare alle Nazioni Unite è solo uno dei modi che abbiamo per resistere. Nonostante il veto statunitense che ci verrà imposto, non stiamo perdendo: abbiamo vinto nel momento in cui abbiamo presentato la nostra domanda di adesione all’Onu. Se ci dessero uno stato, vinceremmo di più. Ma se non lo facessero, avremmo comunque guadagnato il sostegno della maggior parte delle nazioni del mondo”.
Sembra che la popolarità di Abu Mazen tra i palestinesi sia al suo picco massimo. “Se la nostra richiesta non dovesse ottenere un esito positivo –dichiara Issa- non potremmo mai dare la colpa ad Abu Mazen, né all’Anp. La totale responsabilità della faccenda ricadrebbe sulla comunità internazionale. Incolperemmo i vari governi del mondo per il supporto incondizionato dato a Israele, perché tutti sanno che Israele non vuole darci i nostri diritti fondamentali: non parlo del nostro diritto a usufruire della nostra acqua, ma del nostro diritto a esistere”. I ragazzi intorno a lui annuiscono. “Gli americani stanno giocando sporco -interviene Badia- con le nazioni povere del mondo che vogliono votare per il riconoscimento dello stato palestinese. Le stanno inducendo a non farlo. Ma la gente si arrabbierà. L’America avrà tutti contro, in primis i palestinesi e tutti gli arabi”.
Issa prova a spiegare quale sarà, secondo lui, il prossimo passo dell’Autorità palestinese, o meglio, del popolo palestinese: “Riuniremo tutte le fazioni, i partiti e le organizzazioni, e insieme consolideremo la  resistenza non violenta. Continueremo ad andare all’Onu e, se la Palestina otterrà lo status di non-membro osservatore, denunceremo i crimini israeliani alla Corte Penale Internazionale. Faremo pressione sui governi mondiali perché boicottino Israele. L’America ha già perso la faccia, e se le Nazioni Unite continueranno a negarci la libertà e l’esistenza, anche loro la perderanno”. E’ l’Onu che promuove la libertà e l’autodeterminazione dei popoli, e la stessa organizzazione sostiene la Primavera Araba. “Anche noi – conclude Issa -vogliamo la nostra primavera. Anzi, no: vogliamo il nostro autunno”. Nena News
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