giovedì 11 ottobre 2012

Una novità di classe


La crisi del quadro politico è sempre più pervasiva e nuovi equilibri si preparano, anch'essi instabili. Nella crisi si afferma "il nuovo che avanza", Grillo e Renzi sopra tutti. Servirebbe porsi in sintonia con il sentimento di distanza della politica per affermare un punto di vista classista
Salvatore Cannavò
"Qui viene giù tutto" titola il Giornale di Milano, quotidiano di casa berlusconiana che, evidentemente, di rapporti tra politica e mafia ne sa più di noi. In effetti, la sensazione che stia crollando un edificio costruito, instabilmente, negli ultimi venti anni, come risposta alla crisi di "Mani pulite", è ampiamente diffusa. Il sistema politico non regge più, non può reggere in tempi di nuova crisi economica globale - anche Mani pulite arrivò nel cuore della crisi della moneta italiana di allora, la lira, sotto l'attacco della speculazione - in cui le risorse si diradano e il sistema economico e sociale ha bisogno di nuovi equilibri.
E' in questo quadro di fine stagione che si coglie l'azione del governo Monti, indirizzata a una sorta di campagna elettorale parallela che scommette sulla necessità dei "tecnici" anche nella fase successiva alle prossime elezioni ma che, soprattutto, propone e impone una politica economica come l'unica possibile. A leggere bene la nuova manovra economica che emerge dalla legge di stabilità si coglie chiaramente la feroce logica di classe che la ispira: riduzione dell'Irpef per redditi più alti di quelli miseri del lavoro dipendente impoverito e aumento dell'Iva per tutti. E in tempi di tagli alla Sanità e di strozzamento del pubblico impiego si butta un miliardo circa su Tav, Mose e danni provocati dal Ponte sullo Stretto mentre 1,6 miliardi vengono spesi al tavolo della produttività per peggiorare ancora le condizioni contrattuali e affermare per legge il modello Marchionne (mentre quello fa acqua da tutte le parti).
Monti si sta giocando le sue carte. Nella crisi generalizzata della politica proverà ad affermarsi come "novità" e come risposta credibile allo sfacelo generale.
Più carte a disposizione, invece, hanno le vere novità della fase. Grillo, innanzitutto, che dimostra di conoscere molto bene la logica della politica mediatica e che riesce a trovare nuovi espedienti per conquistare la scena. La sua traversata dello Stretto sarà certamente ben ricordata e ispira simpatia e consenso a livello popolare. E poi Renzi che, dietro la filastrocca nuovista, riesce a ripresentare la minestra riscaldata del social-liberismo modello Blair. Convinto che nessuno andrà a guardare dentro il piatto.

In un contesto di crisi e di sfiducia non c'è dubbio che il clivage vecchio/nuovo acquista ancora più senso e condizionerà il dibattito. Sappiamo bene che si tratta di una coppia che potrebbe non servire a nulla e che, come dimostra appunto Renzi, dietro il nuovo si possa nascondere l'usato meno sicuro. Ma sbaglieremmo a sottovalutare questa ansia e a continuare a minimizzare il peso della cosiddetta antipolitica, categoria abusata che non riesce a farci capire cosa sta succedendo.
In realtà, sottotraccia, c'è un rifiuto di questa politica in cui tutti i soggetti dicono la stessa cosa, fanno le stesse scelte, si sottomettono allo stesso modo ai dictat della Bce o della Commissione europea. C'è una stanchezza sociale che non trova sbocchi e prospettive. Forse è azzardato dire che esiste una disponibilità "classista" latente ma il tema della precarietà, dell'occupazione, del salario, del welfare e dei diritti in generale è più diffuso di quanto si pensi. Anche il consenso a forme di lotta, le più svariate e, spesso, eclatanti, è generalizzabile per quanto non si traduca in partecipazione. Successe già il 14 dicembre del 2010, quando a Roma si crearono scontri tra studenti e polizia. E' risuccesso il 5 ottobre quando le botte della polizia agli studenti hanno generato sdegno da una parte e consenso alla lotta studentesca dall'altra.
Il tempo per provare a costruire una proposta politica "nuova" e "di classe", nel senso più moderno del termine e legato quindi all'immaginario che restituiscono i nuovi proletari, è veramente ridotto. Forse non c'è più nemmeno tempo. Ma provare a realizzare per lo meno un dialogo tra soggetti in movimento è una strada da percorrere. Per costruire elementi di difesa, immaginare un movimento unitario, porsi nei termini di una coalizione politico-sociale che sia presente nel dibattito pubblico e non lasci tutta la scena all'attuale nuovo che avanza.
Difficile capire se esistano margini sul piano elettorale e, paradossalmente, non è questa la priorità. La priorità è immettere una voce credibile nell'attuale fase di crisi e offrire una prospettiva. Le scadenze di movimento che si annunciano andranno valutate da questo punto di vista. Non da quello della costruzione di nuovi micro-soggetti politici, ininfluenti al pari di quelli già esistenti, nessuno escluso, né da quello dello stimolo da sinistra a una presunta politica riformatrice di un Pd super-bollito nonostante i sondaggi elettorali.
Bisogna ragionare sui tempi lunghi. Soprattutto ora che il tempo scarseggia.

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