domenica 28 ottobre 2012

Pomigliano, il ricatto Fiat


Nello stabilimento campano l'azienda fa girare una lettera che chiede di non riassumere i 145 operai Fiom che secondo la sentenza del Tribunale di Roma dovrebbero essere assunti dalla Fip. E scatta la guerra tra poveri
Salvatore Cannavò
da Il Fatto quotidiano
E ’una lettera pesante e torbida quella che circola nello stabilimento di Pomigliano e che crea un clima di ricatto e di apprensione tra gli operai dello stabilimento. Partito in sordina, senza che i promotori siano pubblici, il documento in poche semplici righe getta un ulteriore fardello sulle spalle di chi lavora nello stabilimento Fiat emblema di Fabbrica Italia: “A seguito della sentenza che obbliga Fiat a riassorbire i 145 lavoratori iscritti alla Fiom”, si legge nella lettera, tra i lavoratori è forte “la preoccupazione del rischio che Fiat debba far uscire dal lavoro persone come noi che l’azienda da poco ha rirpreso al lavoro, scatenando una guerra tra poveri”. Dopo aver definito tutto questo “inaccettabile!!!” i lavoratori chiedono alle organizzazioni sindacali di intervenire “perché vorremmo evitare che per affermare il diritto di alcuni venga calpestato il nostro diritto al lavoro”. Seguono le firme con accanto i numeri di matricola aziendale.

A quanto risulta al Fatto la lettera, dopo un avvio in sordina, ieri è stata firmata da moltissimi operai anche perché sarebbe stata proposta direttamente dai capi squadra e quindi con un intervento diretto della stessa azienda. E’ quanto ha denunciato il segretario della Fiom, Maurizio Landini: “A quanto apprendiamo - scrive in una nota - i capi Fiat nello stabilimento di Pomigliano stanno girando per le linee di montaggio e, attraverso l’ennesimo ricatto, stanno chiedendo ai lavoratori di firmare un testo in cui si schierano contro il rientro dei 145 lavoratori della Fiom”. “Si tratta di un atto gravissimo - continua Landini - che conferma un comportamento inaccettabile e autoritario della Fiat che, anziché puntare sul recupero di quote di mercato attraverso investimenti e nuovi modelli, punta a contrapporre i lavoratori”.
L’accusa è dunque rivolta alla Fiat che, con i suoi dirigenti, sarebbe l’ispiratrice dell’iniziativa.
L’allarme ieri si è diffuso immediatamente con telefonate, sms, appelli sui social network. La Fiom ha tenuto una lunga riunione del suo direttivo provinciale napoletano con la presenza dello stesso Landini. Il timore è duplice: da un lato, il rischio della contrapposizione tra operai, dall’altro, spiegano in Fiom, la sensazione che il rientro dei 145 dipendenti, così come previsto dalla sentenza di appello della scorsa settimana, non potrà avvenire perché la Fiat metterà in atto dei dispositivi di tutela, ad esempio il ricorso alle nuove norme sull’articolo 18 che hanno modificato la procedura dei licenziamenti collettivi. Da qui l’appello agli altri sindacati perché “prendano le distanze” dall’iniziativa. Ma da Fim e Uilm, finora, non sono arrivate dichiarazioni in merito alla vicenda.

La Fiat, dal canto suo, sosterrà, e già sostiene, di non essere in grado di riassorbire questa forza lavoro e infatti, proprio ieri ha dato avvio a un nuovo periodo di cassaintegrazione per i 2.150 operai dello stabilimento. La Cig scatterà dal 26 novembre al 9 dicembre e segue le due settimane già programmate da tempo con inizio lunedì prossimo 29 ottobre e rientro in fabbrica il 12 novembre.
A questa situazione la Fiom contrappone, invece, la proposta che tutti i dipendenti di Pomigliano “tornino al lavoro” utilizzando, come già succede negli altri stabilimenti, gli ammortizzatori sociali, a partire dai contratti di solidarietà”. Si tratta di una soluzione impegnativa per Fiat per almeno due ragioni: da una parte significa riassorbire, come l’azienda si era impegnata al momento di firmare l’accordo, i 4.300 operai in organico alla vecchia Fiat Auto. Dall’altro, significherebbe accettare il rientro della Fiom in fabbrica e, sulla base di una sentenza apposita del Tribunale di Torino del 2011, riconoscergli tutta l’agibilità sindacale che gli spetta.

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