martedì 9 ottobre 2012

Caro Monti, De Gennaro non si dimette?


La richiesta arriva ora anche in Parlamento. Due deputati, Andrea Sarubbi e Furio Colombo, presentano un'apposita interrogazione al Presidente del Consiglio dopo le motivazioni della Cassazione sul processo per la scuola Diaz


Ho aspettato la sentenza di primo grado, poi l’appello, poi la Cassazione. E per essere proprio sicuro, vista la delicatezza dell’argomento, ho pure aspettato le motivazioni della sentenza. Ma ora non ci sono più motivi, almeno da parte mia, per non chiedere a Monti una risposta ufficiale sulla permanenza di Giovanni De Gennaro al governo: pur non avendo nulla contro la sua persona – e non sottovalutando il servizio fondamentale da lui reso allo Stato in altri frangenti – la presenza oggi a Palazzo Chigi dell’uomo che mise in moto il pestaggio della Diaz e che non ha mai preso le distanze dalla macelleria messicana mi pare indifendibile. Sono certo che il presidente del Consiglio, dopo aver riletto le motivazioni della sentenza 38085/2012, saprà dare una risposta rapida ed esaustiva alla mia interrogazione, a cui il collega Furio Colombo ha voluto unire la propria firma. Non è a me, umile deputato, che il presidente Monti deve rispondere, ma ai milioni di italiani che si fanno la stessa domanda.

SARUBBI, COLOMBO Al presidente del Consiglio. Per sapere – premesso che:
la Corte di Cassazione, con sentenza 38085 del 5 luglio 2012, ha definitivamente accertato i fatti relativi al blitz effettuato presso la scuola Diaz di Genova nella sera del 21 luglio 2001, confermando la condanna di diversi alti funzionari del Viminale nel frattempo decaduti dai loro incarichi a causa dell’interdizione dai pubblici uffici sancita dai giudici;
secondo le motivazioni della sentenza recentemente pubblicate, l’incursione – effettuata a G8 ormai concluso e con “caratteristiche denotanti un assetto militare” – nacque dall’esortazione rivolta dall’allora capo della Polizia, prefetto Giovanni De Gennaro, “ad eseguire arresti, anche per riscattare l’immagine della Polizia dalle accuse di inerzia”; tale obiettivo, scrivono i giudici, finì “con l’avere il sopravvento rispetto alla verifica del buon esito dell’operazione stessa”;
dall’esortazione del dottor De Gennaro scaturì “un massacro ingiustificabile“, “una pura esplosione di violenza“, di fronte alla quale i suoi stretti collaboratori, “in posizione di comando a diversi livelli”, non si fermarono: “invece di isolare ed emarginare i violenti denunciandoli – scrivono ancora i giudici, stigmatizzandone ‘l’odiosità del comportamento’ – avevano scelto di persistere negli arresti creando una serie di false circostanze”;
pur non essendo stata accertata una specifica responsabilità penale dell’allora prefetto, al vertice della Polizia di Stato nei giorni degli eventi, non può comunque essere taciuta una sua responsabilità morale in merito alla condotta tenuta dai suoi diretti collaboratori recentemente condannati; tanto più che, negli anni successivi ai fatti di Genova, lo stesso dottor De Gennaro, in qualità di capo della Polizia e direttore del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, ha proposto e ottenuto l’avanzamento in carriera dei predetti funzionari, evidenziando un rapporto di piena e immutata fiducia nei loro confronti;
il governo da Lei presieduto ha voluto, in ogni contesto, dare un forte segno di discontinuità rispetto ad un passato recente, lavorando alacremente per restituire al Paese quella credibilità sul piano internazionale che aveva perduto – :
se non ritenga la presenza al governo del prefetto Giovanni De Gennaro, oggi sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri con delega all’informazione e alla sicurezza, incompatibile con le responsabilità che oggettivamente gli fanno capo ed inopportuna, nei confronti del Paese stesso, alla luce dell’odiosa vicenda che – a parere della Corte di Cassazione, e di una significativa parte dell’opinione pubblica – ha “gettato discredito sulla Nazione agli occhi del mondo intero”.
SARUBBI, COLOMBO

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