mercoledì 13 marzo 2013

Per un ecosindacalismo di lotta


Dal Belgio il rilancio di un programma di riforme di struttura anticapitalistiche centrato sulla nazionalizzazione sotto controllo operaio e senza indennizzo dei settori dell’energia e della finanza, premessa di una svolta verso un’economia senza carbonio di origine fossile e senza energia nucleare

di Daniel Tanuro (da www.lcr-lagauche.be. “La Gauche” è il quindicinale della LCR, sezione belga della Quarta Internazionale)
Inquinamento
Qual è il punto comune tra la volontà di GDF Suez (un po’ l’ENI Francese, una delle più grandi multinazionali dell’enrgia, ndr) di rilanciare le centrali nucleari di Doel 2 e di Tihange 3 da una parte, e le chiusure di Arcelor Mittal, di Ford Genk e di Caterpillar Gosselies dall’altra? L’impasse storico del capitalismo. Accecato dalla concorrenza, obnubilato dall’avidità di guadagno, questo sistema assurdo non ha nient’altro da offrire all’umanità all’infuori della distruzione sociale ed ecologica.

Mentre le ricchezze accumulate sarebbero più che sufficienti per assicurare il “buen vivir” di tutte e tutti su questa Terra, i padroni e i governi al loro servizio porta alla rovina il 99% tagliando i salari, l’occupazione e la protezione sociale. Mentre le conoscenze scientifiche permetterebbero di tramandare un ambiente di qualità ai nostri figli, la corsa al profitto avvelena l’acqua, l’aria e i suoli provocando una catastrofe climatica irreversibile, dalle conseguenze sociali incalcolabili.

Ventiquattro milioni di disoccupati e disoccupate nell’Unione Europea, e non è finita. Che fare? In primo luogo, resistere e organizzarsi per la più tenace e determinata resistenza di massa possibile. Il tempo del sindacalismo burocratico è definitivamente passato. Basta con le azioni abitudinarie e le passeggiate Nord-Midi (si tratta del percorso tradizionale dei cortei sindacali a Bruxelles in corrispondenza di una linea di metropolitana). L’ora della battaglia è suonata. Di fronte alla brutalità dei padroni canaglia e alla perfidia dei politici, non vi è altra soluzione che riprendere le migliori tradizioni delle lotte per l’emancipazione: la partecipazione di tutte e tutti alla lotta con la più ampia democrazia, l’occupazione delle imprese, l’elezione di comitati di sciopero. La concertazione è morta, largo alla lotta di classe!
Secondo, elaborare un programma all’altezza della situazione. Una fiscalità giusta, l’annullamento del debito illegittimo e la riduzione radicale dell’orario di lavoro senza perdita di salario e con nuove assunzioni sono gli elementi chiave. Ma bisogna andare oltre e, anche qui, la storia ci fornisce i suoi insegnamenti. Negli anni cinquanta del secolo scorso, sentendo arrivare la crisi del carbone e dell’acciaio provocata dal parassitismo delle holding, la sinistra della FGTB (la Federazione generale del lavoro belga) proponeva un programma di riforme di struttura anticapitalistiche la cui chiave di volta era la nazionalizzazione sotto controllo operaio e senza indennizzo dei settori dell’energia e della finanza.
Benché adottato in un congresso e portato nelle piazze dallo sciopero generale dell’inverno ’60, questo programma è stato poi riposto nel reparto accessori. Un mezzo secolo dopo, paghiamo caro questo abbandono. Ma questo programma esiste sempre. Tiriamolo fuori dai cassetti! Ispiriamoci ad esso per gettare le basi di una politica alternativa e tracciare un percorso verso l’abolizione del capitalismo.
Evidentemente, il mondo è molto cambiato. C’è la mondializzazione del capitale, l’Unione Europea e… la crisi ecologica. Questi cambiamenti importanti sono fonte di disorientamento. In particolare, di fronte alla distruzione dell’occupazione, sono numerosi i sindacalisti che credono di poter rimandare a più tardi la difesa dell’ambiente. Hanno doppiamente torto. Anzitutto perché i poveri sono le prime vittime del massacro del pianeta. Poi perché la risposta al saccheggio capitalistico è un elemento decisivo dell’alternativa.
Evitare catastrofi ecologiche implica realizzare con urgenza una gigantesca mutazione verso un’economia senza carbonio di origine fossile e senza energia nucleare. Si tratta di isolare tutto il parco immobiliare, di generalizzare trasporti pubblici gratuiti e di qualità, di costruire un nuovo sistema energetico decentralizzato e al 100% rinnovabile, di uscire dall’agroindustria… Il mercato non lo farà, o troppo poco e troppo tardi, e a colpi di ingiustizie supplementari. La sfida può essere raccolta solo da un piano pubblico europeo, mobilitando al servizio della collettività le ricchezze rubate dal capitale. Certo, questo piano implica di uscire dal tutto automobile, di ridurre la produzione materiale e i trasporti. Ma per metterlo in opera, c’è bisogno di industria e di operai, di vetro e di acciaio, di attrezzi e di macchine, di ingegneri e di impiegati!
Sulla base di questa constatazione la sinistra sindacale di oggi dovrebbe elaborare un programma ecosocialista d’insieme, coerente, e la cui formidabile legittimità sociale gli permetterà di conquistare l’egemonia. Gli ostacoli sono formidabili. Affrontarli fino in fondo richiederà in particolare di forgiare un nuovo strumento politico. Ma un’altra strada semplicemente non c’è.
Daniel Tanuro
Traduzione di Gigi Viglino

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