domenica 3 marzo 2013

La breccia aperta dai Cinque Stelle


Giulio Calella e Piero Maestri da ilmegafonoquotidiano.it

Il voto a Beppe Grillo contiene cose diverse e anche opposte. Ma costituisce una frattura in un sistema politico ingessato che i movimenti possono utilizzare

L’unica forza che può legittimamente gridare vittoria alle recenti elezioni è il Movimento 5 stelle di Beppe Grillo, il “non partito” che ha portato nelle piazze centinaia di migliaia di persone ai comizi del suo leader. Centinaia di pagine sono state scritte in questi giorni, e tutti sono ormai esperti della sociologia del movimento. Noi per il momento non ce la sentiamo di dare un giudizio definitivo, se non per ribadire le critiche già espresse prima delle elezioni e che ci hanno convinto dell’impossibilità di un sostegno politico al M5S – e non solo perché non siamo abituati a salire sul carro del vincitore.
Certamente non ci convincono quelle analisi che dipingono il movimento di Grillo come l’anticamera di un nuovo fascismo, al di là di molte dichiarazioni davvero ignobili del loro leader. Il M5S è un movimento complesso, che raccoglie una protesta diffusa e altrettanto complessa – in fondo è lì che si è espressa quella radicalizzazione che in altri paesi dell’Europa ha invece portato nelle piazze centinaia di migliaia di “indignate/i”. In questo senso alcuni dati ci sembrano interessanti.

In primo luogo una gran parte dell’elettorato di Grillo si considera decisamente di sinistra, sia come provenienza e persino nell’immediato: sono infatti molti gli elettori del M5S alla Camera che alle regionali nel Lazio e in Lombardia votano per i candidati del centrosinistra. Anche i dati sui flussi di provenienza di Swg, Istituto Cattaneo e Mannheimer arrivano alle stesse conclusioni. Non a caso, la discussione sul blog di Grillo, riguardo un possibile appoggio alla formazione del governo, rivela la loro distanza soprattutto da un ritorno di Berlusconi.
In secondo luogo tra gli elettori della sola Camera, cioè i giovani tra i 18 e 25 anni, il M5S raccoglie quasi il 40% dei consensi, contro il 7% del PD, il 6,1% di Ingroia e il 5% di Sel (non è un calcolo scientifico, naturalmente, ma basato sulla differenza di voti tra Camera e Senato, che non possono essere considerati dai effettivi, ma una tendenza reale). Ancora, il M5S ha risultati notevoli in alcuni luoghi chiave del conflitto sociale e ambientale, o comunque in zone significative: lo mostrano ad esempio i dati della Val di Susa, dove il M5S raccoglie oltre il 60% dei voti, ma anche a Mirafiori e altri quartieri operai torinesi, con un risultato pari a quello del Pd; e ancora Taranto, il Sulcis e così via. Non si può quindi guardare al M5S con sufficienza e con un giudizio sprezzante nei confronti dei suo attivisti (i parlamentari saranno forse sprovveduti, ma non saranno certo peggiori dei soliti noti che avevano un posto garantito per censo o legami di casta…) e nemmeno sottovalutarne la presa in settori sociali differenti, tra i quali anche lavoratori, non solo precari e giovani.

Certamente hanno ragione i Wu Ming (http://www.facebook.com/notes/collettivo-redshift/il-movimento-5-stelle-…, ma è più interessante leggere il secondo post che in parte aggiusta il tiro:http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=12038), quando sostengono che Grillo ha raccolto e «risucchiato» quello che in altri paesi si è espresso nelle piazze. E d’altra parte anche chi ha partecipato a diversi movimenti alla fine ha scelto di votare Grillo, in mancanza di alternative per lui credibili (interessante in questo senso anche l’articolo di Connessioniprecarie http://www.connessioniprecarie.org/2013/02/24/matrix-e-il-grillo-della-r…).
Il problema non è tanto analizzare il M5S da questo punto di vista quanto capire perché non siamo stati in grado noi e la sinistra anticapitalista e/o radicale di intercettare questa protesta e perché la stessa non ha sfondato i limiti del sistema, come hanno almeno provato a fare a Tunisi, Madrid, New York…

Grillo formula un discorso, una «narrazione», su differenti livelli, nei quali elementi propri della sinistra si mescolano a un linguaggio populista sapendo che questo non è per forza di destra: ha infatti richiami al comunitarismo politico, all’ecologismo radicale riferibile alle teorie della decrescita, e mescola cose diverse. Nel suo elettorato, tra i suoi attivisti e, ora, tra i suoi parlamentari ci sono forze che hanno una provenienza di sinistra e che possono essere sensibili a certi richiami. Non è detto che la cosa continuerà, dipende da chi si organizzerà a sinistra e come.
È del tutto evidente che una mancanza di «analisi di classe» (come scriveva Marco Rovelli in un interessante post su FB) è alla base dei maggiori limiti del M5S, ma questo non oscura il fatto che molti attivisti del M5S sono presenti in diverse lotte sociali e ambientali e che il M5S ha avuto la fiducia di molti attivisti di movimenti sociali (si legga a proposito “Grillo e i movimenti: continuità rimosse e preoccupanti contiguità” -http://ilcorsaro.info/in-piazza/grillo-e-i-movimenti-continuita-rimosse-…).
Da questo punto di vista va dato un giudizio pesante sulle uscite contro i sindacati (che non sembravano solo una critica all’esistente e alla loro burocratizzazione, ma un preciso fastidio per le soggettività organizzate dei lavoratori), i dipendenti pubblici, i pensionati e contro i giovani, gli immigrati. Sono quindi per noi assolutamente da combattere le proposte di un “reddito minimo” finanziato con tagli alle pensioni e ai dipendenti pubblici, come fossero questi i responsabili della crisi e non banchieri, capitalisti e dirigenti politici a loro asserviti.
Altrettanto fuorviante e pericolosa la sua idea che i lavoratori debbano diventare azionisti delle loro imprese e che per questa via si annullerebbe secondo lui la funzione dei sindacati, perché non ci sarebbe più conflitto di classe. In questo modo annulla la centralità del conflitto di classe, e l’impossibilità di eliminare le differenze tra sfruttati e sfruttatori senza porsi il problema della proprietà privata dei mezzi di produzione.

Il punto paradossale è che Grillo, dal nostro punto di vista, è “moderato”, non solamente perché non ha un’analisi di classe e anticapitalista, ma soprattutto non propone uno strumento di autorganizzazione delle lotte e di partecipazione democratica. I suoi parlamentari ”vanno” alla manifestazione No Tav ma ”non sono” il movimento No Tav. “Andranno” alle mobilitazioni studentesche ma ”non sono” il movimento degli studenti. Noi invece vogliamo di ”essere” dentro quei movimenti, e altri ancora e lavorare per la loro crescita soggettiva. In questo senso, se Grillo ha provocato un evidente “tsunami elettorale”, a noi interessa uno “tsunami sociale”, un processo di consolidamento soggettivo basato sulla partecipazione diretta, la democrazia, il conflitto. Non si tratta certo di contrapporre il web alle piazze ma di tornare a una dimensione qualitativa del conflitto in cui questo sia foriero di un surplus di soggettività critica, anticapitalista, ambientalista, di classe.
Ecco perché il problema non è tanto quello dell’interlocuzione con Grillo e il suo movimento anche se nella prossima fase, in funzione delle vicende di movimento, una relazione sarà obbligata e probabilmente molto utile e importante (come annuncia la partecipazione alla manifestazione No Tav). La vera sfida, e l’occasione, è utilizzare la “breccia” che quel voto e quella spinta ha aperto in un sistema politico e istituzionale paralizzato (in cui la metà degli elettori, tra astensione e Cinque Stelle, non si riconosce) per guadagnare spazi di agibilità, di efficacia e di consolidamento dei movimenti di massa. Quelli che ci interessano e sui quali scommettiamo a fondo per costruire soggettività alternative.
Cosa farà ora il M5S? La «tentazione» siciliana – che pare sostenuta da molti esponenti del movimento – è forte ma poco praticabile. Si faranno ingabbiare in un governo tecnico? in maggioranze variabili? In questo modo rischierebbero di buttare via la loro «alterità» e quindi di essere percepiti – magari non nel brevissimo periodo – come un partito come gli altri.
Anche per loro è arrivato uindi il momento di decidere cosa fare sul piano istituzionale, e il rischio di perdere dei pezzi è presente. Il dibattito che si è aperto sul blog ww.beppegrillo.it in merito alle dichiarazioni di Grillo di totale chiusura a qualsiasi accordo con Bersani è rivelatore di quella complessità di cui dicevamo e di una presenza di articolazioni interne. Anche l’apprezzamento, inaspettato, nei confronti del presidente della Repubblica ha una valenza di politica istituzionale. Grillo è il primo partito d’Italia, avrà un ruolo in Parlamento indubitabile e lo avrà anche sul piano sociale come dimostra l’annuncio della delegazione parlamentare che si recherà alla manifestazione No Tav di sabato 23 marzo. Sarà un interlocutore obbligato di movimenti e lotte e nel tempo manifesterà contraddizioni. Il giusto rapporto non sarà quello di un’adesione o di una contrapposizione pregiudiziale in nome dell’autonomia politica. Si tratterà di costruire dei soggetti in grado di cimentarsi con il nuovo quadro e di dare alla parola “alternativa” una dimensione più profonda e duratura.
Non sarà facile ma occorre provarci.

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