domenica 1 luglio 2012

Messico, la speranza Amlo


Si vota per le presidenziali il prossimo 1 luglio e gli occhi della sinistra sono puntati su Andres Manuel Lopez Obrador (Amlo), secondo nei sondaggi. Il rischio dei soliti brogli ma anche la variante del movimento studentesco yosoy132
Maria Benciolini
Domenica 1 luglio in Messico si terranno le elezioni presidenziali e saranno, si spera, un momento di cambiamento e rinnovazione per il Paese.
Per capire il perché è necessario fare qualche passo indietro e ricordare che dalla fine della rivoluzione messicana fino al 2000 un solo partito ha governato il Messico. Per 70 lunghi anni ilPartido Revolucionario Institucional è stato “il potere”, l’archetipo del partito corrotto latinoamericano fatto di clientelismi, corruzione a ogni livello, compravendita di voti e frodi. A dispetto del nome del partito, i governanti del PRI si sono anche macchiati, nel corso dei decenni, di feroci azioni repressive e hanno attuato politiche liberiste che hanno messo in ginocchio l’economia messicana. Ogni 6 anni il presidente in carica faceva il nome del “suo” candidato e questo, casualmente, vinceva le elezioni con la stragrande maggioranza dei voti.

Il primo scossone a questo sistema arrivò con le elezioni del 1988, quando la frode elettorale ai danni di Cuauhtemoc Cárdenas (candidato di centro sinistra) e a favore di Carlos Salinas de Gortari (del PRI) fu così evidente che milioni di persone si riversarono per le strade per chiedere l’annullamento delle elezioni. Nonostante ciò Salinas de Gortari governò durante tutto il mandato, sotto il suo governo si firmò il trattato di libero commercio con USA e Canada (il NAFTA, entrato in vigore il 1 gennaio 1994, segnato dall'insurrezione zapatista) ed è oggi ricordato come uno dei peggiori e più corrotti presidenti del Messico.
Nel 2000 la vittoria elettorale di Vicente Fox, candidato del Partido de Acción Nacional, un partito decisamente di destra, segnò la fine di quella che Vargas Llosa ha chiamato “la dittatura perfetta”. Le aspettative di cambiamento di molti rimasero però totalmente insoddisfatte. Vicente Fox, che prima di diventare presidente del Messico era presidente di Coca-cola Messico, governò il paese come fosse la sua azienda personale, facendo fondamentalmente gli interessi suoi e degli oligarchi che lo sostenevano. Il PAN si dimostrò, in fin dei conti, un partito non meno corrotto del vecchio PRI.
Nel 2006 una nuova frode elettorale. I tre principali candidati alle elezioni presidenziali erano:Andrés Manuel López Obrador, ex governatore di città del Messico, candidato alla presidenza per il Partido de la Revolución Democrática, di centro sinistra; Felipe Calderón candidato per il PAN e Roberto Madrazo per il PRI. Nonostante la “campaña sucia” (campagna sporca) portata avanti dalle televisioni, i gruppi imprenditoriali e i partiti avversari, López Obrador godeva di un grandissimo appoggio popolare grazie al suo trascorso da governatore di città del Messico, dove, tra le altre cose, aveva sviluppato i trasporti pubblici, sostenuto politiche ambientali e di equità di genere e la lotta alle discriminazioni di ogni tipo. AMLO, come lo chiamano i suoi sostenitori, sembrava destinato alla vittoria, ma grazie a frodi evidenti, eseguite a vari livelli, si affermò Felipe Calderón. Si registrarono manifestazioni di protesta che non ebbero esito. Calderón rimase imperturbabile al suo posto, dando il via a una guerra al narcotraffico che ha gettato rapidamente il paese in uno stato di violenza che non si vedeva da anni. Insieme alla guerra al narco, il PAN ha portato avanti politiche violentemente repressive nei confronti di attivisti impegnati nella difesa dei diritti umani e dell’ambiente. Si calcola che dall’inizio del mandato di Calderón la guerra contro il narco abbia causato 60 000 morti.
Dopo 6 anni di violenza e instabilità economica, ecco alle porte le nuove elezioni. Per il PAN, il partito al potere, è candidata Josefina Vázquez Mota, che propone sostanzialmente un programma di continuità con l’azione di governo di Calderón. Il PRI candida Enrique Peña Nieto, ex governatore del Estado de México (dove si è distinto per le sue azioni repressive contro i movimenti sociali e per la corruzione diffusa), legato all’ala più corrotta e conservatrice del partito, alleato e pupillo di Televisa, il più grande gruppo di telecomunicazioni del paese. Gabriel Quadri de la Torreè il candidato del partido Nueva Alianza, fortemente legato al sindacato dei lavoratori dell’educazione, uno dei più potenti e corrotti del messico. Il PRD ricandida, dopo aver svolto le primarie, Andres Manuel López Obrador. L’unico il cui programma contiente proposte concrete e attuabili per contrastare i grandi problemi di fondo del paese. AMLO si è circondato di una grande quantità di intellettuali e accademici, con cui ha elaborato molte delle sue proposte. È l’unico dei candidati ad andare oltre la generica dichiaraziione di lotta alla corruzione offrendo un piano concreto e delle azioni reali in questo senso e va detto che a Città del Messico, governata ormai da anni dal suo partito, i piani anti corruzione hanno funzionato in buona misura. Altre proposte di AMLO sono quelle di investire sul trasporto pubblico in tutto il Paese ripristinando e ricostruendo la rete ferroviaria, che era stata smantellata per favore le compagnie di autobus privati, attualmente l’unico mezzo di trasporto collettivo disponibilie per percorrere grandi distanze. In materia di telecomunicazioni propone di combattere i monopoli privati, soprattutto quelli della telefonia e della TV. Telmex (telefonia) e Televisa sono i più grandi e potenti gruppi imprenditoriali del messico, capaci di fare il bello e il cattivo tempo non solo nelle rispettive aree di compteneza, ma anche a livello politico ed economico. Un aspetto importante del programma di López Obrador è l’attenzione che presta ai popoli indigeni da un punto di vista culturale e politico. Il progetto culturale di AMLO prende come punto di partenza gli Accordi di San Andrés[1] per difinire la politica di governo in relazione agli indigeni. Se ciò realmente accadesse, rappresenterebbe un vero punto di rottura rispetto alle anteriori politiche indigeniste, sempre improntate al paternalismo e alla repressione nei confronti dei popoli indigeni.
AMLO gode dell’appoggio di buona parte del settore della cultura e dello spettacolo, vari intellettuali apertamente schierati da anni dalla parte dei movimenti sociali e indigeni di sono dichiarati a suo favore, tra questi Paco Ignacio II e Helena Poniatowska. In ambito accademico López Obrador si è guadagnato un ampio consenso, ma forse, il suo principale punto di forza è l’appoggio esplicito di grandi fette di popolazione rurale e indigena. Alla testa di MORENA (Movimiento de Regeneración Nacional) AMLO negli ultimi anni ha viaggiato attraverso tutti gli stati della repubblica per incontrare e ascoltare le istanze del messico dimenticato.
Fino a qualche mese fa la vittoria di Enrique Peña Nieto (del PRI) sembrava scontata, l’appoggio sfacciato di Televisa, la quantità di soldi destinati alla campagna elettorale, la capacità del partito di fare proseliti in ogni angolo del paese sembravano non dare molte speranze agli altri candidati.

Poi qualcosa si muove. L’11 maggio nell'ambito della sua campagna elettorale, Peña Nieto (che, tra tutte le altre cose, non si caratterizza per la sua cultura) si presenta all’Universidad Iberoamericana dove viene criticato pesantemente dagli studenti per la sua gestione come governatore dell’Estado de México che chiedono giustizia per il caso Atenco[2]. Numerosi giornalisti asserviti dichiarano che i contestatori non sono universitari, ma gente venuta da fuori. Gli studenti rispondono, si organizzano, dimostrano di essere tali e chiamano studenti di altre università e la società civile a ribellarsi al monopolio di Televisa e alle sue bugie. Nasce il movimento studentesco yo soy 132 ( che si riconosce erede e continuatore della tradizione di lotta studentesca del paese, ma con una differenza: per la prima volta studenti di università pubbliche e private si uniscono e si organizzano su un documento comune. Il movimento si definisce come apartitico, ma certamente non apolitico, promotore della libertà di espressione e diffusione dell’informazione. La rivendicazione di trasparenza e libertá di informazione si è imposta come più urgente e immediata in vista delle elezioni imminenti, ma il movimento porta avanti anche una critica più radicale e profonda alla classe politica, all’incapacità di quest’ultima di rispondere alle reali esigenze della popolazione messicana e al suo asservimento agli interessi imprenditoriali riprendendo alcune delle istanze di Occupy Wallstreet e del 15M spagnolo.
Recentemente il movimento ha organizzato un dibattito indipendente sulle elezioni (a cui Enrique Peña Nieto si è rifiutato di partecipare), durante il quale studenti e cittadini comuni hanno potuto sottoporre ai candidati intervenuti dubbi, domande, preoccupazioni sul paese in generale e sul programma di ciascuno.
È difficile stabilire cosa succederà il primo luglio: la compra vendita di voti è una pratica diffusa in tutto il paese, così come altre forme di frodi elettorali, anche se non c’è stata una “guerra sucia” come quella del 2006 è evidente l’appoggio dei mezzi di comunicazione a Peña Nieto, le campagne elettorali sono state intense, agguerrite. Il movimento soy 132 è riuscito a svegliare molte coscienze, molte sono le organizzazioni di cittadini che si impegneranno a vegliare sulla trasparenza e la correttezza del processo elettorale. Anche tra gli imprenditori e le classi medio-alte, un tempo principali sostenitori del PAN, si è diffuso un profondo malcontento per la situazione di violenza generalizzata che si è diffusa nel paese a partire dal 2006. Peña Nieto, il candidato della TV “bello e patinato” è al primo posto nei sondaggi, dopo di lui, a soli due punti, López Obrador, una grande, grandissima massa di “indecisi” che, alla fine, definiranno l’esito delle elezioni.

[1] Gli accordi di San Andrés sono un documento firmato nel 1996 ( a due anni dall’insurrezione zapatista in chiapas) dal governo messicano e dall’Ejercito Zapatista de Liberación Nacional. Secondo gli accordi, il governo si sarebbe impegnato a modificare la costituzione e tutte le altri leggi messicane con il fine di garantire e promuovere i diritti fondamentali dei popoli indigeni, tra questi anche l’autonomia e l’autodeterminazione.
[2] San Salvador Atenco è un municipio dell’estado de México in cui, nel 2001 era previsto costruire un aeroporto internazionale alternativo a quello di città del messico, già saturo. Gli abitanti della comunità si sono uniti per difendere le proprie terre dall’esproprio ed è anto il Frente de Pueblos en Defensa de la Tierra che nel 2002 ottiene l’annullamento del progetto di aeroporto. Da allora il frente a continuato a lavorare per la difesa della terra e degli interessi dei contadini. Il 3 e il 4 maggio del 2005 la polizia dell’Estado de México e la PFP (Policia Federal Preventiva) si sono rese colpevoli di un aggressione durissima contro il FPDT e tutti gli abitanti di Atenco, sono stati due giorni di violenze di ogni tipo e torture. Il motivo ufficiale dell’azione, l’occupazione non autorizzata di suolo pubblico, nascondeva in realtà una rappresaglia politica nei confronti di un movimento che nel corso degli anni non ha smesso di lottare per un uso equo della terra e per i diritti contadini.

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