domenica 1 luglio 2012

Il totem è venuto giù, il lavoro non è un diritto


La frase del ministro Fornero, al di là delle precisazioni su "job" e "work" rivela una filosofia in azione da oltre venti anni. E che viene sancita dall'approvazione della riforma che abolisce, di fatto, l'articolo 18. Con il placet del Pd
Salvatore Cannavò
“Stiamo cercando di proteggere le persone e non i loro posti di lavoro. Gli atteggiamenti delle persone devono cambiare. Il lavoro non è un diritto; Deve essere guadagnato, anche attraverso il sacrificio”Le affermazioni del ministro Elsa Fornero al Wall Street Journalrappresentano un programma politico nella loro secchezza e anglosassone sintesi. Spesso, quando si danno interviste ai giornali stranieri, si dice meglio quello che si pensa davvero, lo spirito di fondo che muove le proprie azioni.
E non serve a molto la precisazione secondo la quale nel testo completo dell'intervista la parola utilizzata è job (posto di lavoro) invece che work (lavoro più in generale) apparso sul testo cartaceo. E' una "distinzione indifferente", come ci conferma il giornalista del Wall Street Journal e che non elimina il senso di fondo dell'affermazione, la convinzione più genuina del ministro.
La filosofia espressa è quella di una società, probabilmente idealizzata, in cui le persone non stiano ferme sul posto, si diano da fare, si “guadagnino” appunto il lavoro piuttosto che aspettare che questo gli piova dal cielo. E’ un concetto che abbiamo sentito più e più volte, addirittura dagli anni 80 quando un craxiano con i boccoli, come Gianni De Michelis, consigliava ai giovani di imparare ad “arrangiarsi”.

Solo che è un concetto che non fa i conti con quell’impegno certosino e generoso di migliaia e migliaia di giovani e meno giovani, precari e disoccupati, che accettano di combattere una quotidiana battaglia, sempre impari, per conquistare una vita decente. A sentire certe affermazioni del ministro sembra che questa realtà non esista e che, al contrario, i giovani disoccupati siano seduti sul divano ad aspettare l’offerta migliore. Il modo migliore per descriverli, del resto, da parte di chi non sa risolvere il problema dell’occupazione.
Per questo di un’espressione che dice che “il lavoro non è un diritto” resta solo la parte amara, quella vera. Il lavoro viene lentamente espunto dalla giurisprudenza europea dal novero dei diritti non tanto garantiti ma su cui una società è impostata e cerca di convergere. E non è un caso che nell’intervista al WSJ questo concetto venga declinato in altre forme. La riforma, spiega infatti Fornero, “è anche una scommessa sugli italiani cambiare il loro comportamento in molti modi”.
Ma è il quotidiano finanziario a ricordare l’essenziale quando afferma che “uno dei principi chiave della nuova legge è che i datori di lavoro saranno in grado di licenziare i singoli lavoratori per motivi economici”. “Forse il più grande significato dello sforzo della signora Fornero - continua il WSJ - è che la legge ha smantellato la vacca più sacra del lavoro in Italia, l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori”. "Smantellato" è la parola giusta e non bisognerà mai dimenticare che dove non è riuscito Berlusconi, e Maroni, Sacconi, Brunetta e Marcegaglia, è riuscito un governo di tecnici sostanzialmente tenuto in piedi dal Pd. Quello di Renzi e quello di Bersani.
E per quanto riguarda l'azione riformatrice del ministro del Welfare, si possono fare tutti i discorsi del mondo, teorizzare le migliori filosofie di vita e del lavoro, ma la “riforma Fornero” entrerà nella storia, e sarà ricordata, solo per questo, per aver toccato "il totem" dell'articolo 18.

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