martedì 9 luglio 2013

Egitto, un colpo di stato nella rivoluzione


da www.alencontre.org (4 luglio 2013). La traduzione in italiano è stata curata dalla redazione di Solidarietà
Secondo il quotidiano francese “Libération” ( 3 Luglio 2013) il generale Abdel Fattah al-Sisi, non è uscito dal nulla quando è stato nominato da Morsi il capo dell’esercito nel mese di agosto 2012. Secondo Marwan Chahine, Al Sissi “di 58 anni, questo cairota laureato presso l’Accademia Militare egiziana nel 1977, fa parte di una generazione di ufficiali che non hanno partecipato alle guerre del 1967 e del 1973 contro Israele. Dopo aver iniziato in fanteria, è stato a sua volta addetto militare all’ambasciata egiziana in Arabia Saudita, comandante della zona nord di Alessandria d’Egitto e, infine, direttore dei servizi segreti dell’esercito. Nel corso della sua carriera, ha trascorso diversi anni di studio in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. E il quotidiano di sinistra “Tahrir” pensa che egli mantenga relazioni diplomatiche e rapporti militari privilegiati con l’alleato americano”. Lo sviluppo della protesta popolare e le esigenze sociali e politiche caratterizzano in modo determinante la dinamica di fondo della congiuntura politica, nel senso pieno del termine.
Tuttavia, la mancanza di un punto di riferimento politico, che si facesse carico della dinamica di rinnovamento e di profonda trasformazione che emerge dalla società, lascia ampio spazio, da non sottovalutare, alle iniziative politiche dei militari e dei loro alleati di comodo. È quanto è avvenuto attraverso la realizzazione del colpo di stato, con i propri aspetti specifici che si andranno via via rivelando e precisando nelle prossime settimane.
di Jacques Chastaing

1 – Egitto 3 luglio 2013 ore 12: ha inizio la caccia a Morsi
EGITTO_(f)_1128_-_Manifestazioni
Di nuovo grandi festeggiamenti di massa durante tutta la notte. C’erano le star egiziane Hussein Fahmi, Ahmed Helmi, Mona Zaki, Karim Abdel Aziz, Angham, Khaled Saleh, Khaled Al Sa. Durante il discorso di Morsi, la folla, riunita a palazzo Itthidiya, graidava: “vattene!”, “vattene!”. L’umorista egiziano Bassem Youssef ha paragonato l’ultimo discorso di Morsi a quello di Nerone: almeno 22 morti dopo il suo discorso nel quale ha implicitamente invitato i suoi sostenitori alla guerra civile e a uccidere gli oppositori del suo regime in nome della Sharia. L’esercito potrà intervenire sostenendo che lo ha fatto per salvare la gente e vincere in questo modo la guerra della simpatia pubblica. Questo disegno è esplicito nella dichiarazione dello SCAF (il Consiglio Supremo delle Forze Armate) della notte: “daremo il nostro sangue per liberare l’Egitto dai suoi terroristi”.

Ma non è affatto detto che la gente permetta all’esercito di utilizzare tutto questo per realizzare una propria dittatura. I dipendenti degli uffici governativi sono in sciopero e li bloccano. La macchina statale si inceppa. Si susseguono alcuni appelli su internet dei leader di Tamarod(Ribellione) che invitano a recarsi alle ore 16.00 davanti alla sede della Guardia Presidenziale a Salah Salem per fare in modo che sia lo stesso popolo a procedere all’arresto di Morsi.
Cominciano ad essere allestite delle tende. Un manifestante domanda: “Ma l’esercito tedesco ha fermato Hitler prima della seconda guerra mondiale? Un graffito sul muro del palazzo presidenziale: “La legittimità delle vostre urne elettorali viene annullata dalle bare dei nostri martiri “. L’esercito ne ha molti sulla coscienza… Le sedi del PJL (Partito della Giustizia e Libertà – Fratelli musulmani) sono state date alle fiamme a Ismailiya e Banha. Mohamed Al-Beltagy, segretario generale del Partito della Giustizia e della Libertà ha affermato che era ormai giunta l’ora dei martiri…

Nel quartiere “6 Ottobre” al Cairo, nella notte del 2 – 3 Luglio, dopo che gli islamisti hanno sparato su dei manifestanti anti-Morsi e dopo la reazione di questi ultimi, con violenti scontri e spari durante tutta la notte (la gente negli edifici attorno è rimasta sveglia tutta la notte), gli islamisti hanno dovuto rifugiarsi nella moschee di Hosari trasformandola in un vero e proprio bunker.
Secondo il Ministero della Sanità, questa notte si sono avuti 23 morti e 600 feriti, mentre il Kuwait chiede ai suoi cittadini di lasciare l’Egitto. Alcuni hanno notato la dichiarazione di Tariq Ramadan (nipote del fondatore dei Fratelli Musulmani): “La situazione è esplosiva. Morsi dovrebbe dimettersi e negoziare una vasta alleanza nazionale di transizione ed evitare così un bagno di sangue.”
Uno dei leader dei Fratelli Musulmani, lo sceicco Mohammed Abdullah, è stato arrestato dalla polizia. I beni dei leader dei Fratelli musulmani sarebbero stati congelati, ed essi stessi sarebbero agli arresti domiciliari. I veicoli militari iniziano a prendere posizione qua e là. Tredici ministri hanno presentato le dimissioni. Il leader della Jama’a al-Islamiya, Tarek Zomor, uno dei principali alleati di Morsi ha chiesto la tenuta di elezioni presidenziali anticipate. Prima o dopo aver massacrato ancora molte altre persone? La nave sta affondando e i topi la abbandonano…
Riportiamo qui di seguito le impressioni di “Progresso egiziano” quotidiano egiziano in lingua francese, politicamente assai reazionario. Un po”come se fossero le impressioni dei giornalisti de “Le Figaro”…
“Nel momento della massima incertezza” (Mercoledì, 3 luglio 2013)
“La notte è scesa sui manifestanti nelle strade, che, con grande entusiasmo, si sono mobilitati a milioni per esprimere la loro gioia dopo l’ultimo comunicato dell’Esercito, che ha lanciato al presidente un ultimatum di 48 ore per soddisfare le esigenze popolari… Nel momento della più totale incertezza, la questione rimane aperta, soprattutto dopo le conferenze stampa della Presidenza e del Fronte salafita che lascia intendere che il comunicato dell’Esercito ‘conteneva segnali che possono causare la confusione’. Le gioie, le paure, le incertezze e la confusione … tutto si intreccia. Tornando dalle piazze e dai diversi luoghi dove si sono riuniti i manifestanti anti-Morsi, si sentiva un fuoco fiammeggiante nei nostri occhi. No … non il fuoco che brucia, diremmo piuttosto un fuoco che illumina… Luci indescrivibili ci incrociavano dappertutto. Abbiamo visto tanti volti, tanti sorrisi, tanti occhi e tanti colori! La ‘confusione’ degli appelli ancora risuona nelle nostre orecchie. Quale nome dare a questo molto impressionante e commovente spettacolo? Un giubilo? Un’esplosione di gioia? … Guardando queste persone, ci rendiamo conto che qualcosa di profondamente radicale è cambiato per sempre. Cercando di sondare le reazioni di queste persone, dopo il comunicato delle forze armate, ci siamo resi conto che non avevano nessuna riserva di fronte alla nostra curiosità. È strano vedere come la gente si risveglia così in fretta dal proprio torpore e dalla propria confusione … Immagini impressionanti! Così come le testimonianze provenienti da Tahrir Ittihadiya, Défense e Alessandria.
di Neveen Ahmed Hamam e Dalia Abdel-Illah Chaimaa

Lo striscione di una manifestazione: “Svegliati America, Obama sostiene un regime fascista in Egitto”. Potremmo aggiungerci la Francia, ecc …
2. Egitto 3 luglio, ore 14: l’esercito prende posizione
L’ultimatum dell’esercito scade tra due ore e mezzo.
Il FSN e Tamarod premono sull’esercito affinché intervenga. El Baradei supplica l’esercito per salvare il popolo egiziano dalla follia di Morsi. Dopo di che, o prima, pare sia stato ricevuto (le voci dicono assieme al portavoce di Tamarod) e assieme allo sceicco di Al-Azhar e al Pope dei Copti, da Al-Sissi, l’uomo forte dell’esercito. El Baradeii che lecca il c… ai militari: merita un posto di primo ministro, no?

Tamarod invita gli egiziani a scendere in piazza in risposta al discorso Morsi, ma propone anche il Presidente della Corte Costituzionale Suprema come presidente ad interim, un nuovo governo tecnocratico, una nuova costituzione e nuove elezioni. Nessuno spazio al potere popolare. È vero che tutto ciò è in linea con il loro progetto iniziale, ma non con quello degli uomini e delle donne che hanno preso in mano i propri destini e che lo hanno fatto di propria iniziativa. La rivoluzione continua.
Il governatorato di Al Monofiya dichiara la propria disobbedienza civile per protestare contro il discorso di Morsi. Dopo gli scontri della notte a Giza, i “comitati popolari” (ma che cosa sono?) organizzano blocchi stradali e perquisizione di vetture a Giza, alla ricerca di Fratelli Musulmani.
Alcuni attivisti anti-Morsi, presso l’Università del Cairo (dove ci sono stati 16 morti nella notte a causa della violenza dei Fratelli Musulmani), armati di bastoni bloccano un bus carico di islamisti (venuti da fuori per partecipare alle manifestazioni pro Morsi?), li fanno scendere e danno fuoco al bus. Un furgone è stato bloccato perché sospettato di trasportare i Fratelli musulmani, che sono stati fatti scendere e bastonati.
Davanti a palazzo Ittihadiya e nelle vie Al-Ahram e Al-Marghany il numero di tende istallate continua ad aumentare e gli ingressi di queste strade sono bloccati. I membri dei “comitati popolari” sorvegliano gli ingressi verso il luogo principale della manifestazione.
Militari si schierano massicciamente a Nasr City (dove i Fratelli musulmani hanno tenuto la loro manifestazione principale pro Morsi). Elicotteri nel cielo. La polizia vicino a Tahrir. C’è un clima di panico nelle strade del Cairo a mano a mano che l’esercito avanza.
Alcuni canti pro Morsi, abbastanza numerosi, avanzano verso Rabaa:“saremo martiri a milioni.” Un’altra manifestazione pro Morsi si svolge nei pressi dell’Università del Cairo.
La Jamaa al-Islamiya nega di aver chiesto elezioni anticipate (In realtà, sembra che ci siano ora due Jamaa al-Islamiya). Continua a difendere la legittimità elettorale di Morsi e legittimità della democrazia rappresentativa delle schede di voto.
3. Egitto 3 luglio ore 15.30: un’ora prima della scadenza dell’ultimatum militare
Piazza Tahrir è piena per tre quarti, la folla continua a crescere, la gente canta “Non vi preoccupate, se ne andrà”. Vi è un po’ meno gente ad Ittihadiya, a palazzo Qubba e davanti alla sede della Guardia presidenziale, ma la folla cresce a poco a poco. Manifestazioni provenienti da luoghi diversi si avvicinano. La gente sembra più tesa rispetto a ieri e solo cautamente un po’ più ottimisti.
Mahmoud Badr, uno dei principali dirigenti Tamarod invita gli egiziani a scendere in piazza e bloccare la sede della Guardia presidenziale; cosa che, secondo lui, rappresenterebbe una sorta di ordine dato all’esercito per spingerlo a scendere nelle strade e a proteggere i manifestanti. Chiede alla guardia presidenziale di arrestare Morsi? Secondo lui si tratta di un colpo di stato popolare e non di un colpo di stato militare. Quindi, se ho capito bene, come De Gaulle nel 1958?
Dichiarazione del partito: “Noi siamo il popolo d’Egitto”(?) “La democrazia non è fatta solo dalle elezioni”.
Va rilevato, in primo luogo, che circa il 30- 40% degli adulti negli ultimi tre giorni è sceso per strada in Egitto (e forse di più?): un avvenimento storico mondiale. D’altra parte va sottolineato che, per la prima volta nella storia dell’umanità (se non sbaglio) una rivoluzione popolare caccia un potere islamista. Non so quali saranno le conseguenze dal punto di vista della fase politica. Ma saranno sicuramente molto importanti.
L’esercito smentisce di aver incontrato El Baradei da solo; afferma di averlo ricevuto, in rappresentanza del FSN, unitamente ad un rappresentante dei Fratelli Musulmani, di Tamarod, dei salafiti di Al Nour, del gran Sceicco di Al-Azhar e il Pope copto Tawadros. I Fratelli Musulmani hanno rifiutato. Tamarod aveva dapprima rifiutato, poi accettato, di nuovo rifiutato ed infine si è recato all’incontro.
L’esercito ha trasferito il personale della tv di Stato a Maspéro, lasciando solo i tecnici necessari.
Un rappresentante di Morsi dichiara che se questi dovesse morire, sarà per difendere la democrazia. Il Fronte per la Difesa dei manifestanti egiziani ha recensito 48 morti negli scontri del 2 luglio a Beyn Saryat, Faisel, Helwan, Kitkat al Cairo.
Una manifestazione contro Morsi parte verso l’edificio della guardia presidenziale dove si pensa che il presidente si sia nascosto. Ma laggiù vi sono già molti manifestanti che gridano: “Il popolo e l’esercito, una mano sola”.
4. Egitto, 3 luglio, ore 20.15: colpo di Stato nella rivoluzione
È certamente un colpo di stato militare quello in corso, ma un colpo di stato nell’ambito di una rivoluzione.
L’obiettivo di questo colpo di stato non è, attraverso il rovesciamento di Morsi, di affrontare la rivoluzione, di sconfiggerla; ma, piuttosto, di contenerla, di frenarla, di impedirle di andare fino in fondo alla dinamica di cui è portatrice.
L’esercito aveva già fatto la stessa cosa nel febbraio 2011, quando aveva abbandonato Mubarak proprio nel momento in cui vi erano stati diversi appelli allo sciopero generale e vi erano segnali concreti che tali appelli cominciavano ad essere ascoltati. Abbandonando il superfluo , Mubarak, l’esercito ha conservato l’essenziale, cioè la proprietà dei possidenti. Oggi si ripete la stessa dinamica.
La contestazione permanente non si ferma in Egitto da più di due anni, si sta anzi amplificando dal dicembre 2012 e da allora non ha conosciuto pausa alcuna, con una notevole allargamento dei conflitti sociali: dall’inizio dell’anno l’Egitto fa segnare record storici mondiali quanto al nuovo di scioperi e proteste sociali!
Adesso questi movimenti sociali hanno trovato una cristallizzazione politica straordinaria attraverso la campagna Tamarod (Ribellione) che è riuscita non solo ad ottenere 22 milioni di firme contro Morsi, ma ha mobilitato milioni e milioni di egiziani in piazza per chiedere la caduta di Morsi.
Non era difficile capire che se la piazza avesse fatto cadere Morsi si sarebbe aperta la porta ad una marea di rivendicazioni sociali ed economiche che avrebbero potuto mettere in discussione i possidenti, i ricchi, la proprietà e quindi anche l’esercito, uno dei maggiori proprietari in Egitto, sia nel settore agricolo che in quelli commerciale e industriale. Era assolutamente necessario, per l’esercito, evitare tutto questo.
Evidentemente avrebbe potuto attaccare direttamente il movimento sociale e allearsi ai Fratelli Musulmani e magari anche al FSN contro la rivoluzione in corso. Il problema è che questa strategia l’esercito non ha potuto seguirla. Esso aveva infatti già fatto un colpo di stato contro la rivoluzione nel giugno 2012, facendo qualche passo in questa direzione. Ma alla fine aveva rinunciato di fronte alla mobilitazione popolare, che all’epoca vedeva ancora più con timore, dato che, malgrado due anni di feroce repressione (più di 11.000 attivisti condannati da tribunali militari, torture, pesanti condanne), il movimento sociale era più vivo che mai e mostrava di non aver paura.
E questo, soprattutto, nel momento in cui i soldati sembravano meno fidati che mai. Poi ci sono state rivolte alla base dell’esercito e della polizia, si sono visti alcuni ufficiali manifestare con i rivoluzionari. La leadership militare aveva allora temuto che il proprio apparato si dissolvesse in uno scontro di questo genere. E per queste ragioni avevano alla fine affidato il potere ai Fratelli musulmani, che apparivano come i soli a poter contare su un apparato (2 milioni di militanti) ed un’ideologia forte, di tipo religioso, per tentare di frenare una rivoluzione che non voleva fermarsi.
Adesso, nel giugno 2013, l’esercito si è venuto a trovare in una situazione ancora peggiore.
I Fratelli Musulmani hanno perso tutta la loro influenza, l’ intossicazione religiosa non funziona più – o comunque assai di meno – e il movimento rivoluzionario è molto più forte che nel gennaio 2011, molto più ampio nelle proteste, in un contesto di lotte sociali molto più importante che nel gennaio del 2011 e con molta più esperienza, potendo contare su molti più militanti che nel 2011.
Opporsi a questo movimento avrebbe probabilmente significato perdere l’esercito che si sarebbe disintegrato, venendo così a mancare l’unico baluardo tra rivoluzione e proprietà. E questo poiché il FSN non ha alcun peso reale anche se ha dimostrato, a più riprese, la sua buona volontà contro la rivoluzione. L’esercito ha alla fine preferito non affrontare la rivoluzione, ma ha tentato di deviarne il corso, almeno per il momento.
Certo, ci si può chiedere: come mai il movimento rivoluzionario abbia accettato questa collaborazione temporanea dell’esercito a favore della propria causa, visto che sono in molti ad essere coscienti di come non ci si possa fidare dei militari proprio per aver conosciuto, attraverso le prigioni, le torture e i suoi altri molteplici atti di violenza?
Semplicemente perché se è vero che il movimento è molto forte, la sua coscienza, per contro, lo è un po’ meno, anche se sta crescendo. Non è che non si sia coscienti di quale possa essere il pericolo di un colpo di stato militare in questo momento, ma il fatto è che, semplicemente, non si sa ancora che cosa si vuole e cosa fare, quali obbiettivi perseguire.
E ‘significativo che siano dei democratici, rivoluzionari certo, ma soprattutto democratici, che credono a fondo agli strumenti della democrazia rappresentativa borghese, a trovarsi alla testa di questo movimento con il solo obiettivo di organizzare nuove elezioni presidenziali; ma in nessun modo costoro vogliono essere i rappresentanti delle rivendicazioni sociali dei poveri e ancora meno dell’anti liberalismo, per non parlare dell’anticapitalismo. La debolezza di questo movimento sta quindi nei suoi dirigenti o, più precisamente, nel suo grado di coscienza, in quello che ha nella testa e che fa sì che esso abbia accettato (o sia stato disposto ad accettare?) di avere “capi” di questo genere.
In questa situazione, assisteremo al tentativo dell’esercito di recuperare posizioni, di erodere nuovamente alcune libertà, di reprimere, come aveva fatto dopo la caduta di Mubarak; ma esso avrà molta più difficoltà di quanto non ne abbia avute due anni fa, perché il movimento è molto più forte e più esperto e consapevole di quanto non lo sia l’esercito. E quest’ultimo non avrà più al suo fianco il suo amico/rivale, quei Fratelli Musulmani utilissimi ad ingannare la gente.
Infine, la situazione sociale è deplorevole, l’economia è sull’orlo del collasso ed è per questo che la maggior parte delle persone sono scese in piazza. Ma l’esercito non ha una risposta a questi problemi, oltre ad essere uno dei più ricchi proprietari, in altre parole uno degli obiettivi principali di numerose lotte sociali. E non sarà certo il FSN – in caso di entrata al governo – che potrà ingannare a lungo i poveri, non avendo mai goduto di grande autorità tra la popolazione e soprattutto tra i più poveri.
In prospettiva il futuro appartiene alla rivoluzione. E non solo in Egitto, come ci mostrano la Turchia, il Brasile… Ora sarà proprio dalla convergenza di questi movimenti, dal loro incoraggiamento reciproco, che li arricchirà di quel che di meglio vi è in ognuno di loro, che potrà nascere una coscienza chiara di quello che vogliono, di quegli obiettivi che faranno trasformeranno la prossima rivoluzione in una rivoluzione a carattere chiaramente sociale e non solo democratico.
C’è un numero considerevole di persone in piazza Tahrir e Ittahidiya , così come davanti a Palazzo Qubba e davanti alla sede della Guardia presidenziale. E ne arriva sempre di più. Ci sarà più gente che nei giorni precedenti? È possibile.
Jacques Chastaing

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