domenica 28 luglio 2013

Se non con Marta quando?

 Da:ilmegafonoquotidiano

 La campagna di solidarietà con la noTav picchiata dalla polizia si diffonde velocemente in rete e non solo. Dopo la contestazione alla festa del Pd, la marcia popolare in valle con 3000 persone in mezzo ai boschi


Ci sono tanti modi per esprimere solidarietà a una persona. Quello scelto per stare accanto a Marta, la giovane noTav manganellata e poi molestata dalla polizia, è particolarmente efficace. Il gruppo Facebookhttps://www.facebook.com/pages/Se-non-con-Marta-quando-Se-toccano-una-toccano-tutte/611101625590032, infatti si sta limitando a raccogliere delle semplici foto. Chiunque voglia si mette davanti alla macchina fotografica, più spesso al cellulare, e si immortala con in mano un semplice cartello: "Se non con Marta quando? Se toccano una toccano tutte". Una volta si sarebbe detto "siamo tutti Marta". I social network aiutano l'immaginazione e la volontà di mettersi in gioco è stata evidente. In un giorno il gruppo ha sfiorato i 3000 utenti e i fotografati sono tantissimi. Soprattutto facce singole ma anche collettivi. I ragazzi di Ri-Make, ad esempio, il centro sociale Zapata di Genova, il gruppo NoTav di Pisa fatto tutto da donne.

sabato 27 luglio 2013

Genova, il paradosso è che nulla è come allora

genova
di Checchino Antonini (da Popoff)

Il paradosso è che quella pistolettata che ha ammazzato Carlo ha generato più vita di quella che ‘è rubata, oltre al dolore irrimediabile di un omicidio e all’ingiustizia di un processo negato. E’ la vita che torna a respirare ogni 20 di luglio in piazza Alimonda, che rimette gli striscioni sulla ringhiera della chiesa e fa suonare la gente dal palco, che fa tornare i “reduci”, che li fa abbracciare, piangere, ridere e indignarsi. C’era chi ci doveva stare anche stavolta, la dodicesima da quel 2001. Mancava don Gallo ma le sue parole sono risuonate dall’altoparlante.
Il paradosso è che nella città di don Gallo e don Paolo Farinella c’è un altro prete che quegli striscioni non li sopporta assieme a certi suoi parrocchiani perbenisti.

Egitto, non in nostro nome!

Venerdì 26 erano convocate al Cairo e in altre città egiziane due distinte mobilitazioni: una dei Fratelli musulmani contro la propria estromissione dal potere e la repressione subita; l’altra da Al-Sissi, che fa appello alla popolazione per sostenere la propria “legittimità”. Nei giorni scorsi si sono contati almeno 10 morti negli scontri. Inoltre 20 poliziotti sono stati uccisi in un agguato nel Sinai contro le forze di polizia. Il Fronte di Salvezza nazionale (il principale raggruppamento liberale egiziano) ha annunciato la propria partecipazione alla manifestazione convocata da Al-Sissi. I Fratelli musulmani hanno definito l’appello di Al-Sissi come una “dichiarazione di guerra civile”. Le “misure di sicurezza più idonee” sono state prese dalla polizia e dall’esercito. Inoltre sembra che Morsi sia accusato di collaborazione con Hamas contro le forze di polizia egiziane. (Nota della redazione)
Dichiarazione dei Socialisti rivoluzionari egiziani
La Fratellanza Musulmana è stata rovesciata per portare avanti la rivoluzione, non per sostenere il regime.

Qualunque crimine la Fratellanza abbia commesso contro il popolo e contro i Copti per difendere il suo potere in nome della religione, noi non diamo al capo dell’esercito di Al-Sisi alcuna autorizzazione. Non andremo in piazza venerdì per offrirgli un assegno in bianco per commettere stragi.

Il ruggito del nipote

di Antonio Moscato (da Movimento Operaio)
Enrico Letta, che è a capo del governo per le stesse ragioni per cui è vicepresidente Alfano (sono mediocrità che non fanno ombra a nessuno nel loro partito), in realtà eccelle in quella che una volta era considerata una virtù tipicamente democristiana, e che si è poi diffusa in ogni angolo del parlamento: confondere le acque e annunciare solennemente il nulla.
Esempio ultimo, il proclama contro l’evasione fatto nel covo dei protettori della grande evasione e persecutori di quella piccolissima, cioè di chi ha sbagliato o ritardato di poco un versamento: l’Agenzia delle Entrate. Perfino la Stampa e il Messaggero, organi zelantemente governativi, hanno riferito ironicamente sulla vicenda.
Su “la Stampa”, dopo il titolo non certo ultimatista (“Chi ha i soldi all’estero farebbe bene a riportarli”, virgolettato dal quotidiano), il testo parla di una minaccia vera, “di quelle toste”. Chissà se Letta riuscirà a realizzarla, si domanda il giornalista…

La svolta, moderata, di Syriza

di Stathis Kouvelakis (Comitato centrale di Syriza)
1. Il congresso di Syriza si è svolto in un contesto di grande instabilità politica che fa seguito alla crisi provocata dalla chiusura della radiotelevisione pubblica (Ert) da parte del governo di Antonis Samaras e dall’abbandono del governo da parte di una delle sue tre componenti, il partito di Sinistra democratica (Dimar). Il nuovo governo bipartitico di Nuova democrazia e Pasok, non può che contare su una maggioranza molto ristretta (153 voti su 300) come ha dimostrato il voto del Parlamento del 17 luglio sul nuovo pacchetto di tagli alla funzione pubblica. Soprattutto: l’ampiezza della reazione popolare alla chiusura della Ert ha segnato la fine della relativa apatia sul versante sociale dopo il voto del precedente Memorandum lo scorso novembre.

mercoledì 24 luglio 2013

Non rassegnarsi alla palude


di Franco Turigliatto

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Le crisi economiche e sociali sconvolgono gli equilibri tradizionali della società, irrompono nelle condizioni materiali delle classi, modificano la vita e il comportamento delle persone, esaltano i vizi e le virtù individuali dei singoli e delle forze politiche e sociali; in altri termini alimentano le ideologie conservatrici e reazionarie, ma anche potenzialmente, quelle rivoluzionarie.

Con i Notav

 
di Giorgio Cremaschi

Tutta la grande  informazione ha seguito con trepidazione e simpatia la mobilitazione popolare in Turchia. Quel grande movimento democratico è esploso attorno alla protesta di centinaia di giovani che volevano impedire l'abbattimento di alcuni alberi in Gezi Park, un parco di Istambul destinato ad essere cancellato per far posto a qualche grande opera.
In Valle Susa sinora sono stati abbattuti oltre 5000 alberi, molti secolari, in uno scempio di cui ho personalmente potuto rendermi conto prima che tutta quell'area venisse chiusa al mondo diventando così una zona rossa, un'altro di quei buchi neri che da Genova in poi ingoiano la nostra democrazia.

domenica 14 luglio 2013

Brasile, il miracolo dell’esplosione della “classe media”


di Paulo Passarinhoeconomista e conduttore del programma radiofonico brasiliano Faixa Livre. Questo articolo è stato pubblicato su Correio da Cidadania il 30 giugno 2012. Traduzione  a cura della redazione di Solidarietà
Non passa giorno senza che i media ci raccontino come molte delle rivolte in atto in diversi paesi (Brasile, Egitto, Grecia, Turchia) siano il risultato della mobilitazione di una non meglio identificata “classe media”, cresciuta e sviluppatasi negli ultimi anni e che vedrebbe ora il suo statuto pericolosamente messo in discussione da politiche di austerità e dalla mancanza di prospettive di sviluppo. Una visione della realtà sociale costruita sulla base di allegre analisi sociologiche che hanno, tra le altre cose, l’obiettivo di nascondere l’esistenza di un possibile soggetto di trasformazione sociale: una classe salariata, giovane, aperta che non vuole più accettare società che, malgrado gli sviluppi degli ultimi due decenni, restano profondamente inique dal punto di vista della ripartizione della ricchezza sociale. Basti ricordare che un paese come il Brasile, dopo anni di governi progressisti, vede il 4% della popolazione possedere il 90% della ricchezza. Di fronte a tale disinformazione appare utile questo contributo di Paulo Passarinho che illustra la realtà di questa “nuova classe media”: un prezioso elemento per comprendere la realtà sociale e politica di una paese come il Brasile, protagonista in queste settimane di importanti movimenti sociali (ndr)
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Come recita un vecchio adagio, la propaganda è l’anima del commercio. Se lasciamo da parte l’ipotesi che questa affermazione è di per sé pura propaganda, non c’è dubbio che se essa viene costantemente ripetuta, questo significa che essa sia abbastanza efficace. E ciò anche nel caso in cui questa propaganda si riducesse a menzogne grossolane, come affermava il ministro della propaganda di Hitler, Joseph Goebbels.

La nuova sinistra radicale di Hong Kong

Intervista di Sid Zoichi a Sophia Chan pubblicata il 13/7/2013 su “Socialist Alternative Link”. Traduzione di Lillo Cannarozzo 
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Negli ultimi mesi Hong Kong è stata scossa da due grandi battaglie. La prima è consistita nel massiccio sciopero di 40 giorni che ha coinvolto centinaia di gruisti e stivatori del Kwai Tsing Container Terminal, il porto di container più grande del mondo. Ai primi di maggio i lavoratori hanno ottenuto un aumento salariale del 9,8 % (nella foto una manifestazione dei portuali).
La loro lotta è stato vittoriosa anche grazie al sostegno di migliaia di persone in città.
Negli ultimi giorni c’è stata l’esplosione di proteste a favore della democrazia che, secondo gli organizzatori della manifestazione antigovernativa del 1° luglio, ha coinvolto più di 400.000 persone.

Egitto, il popolo te lo ha dato, il popolo se lo riprende


di Mahmoud  Husseinpseudonimo comune di Bagat Elnadi e Adel Rifaat, politologi, islamologi e scrittori, autori di numerosi libri, tra i quali: La lotta di classe in Egitto 1945-1970 (Einaudi, Torino 1974), Versante sud della libertà. L’emergere dell’individuo nel Terzo mondo (Manifestolibri, Roma 2002, Pensare il Corano (Messaggero Padova 2009) e, non reperibili in italiano, Al-Sîra, le Prophète de l’islam raconté par ses compagnons, due volumi (Grasset 2005 e 2007). L’articolo che segue è stato pubblicato dal quotidiano Libération il 9 luglio. La traduzione è a cura della redazione del sito Sinistra Critica
egitto donne
Ecco quello che si pensa in occidente della situazione egiziana: un’esperienza democratica era in atto, l’esercito ha voluto metterle fine, strumentalizzando il malcontento popolare per fare un colpo di stato.

E via a lamentarsi dell’ingenuità del popolo egiziano che ha preferito gettarsi in bocca al lupo militare piuttosto che fare affidamento sul presidente islamista regolarmente eletto. Incapace di sottostare alla lenta scuola della democrazia, il popolo egiziano ha messo da parte tutti i mali inflittigli dall’esercito.
No, il popolo egiziano non ha dimenticato.

Marchionne, la Fiat, il capitalismo


di Franco Turigliatto
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Ancora una volta nel silenzio complice delle istituzioni e delle forze politiche si procede al trasferimento all’estero di un importante settore del Gruppo Fiat: la Fiat industrial, costituita solo due anni fa, ha svolto il suo ultimo consiglio di amministrazione pochi giorni fa a Torino, trasformandosi in Cnh industrial e traslocando la sua sede legale in Olanda.
L’azienda sarà quotata a Milano e a Wall Street mentre il prossimo consiglio si terrà in Inghilterra. Per capire meglio il valore di una risorsa che sta lasciando il paese, basta dire che si tratta dell’Iveco, del comparto che produce i veicoli industriali. Vedremo quali saranno gli effetti produttivi ed occupazionali di questo trasferimento.

martedì 9 luglio 2013

Torino, una prima forte risposta al licenziamento di Larobina

di Adriano Alessandria
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Martedì la Kuehne Nagel, l’azienda ex ricambi Iveco- ha proceduto al licenziamento di Pino Larobina, operaio, rappresentante sindacale, rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, nonché dirigente del Sindacato unitario di base (USB) . Non vi erano dubbi che questo sarebbe stato l’epilogo della sospensione cautelare scattata la settimana prima.
Ma ieri (mercoledì 3) la risposta dei lavoratori è stata immediata, con lo sciopero nell’ultima ora del primo turno e nella prima ora del secondo turno, che ha permesso ai molti lavoratori che vi hanno aderito di partecipare alla manifestazione e all’assemblea che si è svolta all’ingresso della fabbrica. Lo sciopero è stato dichiarato dalla rappresentanza interna della Fiom che così ha permesso di costruire un più ampio schieramento unitario di risposta all’aggressione padronale.

Egitto, la questione sociale alla radice dei grandi sconvolgimenti politici


Intervista a Gilbert Achcar (da Mediapart. Traduzione in italiano a cura della redazione di Solidarietà)
5544 manifestazioni in cinque mesi, 42 al giorno. Queste cifre, contenute in un rapporto citato da DailyNews Egitto, mostrano quanto l’Egitto sia in fibrillazione in questo 2013. I dati relativi ai mesi marzo, aprile e maggio (1354, 1462 e 1300 manifestazioni) rendono questo paese quello con il maggior numero di mobilitazioni al mondo in questo periodo. Due terzi di questi manifestazioni riguardano questioni economiche e sociali, troppo spesso eluse dalla stampa a vantaggio delle lotte politiche.
Professore alla Scuola di Studi Orientali e Africani di Londra, lo studioso Gilbert Achcar ha pubblicato nella primavera del 2013 “Le Peuple veut”(Edizioni Actes Sud), in cui tenta di analizzare le cause sociali delle rivoluzioni così come le strutture economiche dei paesi arabi, cercando di anticiparne l’evoluzione.
L’intervista è stata realizzata lo scorso 30 giugno, ma appare ancora più attuale perché permette di cogliere alcuni aspetti fondamentali che illustrano lo sviluppo degli avvenimenti degli ultimi giorni e delineano i possibili sviluppi futuri (ndr).

Perché tanta enfasi sulla questione sociale in Egitto, in questo periodo di grande agitazione politica?
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Vi è un’abitudine dei media di prestare attenzione solo agli aspetti politici. In Egitto, l’ondata di scioperi che hanno preceduto la rivolta nel gennaio 2011 è ancora in atto. Si può notare, in particolare attraverso le regolari prese di posizione dei sindacati indipendenti, l’ intensità delle varie azioni sociali.

Egitto, un colpo di stato nella rivoluzione


da www.alencontre.org (4 luglio 2013). La traduzione in italiano è stata curata dalla redazione di Solidarietà
Secondo il quotidiano francese “Libération” ( 3 Luglio 2013) il generale Abdel Fattah al-Sisi, non è uscito dal nulla quando è stato nominato da Morsi il capo dell’esercito nel mese di agosto 2012. Secondo Marwan Chahine, Al Sissi “di 58 anni, questo cairota laureato presso l’Accademia Militare egiziana nel 1977, fa parte di una generazione di ufficiali che non hanno partecipato alle guerre del 1967 e del 1973 contro Israele. Dopo aver iniziato in fanteria, è stato a sua volta addetto militare all’ambasciata egiziana in Arabia Saudita, comandante della zona nord di Alessandria d’Egitto e, infine, direttore dei servizi segreti dell’esercito. Nel corso della sua carriera, ha trascorso diversi anni di studio in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. E il quotidiano di sinistra “Tahrir” pensa che egli mantenga relazioni diplomatiche e rapporti militari privilegiati con l’alleato americano”. Lo sviluppo della protesta popolare e le esigenze sociali e politiche caratterizzano in modo determinante la dinamica di fondo della congiuntura politica, nel senso pieno del termine.
Tuttavia, la mancanza di un punto di riferimento politico, che si facesse carico della dinamica di rinnovamento e di profonda trasformazione che emerge dalla società, lascia ampio spazio, da non sottovalutare, alle iniziative politiche dei militari e dei loro alleati di comodo. È quanto è avvenuto attraverso la realizzazione del colpo di stato, con i propri aspetti specifici che si andranno via via rivelando e precisando nelle prossime settimane.
di Jacques Chastaing

La Consulta boccia il sistema Fiat (e l’accordo del 31 maggio)

fiat_lavoratore_555Una importantissima sentenza della Corte Costituzionale dà ragione alla FIOM contro le discriminazioni in Fiat. Siamo felici perché si fa un primo grande atto di giustizia che riconosce il significato ed il valore generale della lunga lotta dei lavoratori, della FIOM e del sindacalismo di base contro il modello Marchionne. Ma siamo felici anche perché questa sentenza, di cui pubblicheremo testo e adeguati commenti nei prossimi giorni, mette anche in crisi l’accordo CGIL CISL UIL UGL Confindustria, che vuole estendere ovunque il modello Fiat legando il diritto alla rappresentanza non solo alla firma degli accordi, ma anche alla rinuncia alla lotta. Abbiamo avuto ragione a sostenere che quell’accordo viola la Costituzione… Ora avanti contro l’accordo  e per avere una legge sulla rappresentanza che garantisca ai lavoratori il diritto a scegliere liberamente da chi essere rappresentati e a votare su piattaforme e accordi.

Malabarba: “De Gennaro, dal G8 a Finmeccanica” Pubblicato da fabur49 il 4 luglio 2013 in Nota del giorno, Politica, Repressione


di Checchino Antonini
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«Cvd», dice Gigi Malabarba, «una formula che si usa in fondo alle dimostrazione dei teoremi di matematica. E “come volevasi dimostrare” Gianni De Gennaro sta per diventare il presidente di Finmeccanica. E’ dal 2005 che Malabarba scrive e dichiara che la carriera dell’allora capo della polizia sarebbe approdata, prima o poi, alla potente holding di stato dell’apparato militare-industriale.

«Non avevo dubbi – ripete dopo aver letto dell’accordo tra Letta, il premier, e il suo ministro dell’Economia Saccomanni – potevano esserci sgambetti dell’ultima ora. Ma tutti i segnali dicevano che stava per accadere». «E’ la somma dei passaggi», spiega Malabarba, che si sono succeduti da quando quello che era il capo della polizia «trasferì il fidato Luciano Pucci dal Viminale a Seicos (una società del gruppo che si occupa di guerra elettronica, ndr)». Il disegno del controllo di tutte le forniture della sicurezza nazionale da parte di chi stava collocando i suoi uomini (in gran parte indagati per i fatti del G8 di Genova) ai vertici di tutti gli apparati delle forze dell’ordine e dei servizi, apparve chiaro. «Almeno a chi voleva vedere».

martedì 2 luglio 2013

Torino, contro la sospensione di Pino Larobina dalla Kuehne Nagel

Un grave fatto di repressione padronale e di attacco a un militante sindacale e ai diritti dei lavoratori sta avvenendo alla Kuehne Nagel di Torino, un’azienda collegata all’Iveco e quindi al Gruppo Fiat (si tratta della vecchia Fiat Ricambi), dove la direzione aziendale ha deciso la sospensione cautelare per Pino Larobina, militante sindacale e politico di lunga data, la cui generosità ed impegno sono note a tutte e tutti; un attivista che si è sempre prodigato per la difesa dei diritti sociali e civili delle lavoratrici e dei lavoratori.
Larobina è anche uno dei dirigenti piemontesi dell’USB.
Questa gravissima misura repressiva arriva dopo un lungo periodo di provocazioni e vessazioni da parte dell’azienda nei confronti di questo lavoratore, volte ad ostacolare la sua attività sindacale: la Kuehne Nagel si è spinta fino a mettere in atto una vera e propria operazione di spionaggio con pedinamento di un agenzia investigativa operato per 35 giorni!

Berlino, “rivoluzionare i rivoluzionari”

Corrispondenza da Berlino

Berlino
C’è guerra sociale in Europa. Che siano di destra o “socialdemocratici”, i governi diventano sempre più violenti socialmente come sul piano politico e poliziesco.
Chiusura delle radio e delle televisioni pubbliche in Gracia, 5.000 manifestanti feriti in Turchia, il 60% dei giovani disoccupati nello stato spagnolo e in Portogallo, brutalità della polizia contro il movimento Blockupy a Francoforte… Accadono cose che molti non avrebbero neanche immaginato negli anni scorsi.

E’ questa la situazione che è stata denunciata durante un grande meeting che si è svolto in Germania, a Berlino, venerdì 14 giugno. Organizzato dai gruppi che partecipano ad un processo di discussione per una nuova organizzazione anticapitalista («Neue Antikapitalistische Organisation»), vi hanno preso la parola in particolare Charles-André Udry (attivo nelle correnti di sinistra di Syriza), Olivier Besancenot (del NPA francese), Raquel Varela (storica portoghese) e Erdugrul Kürkcü (militante rivoluzionario venuto dalla Turchia). E 300 persone tra il pubblico, cosa che rende questo meeting il più importante per la sinistra radicale berlinese da molto tempo a questa parte.

Un messaggio dall’Egitto al mondo

di Jacques Chastaing (1° luglio 2013)
Cairo
C’erano ieri, 30 giugno, in quasi tutte le città egiziane, piccole e grandi, tra i 14 milioni di manifestanti anti Morsi (secondo l’agenzia Reuters, che cita fonti militari) e 33 milioni (secondo la  CNN o la BBC). In ogni caso ce ne erano molti di più di quanti scesero in piazza nei 18 giorni della rivoluzione del gennaio 2011 che fece cadere Mubarak. E’ Si è trattato della più grande manifestazione della storia dell’Egitto e, probabilmente, della storia dell’umanità.

Manifestazioni festose
Le manifestazioni, veri fiumi umani, non hanno conosciuto violenze. Ci sono stati 5 morti e 613 feriti secondo il ministero della Sanità (a causa delle provocazioni dei Fratelli musulmani), cosa che va deplorata, ma che comunque è esigua in rapporto all’ampiezza enorme del numero delle persone scese in piazza.