giovedì 20 giugno 2013

Brasile, rivolta contro l’austerità. Comunicato del NPA


Protesto MPL 2 - Mídia Ninja
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Dopo un decennio di relativa pace sociale sotto i vari governi del PT (Partdo dos trabalhadores), il Brasile è oggi attraversato dalla mobilitazione sociale più grande dopo la destituzione dell’allora presidente Collor nel 1992. Il fattore scatenante del movimento che ieri ha portato in piazza oltre 200.000 persone, soprattutto giovani, in tutte le principali città del paese, è stata l’impennata dei prezzi dei trasporti pubblici. A titolo di esempio, in una città come São Paulo il prezzo del biglietto di trasporto supera un euro, mentre il salario minimo non arriva a 250 euro. Tuttavia, l’ondata di rabbia, che ha portato a episodi come l’assedio del parlamento nella capitale Brasila e i violenti scontri in particolare a Belo Horizonte e a Rio de Janeiro, ha cause molto più profonde.

Dietro l’immagine di potenza regionale emergente si nasconde un’inflazione vertiginosa con una conseguente fortissima caduta del potere d’acquisto in un paese che non ha mai eliminato le profonde ineguaglianze né superato l’assenza di servizi pubblici di qualità. Le spese astronomiche per la preparazione della Coppa del mondo di calcio e per le Olimpiadi, così come i tanti scandali di corruzione, rendono questa realtà ancora più inaccettabile agli occhi dei lavoratori e dei giovani. E’ in questo contesto che va compresa la caduta di popolarità della presidente Dilma Roussef, contestata durante la cerimonia di apertura della Confederations Cup qualche giorno fa. La violenta repressione scatenata dalla polizia, una delle più sanguinarie del mondo, giovedì scorso a São Paulo, non ha fatto che legittimare e rafforzare la mobilitazione. E’ una nuova generazione di militanti che appare e che è portata a identificarsi spontaneamente con i giovani della Turchia e dei paesi arabi.
Condanniamo la repressione contro i manifestanti e sosteniamo un movimento che potrebbe essere in grado di mettere le premesse per l’esaurimento del “modello brasilano” – così come in Turchia – e di ricollocare i paesi cosiddetti “emergenti” nella dinamica convulsa della lotta di classe che si sviluppa nel contesto della crisi del capitalismo. Vista l’importanza strategica del Brasile, si tratterebbe di una svolta che potrebbe far precipitare tutta la situazione del subcontinente sudamericano.

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