lunedì 13 agosto 2012

Che succede a Taranto


Ancora un intervento della magistratura per il blocco della produzione. L'Ilva non prende impegni la mano pubblica non glieli chiede. Cronaca delle assemblee, e del dibattito, che si tiene in città
Francesco Maresca*
Nei giorni successivi al 2 agosto, a Taranto è accaduto di tutto. Ci sono state assemblee di operai e cittadini, con 250/300 persone, contando anche il Comitato “cittadini e lavoratori liberi e pensanti” e altre organizzazioni. C’è stata anche una riunione politica e organizzativa, di una trentina di persone del Comitato, che ha messo a punto alcuni punti di programma , come per es. andare nei vari quartieri a fare assemblee; fare una settimana di mobilitazione in fabbrica con volantini e megafoni. La posizione sull’Ilva rimane ambigua, del tipo “chiusura programmata”. Cosa si vuole dire con questa posizione non si capisce. Se si vuole che l’azienda chiuda definitivamente; oppure che bisogna programmare una chiusura per fare i lavori di bonifica. Si potrebbe propendere per la prima versione vista la posizione che la segue: “Lo Stato deve fare investimenti per cambiare il modello di sviluppo di Taranto”.
A noi, questa impostazione, fa ritornare in mente quello che dicevano i partiti e i sindacati negli anni 70/80 del secolo scorso che tante illusioni creò, ma non produsse nulla, se non investimenti prodotti da cospicui finanziamenti di Stato che si tradussero in aziende che svanirono poco dopo, come la fonderia Taranto, di cui non si è saputo più niente, né dell’azienda né dei lavoratori. Oltre a questo, il Comitato, se scattasse la cassa integrazione, rivendicherà l’integrazione al 100% del salario. Insomma, al di la di quello che contesta al sindacato, il Comitato, al momento, esprime posizioni simil- sindacali. La differenza sarebbe che per lavoratori e cittadini i sindacati sono “compromessi” con Riva.

La valutazione che facciamo, in questa situazione, è che nel Comitato si fanno analisi sbagliate, del tipo “Riva vuole chiudere e sta cercando la scusa per andarsene”; o anche, “L’Ilva perde commesse e di questo passo la Cina coprirà gran parte del mercato e sarà costretta a chiudere”; la più sbagliata di tutti è quella che sostiene che l’Ilva nel 2009 abbia fatto profitti tenendo gli operai in Cig. Eppure, il 2009 è stato l’anno del tracollo della produzione con la conseguenza di una perdita record di 547,7 milioni. Il 2010 ha avuto altre perdite più contenute (66,3 milioni). Solo nel 2011 l'Ilva ha potuto fare profitti per 327 milioni (tutti i dati riportati sono verificabili su “Milano Finanza” del 31 luglio u.s.).
Le difficoltà dell’Ilva sono legate alla fase economica e non all’azienda. La nostra non è una puntualizzazione intellettualistica, ma facendo analisi errate si tirano conclusioni errate. Dalla discussione nel comitato manca completamente un’analisi della fase, una corretta valutazione dei risvolti dei provvedimenti giudiziari; manca del tutto la possibilità di rivendicare l’esproprio dello stabilimento dei Riva, passando dall’occupazione della fabbrica. Ma di questo non c’è ombra. Come, per esempio, si è a conoscenza che stante il sequestro, la cassa integrazione non viene erogata, la quale è prevista solo per riduzione di produzione, ristrutturazioni e simili. Allora, se chiude l’Ilva cosa si intende fare? Per quanto riguarda noi continueremo a discutere, anche se, ancora una volta e al di la di quello che si dice, quando si esprimono posizioni diverse dal comune sentire, si viene interrotti con argomenti incredibili, per es.: “Ci vorrebbero aziende come la Belleli che faceva lavori puliti e di grande precisione, che è stata fatta fallire”. Certo, si dimenticano alcune cose di fondo. 1) La Belleli è fallita per operazioni finanziarie allegre; 2) la Belleli costruiva piattaforme petrolifere che oltre ad inquinare Taranto inquinava il resto del mondo. Ma qui, andrebbe fatta la polemica sul razzismo che sottendente queste posizioni, ovvero, vai ad inquinare altrove, non da me. E questo vale anche per l’Ilva ; 3) La Belleli ha talmente inquinato che, aziende che chiedevano l’uso dell’area ex Belleli, erano obbligate a bonificare i terreni. Ecco quali sono le cose che non si dovrebbero mai dire per il gusto di dirle.
Continuiamo la lotta, ricercando posizioni le più avanzate possibili. La nostra preoccupazione deve essere quella di battere Riva, non la produzione, come pretenderebbero alcune posizioni ambientaliste. E’ di queste cose che dobbiamo discutere, non dei provvedimenti del Gip, che possono essere giusti o sbagliati ma di una cosa siamo certi: non risolvono il problema dell’Ilva.
* ex operaio Ilva

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