martedì 28 maggio 2013

Verifiche prevedibili


di Antonio Moscato (da Movimento Operaio)

Il primo dato da interpretare e non dimenticare nell’analisi dei risultati di questa scadenza elettorale, è che l’astensione è cresciuta del 15 o 20 % rispetto alle elezioni politiche di febbraio. Ha falcidiato sia i maggiori partiti PD e PDL ma anche e soprattutto il “non partito” M5S.
Impressionanti le acrobazie dei commentatori nel sostenere che i partiti al governo non hanno perso, e ad esempio a Roma avrebbero un bel blocco di voti vicino al 70%, più o meno quanti ne avevano a suo tempo il PCI e la DC insieme, ma sorvolano ovviamente sui dati assoluti… Certo il vincitore del ballottaggio (il cui esito è tutt’altro che sicuro) potrà governare la città, ma dovrà fare i conti non meno del perdente con una crisi profonda di relazione con quello che era stato il suo elettorato.

Come già avevamo osservato a febbraio, i “successi” di PD e PDL erano definibili tali solo considerando le percentuali e non i milioni di voti perduti rispetto alle elezioni precedenti. E ora, appena saranno disponibili i dati ufficiali e non solo le percentuali, bisogna fare un nuovo confronto di dati assoluti, per vedere quanti voti aveva avuto il PD a febbraio e quanti ne ha avuti oggi, per capire cosa lo attende. E lo stesso va fatto per il PDL e i suoi tanti alleati. Lo faremo con calma, nei prossimi giorni.
Inoltre il relativo successo romano di Ignazio Marino è sicuramente frutto della sua storia personale di impegno laico per la salute, e di alcune prese di posizione coraggiose contro la linea ufficiale del PD, per cui sembra assimilabile più alle vittorie di candidati atipici come Pisapia a Milano o De Magistris a Napoli che alla penosa routine di un PD in inarrestabile declino. Tanto più che ha fatto campagna per lui Vendola, in nome di un ritrovato centrosinistra.
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Diverso il ragionamento che va fatto per il M5S. Tutto il ceto politico, con poche eccezioni, ha fatto danze di gioia per il suo arretramento. Intanto bisognerebbe ricordare che anche se ha preso “solo” il 12 o 15 % perdendo molti dei voti recenti, ha comunque avuto un risultato finale invidiabile per un movimento nuovo. Il PRC ad esempio in tutta la sua storia non si è mai sognato di avere percentuali simili…
Ma l’insuccesso c’è stato e dovranno rifletterci. Certo, un risultato inferiore a quello delle politiche c’era già stato nelle regionali friulane, e già nel voto per la regione Lazio, nello stesso Election Day. In elezioni amministrative contano molto le candidature di persone conosciute, e il M5S non le aveva.
Inoltre è comprensibile che un successo molto rapido e imprevisto si logori presto, specie se il movimento non ha un radicamento consolidato, e per giunta si è presentato con conflitti aspri che hanno portato in certi casi alla sostituzione del candidato sindaco ritenuto più adatto localmente (come è avvenuto ad Ancona e precedentemente nella regione Friuli Venezia Giulia). A Iglesias i conflitti interni hanno spinto Grillo a non concedere a nessuno dei due gruppi l’uso del logo.
In molte situazioni i “grillini” si sono presentati con discussioni poco comprensibili, e comunque poco attraenti, come quella nei gruppi parlamentari sugli “scontrini” e il rendiconto delle spese di soggiorno a Roma. Ma ha pesato ancor più, in generale, la qualità dei candidati sindaci, per non parlare di altri candidati, del tutto sconosciuti e non scaturiti da una storia di lotte e di opposizione sistematica. Ovviamente il movimento era stato scremato dai migliori (o presunti tali) che erano stati eletti in parlamento. Il “presunti” si riferisce al fatto che alcuni di loro erano stati scelti in base solo a un video di autopresentazione, a volte con poche decine di voti in rete. Inutile dire che ognuna delle quasi inevitabili gaffes dei portavoce, che dovevano districarsi nei consolidati meccanismi bizantini del “Palazzo”, sono stati sottolineati con ferocia dai grandi mezzi di “informazione”.
Ma era stata soprattutto la presenza nelle aule e nei corridoi delle due camere degli inesperti grillini a dare l’idea che il loro ruolo fosse scarsamente utile. Ad esempio si erano irrigiditi considerando una provocazione contro di loro la mancata elezione delle presidenze delle commissioni nella fase in cui non c’era una maggioranza e quindi era impossibile assegnarle: avevano fatto una ingenua occupazione di un’aula, nel corso della quale avevano letto sia la costituzione, sia il regolamento parlamentare. Senza offesa, sono due testi per diverse ragioni ugualmente poco utili per mobilitare le masse. Uno arido e poco comprensibile come ogni regolamento, l’altra screditata da anni in cui è stata citata da ipocriti politicanti, ma applicata solo per pochissimi articoli, come il 12 che afferma che la bandiera italiana è bianca rossa e verde…
Già qualche settimana fa avevo osservato che
“un po’ meno bene fanno i grillini a impegolarsi nei giochi parlamentari, combattendo per ottenere (non certo per l’indennità, che devolveranno) un po’ di posti nelle presidenze delle commissioni parlamentari. Quanto dovranno aspettare per scoprire che i giochi si fanno altrove? Non basta vedere che a segretario della Commissione esteri è stato designato nientemeno che il socio semianalfabeta di Scilipoti, Antonio Razzi? Come si fa a pensare che queste commissioni siano una cosa seria? Il Pd, e prima il PDS e il vecchio (e non glorioso) PCI, nonché gli epigoni del PDUP, del PRC, di SEL, hanno fatto danni infiniti seminando tra i loro iscritti, militanti e simpatizzanti molte illusioni sull’utilizzazione delle istituzioni rappresentative.”
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L’unica battaglia efficace era stata quella che aveva per qualche tempo messo in difficoltà il PD, indicando vari candidati alla presidenza scelti nell’area larga di quel partito, tra cui alcuni indecenti (come la pessima Bonino, ultraliberista e portavoce della Nato), altri come la Gabanelli, Gino Strada e soprattutto Stefano Rodotà non solo decenti, ma davvero degni di concorrere alla massima carica dello Stato. Tuttavia i primi due non erano interessati a farlo, mentre Rodotà, che era sinceramente lusingato dalla proposta, rivelava però presto i suoi limiti politici, e la sua internità alla strategia del PD, da cui si differenziava solo per l’onestà, ma non per le concezioni di fondo. Quando poi la Gabanelli aveva posto domande del tutto legittime sui criteri di gestione dei ricavati dalla pubblicità sul blog, non solo è rimasta senza risposta, ma è stata liquidata con una valanga di insulti, mentre lo stesso Rodotà ha dovuto prendere le distanze da varie intemperanze verbali di Grillo.
Comunque la scelta di quei candidati collocava a sinistra il movimento. Probabilmente per questo Grillo ha tentato poi una “correzione tattica” con la ripresa di tematiche di destra come il rifiuto dello jus soli o l’attacco al pubblico impiego, che ha però allontanato sicuramente a sua volta parecchi consensi di elettori provenienti dalla sinistra. Sul pubblico impiego c’è stata anche una figuraccia del rappresentante del movimento nella commissione bilancio del senato, Girgis Giorgio Sorial, che non ha avuto il coraggio di votare contro un provvedimento infame che proroga ulteriormente il blocco degli adeguamenti al costo della vita, già in atto dal 2010. Tutti i partiti hanno appoggiato il provvedimento, che comporta una perdita di circa 200 euro medie mensili, tranne l’indipendente Giulio Marcon, eletto nelle liste di SEL. Il M5S si è limitato a chiedere se era possibile rinviare l’esame del provvedimento per approfondirne il contenuto. Che era in realtà vergognoso e chiarissimo anche a un bambino. Alla fine Sorial si è solo astenuto!
Probabilmente sull’insuccesso del M5S ha pesato anche il mantenimento, con parziali attenuazioni, del divieto di andare in televisione. È comprensibile che (al di là della scelta personale di Grillo, che comunque gli permette ugualmente di arrivare sugli schermi), la preoccupazione sottintesa è che in TV emergerebbe spesso clamorosamente l’impreparazione e a volte vera e propria ignoranza di molti eletti. Ma se non possono comparire in televisione (per non fare figuracce), come fanno a farsi conoscere se sono del tutto sconosciuti?
È una contraddizione che discende direttamente dal bluff sulla rete come strumento di democrazia. Prima di tutto, si sorvola su quanti la sanno usare e quanti sono ammessi a usarla: il numero dei votanti per la scelta dei candidati alle politiche e per le presidenziali era assolutamente esiguo rispetto ai milioni di votanti. Un saggio di Fabio Chiusi su “Limes” (“La rete di Grillo non esiste”) ha osservato che alcuni successi si sono avuti in regioni dove la rete è meno diffusa, e che comunque alla famose “parlamentarie” avevano partecipato poco più di 32.000 attivisti, niente rispetto ai partecipanti alle primarie del centro sinistra.
E quanto alle attività “sul territorio” ci sono a macchia di leopardo, per esempio in Emilia Romagna, mentre altrove i gruppi locali fanno a volte solo una generica propaganda. Il caso di Parma era frutto di un lungo lavoro di inchiesta, e di conquista di “tecnici” emersi in lotte precedenti. Il suo relativo insuccesso dopo la vittoria di Pizzarotti è legato alla difficoltà di condurre in una città sola una lotta potenzialmente rivoluzionaria come il rifiuto degli impegni presi dall’amministrazione precedente per opere pubbliche inutili, costose e dannose. Per questo il famoso inceneritore alla fine si è fatto, e il movimento lo ha pagato anche altrove.
Molte delle iniziative del M5S a livello locale di cui ho avuto notizia in giro per l’Italia sono assai simili a quelle tipiche del PD (e dei suoi antenati). Tipica la distribuzione della costituzione in piazza la mattina, invece che la mobilitazione in piazza il pomeriggio insieme ai collettivi antifascisti locali contro una spedizione di Casa Pound a Fabriano. L’attività prevalente è la raccolta di firme su varie questioni, in genere lontanissime dai problemi brucianti di una disoccupazione in aumento vertiginoso e del tracollo delle condizioni di vita per cassintegrati, precari e pensionati. Il movimento ha raccolto una parte non indifferente degli iscritti alla FIOM, ma non ha fatto nessuna proposta per pesare nel suo dibattito.
Insomma, è auspicabile che lo scossone subìto sia salutare, e al di là delle intemperanze in rete di qualche esagitato, porti a una riflessione sui limiti profondi riscontrati nei primi mesi di apparizione nazionale del movimento. Non, come sollecita il PD e gran parte dei commentatori ad esso legati, e qualche “dissidente” attratto dal PD, ad una autocritica per il mancato appoggio a un governo Bersani.
Il tempo per farla c’è: il successo del centrosinistra a Roma e in gran parte d’Italia non è solido, e si regge soprattutto sul fatto che il centrosinistra ha perso un po meno di altri, perfino nella Siena degli scandali, che ha rivelato una sorprendente capacità di assuefazione alla corruzione. La denuncia di Grillo di fronte all’assemblea dei soci era stata moderata nella forma, inconsistente nella sostanza, e centrata su un uso politico dello scandalo in chiave anti PD (che non era molto caratterizzante, c’era già il PDL a farla) anziché sulla denuncia dello sfacelo del pacitalismo non solo a Siena, e non solo in Italia. Il risultato è stata la riduzione del M5S a dimensioni minime.
A Roma hanno pesato molti fattori, compresa l’immagine “nuova” di Ignazio Marino, che ha fatto per giunta molte dichiarazioni di condividere le idee del M5S. Ma a raccogliere i voti di chi voleva cambiamenti c’era anche la lista di un “Arfio” Marchini, che ha giocato sullo storico legame familiare con il PCI, mentre era legato a Caltagirone, Casini e Monti, ed era in trattativa con Alemanno. Eppure è apparso anche lui “nuovo”. La prova evidente che i concetti di nuovo e vecchio non servono a niente…
Il M5S aveva raccolto nel voto di febbraio una parte degli scontenti, ma la sua contestazione ai “vecchi” partiti e in particolare al PD si reggeva più sulla derisione e sulla questione dei compensi elettorali, o sugli inciuci passati e presenti, che non sulla denuncia per l’abbandono totale del vecchio patrimonio di sinistra… Su questo invece bisogna incalzare il PD, la cui crisi continua al di là dei successi apparenti della conquista di qualche sindaco, in un paese sfiduciato e disperato. Ne riparleremo con maggiore distacco nei prossimi giorni, anche passando in rassegna la mole dei commenti e interpretazioni apparse oggi sui giornali.
(a.m.28/5/13)

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